Persistenza, Coscienza, Hatha Hoga indietro

Nel suono- Nel suono si scioglie il colore delle intenzioni. Le mani accorrono, avvolgono in pulviscolo di comete i nostri sorrisi, tanti cuori vengono allineati  lungo i crateri,  il ghiaccio, emozionato, le anima, io mi inginocchio e fletto, riconosco il vento mentre mi strappa via il dolore.
Il sole incombe sui nostri volti, azioni si prodigano, reti innescano flotti di ripetizioni, membra scivolano furtive, il fuoco resta immoto, scruta l’occhio, attende. Poi  tutto cessa di apparire, altro scorre, ingloba , sono avvinghiato ad una zolla d’aria, fame del tuo manto, terra del mio sangue. Le correnti recuperano la propria lunghezza, nella loro profondità si accumulano dinamiche creature, momenti di emozioni quasi impercettibili  come la stessa vita. Le mie qualità si sciolgono, resta una brezza leggera, una fortunata espansione.

 

Saccheggiatori- Essere naturale vuol dire vivere la natura, ovvero non vivere se stessi. Il se steso umano vive saccheggiando la natura, il saccheggio, la prepotenza, la supponenza, sono  la  natura umana. In effetti la natura prevede anche il proprio saccheggio, una sorta di concessione tautologica al demiurgo che tenta di cancellare se stesso, invano, poiché cancellarsi è il suo atto creativo. Riecheggiano strani messaggi “ qualsiasi cosa tu faccia sarei sempre e solo una parte della natura”. Quindi perché mai darsi tanta pena e non lanciarsi al saccheggio della natura stessa? La differenza sta proprio lì, se lasciar agire la propria natura saccheggiatrice, il che è un atto naturale, o lasciar agire la natura incuranti delle pretese della propria natura. Nessun  umano può affrontare  una simile scelta. Per tutti le cose vanno come col cibo: uno è  attratto dalla intensità in cui riconosce una fonte di vita. Accettarsi di farsi mangiare dalla natura poiché in tale accettazione, negli atti o non atti che essa implichi, siano contenuti infiniti tesori di intensità, è un qualcosa che ha a che fare con un forte interesse verso la percezione, verso promettenti correnti di emozioni dirette molto lontano dal cuore saccheggiatore tipicamente umano. Più una scelta è impegnativa, tanto meno essa sarà cieca e istintiva, una illuminante percezione si sostituisce alla scelta, lo scegliere viene abbandonato come fosse un attrezzo vecchio da lasciar usare ai saccheggiatori. Alla fine ci si imbatte nel cuore bisbigliante, con discrezione, che anche il prepotente saccheggiatore è una natura a cui bisogna lasciar fare il proprio corso La Natura galleggia nel non spazio ove c’è posto per tutti. Non siamo che atti, non frammenti, ma atti precisi, non produttori di materia, ogni atto è un destino. Se il destino viene compreso la libertà sopraggiunge. Gli atti cominciano a precorrere i tempi, i gesti sembrano smuovere interi cosmi, immersi nel piccolo si scopre l’immensità, ma è solo un attimo, non si tratta di gioco.

Pioggia- Improvvisa la pioggia riprende a scorrere, lungo il fiato del cuore solca il ritmo, sonoro, slancio intenso, genera un presente polimorfo, intessuto  di liquida, aggraziata freschezza. Prende a fluire  nelle rotule, ammorbidisce  la pietra, flette  l’aria nella fonte del cuore, affonda  il tuffo nelle mani prive di tensione.
Il cuore scivola nelle  pozze colme di rugiada, il vapore dei lampi gocciola fra le vertebre, osservare  il buio  mentre si illumina senza assumere alcun corpo, veloce nel seguire il suono, questo suono scioglie le correnti,  la loro pioggia ricade  nelle cavità assetate, si schiudono, fluttuano alberi con rapide foglie, quiete. Il mare scorre nelle carni, nelle ossa, ovunque io stringa. Chiome vegetali, ombrose tiepide, assolate d’amore, sono carne cangiante, il sangue acqua delicata, poi tortuose serpentine di pioggia, liquidi tracciati, nel corpo, ovunque esso sia, altro si manifesta. A più riprese piove nel respiro, intonano abbracci erbosi-

 

Percezione intensa- Per il se stesso, l’ego, è molto provocatoria l’esistenza, chiaramente percepita, di una vita estremamente intensa ma del tutto priva di conoscenza. La vita in cui si entra al di fuori della realtà ordinaria, non fornisce notizie utili all’ego. In tale situazione l’ego viene pressochè  estromesso da qualsiasi responsabilità, decisione e ruolo circa la vita in corso, pur, l’ego stesso, continuando ad esistere. In questa vita intensissima c’è poco da fare per l’ego, a parte starsene tranquillo da una parte. La vita della percezione intensa non appartiene a nessuno, non possiede un centro, può essere vissuta solo direttamente, senza l’ausilio della individualità. Lentamente, o non lentamente, l’intensità  rivela se stessa, ovvero vive. In una sorta di progressiva manifestazione si viene anche a chiarire il rapporto fra l’ego  e la vita estremamente intensa, rapporto che esula dalla comprensione dell’ego. L’ego percepisce solo quello che può influenzare in qualche modo, in particolare l’ego comprende esclusivamente il suo stesso modo di influenzare, non la natura stessa di ciò che esso influenza. L’intensità estrema cui ci si riferisce non può essere influenzata, se si cerca di influenzarla essa scompare del tutto.

 

Riunione- Non posso immaginare la tua presenza lungo le montagne periferiche, sempre tremanti, emettenti  soli condensati di lampi, notti maculate intorno al lago, pioggia innevata pronta a tutto.
Le notti non viste, si scioglie ogni movimento, corpo dopo corpo, la  nudità non compete lo sguardo. Il cielo si condensa nelle pieghe , rendendolo un corpo  pieno di movimento, quindi scorre e nutre ogni torrente. Raccolgo nebbia palpitante, premo il petto , lo tendo in una fune intessuta d’aria. Una fioritura intrattiene la polvere a mezz’aria, si scompongono le decisioni, continua a fiorire stabile in modo imprevisto, ore di attesa inesistenti. Si distende dissolve, solamente strani alberi accompagnano, ruotano  nelle strade chiomate, aria ventosa coglie ogni cenno, funi d’aria si accompagnano alla fioritura, pressioni viventi  compongono le mani, le portano via, riorientano nel canto. Non ci si dovrebbe fermare, rocce costituite di stratificazioni di cieli, magmi di fiori evanescenti, nebbie ghiacciate di gioia originano aria vento, oceani , cavità nascenti.

Il tuo amore mi accompagnerà  sempre, fermo , legato lontano dal tempo, quasi ti riconosco, ripeti i nomi, scindi la valle precipitosa fino a calpestare la ghiaia, umida, salata, quante volte ancora. Prendimi, dopo ogni torsione, durante  il rollio delle costole, fluire, strappare, posare, liberare il peso, non indietreggiare, osservare più intensamente del chiedere, frastornati insieme in un amore tenace. L’intenzione si scioglie, condensarsi nel gelo di una mattina non attesa, luci inaspettate, non una, miliardi di miliardi di luci più rapide e intense della luce stessa. Lungo la corteccia del cielo si piegano le ombre, luminosità irregolari si piegano dietro orizzonti decomposti da modi emergenti, tumultuosi, precipitosi, nient’altro che luci scomposte da luci, lampi di intensità, donare nella nebbia densa, fiorita, riuniti nei    cuori-

 

Normalità-Le pareti si aprono.  Scaglie di salsedine variopinta tracciano solchi affollati di vita. Griglie di orizzonti sopraggiungono innumerevoli ed immensi, precipitano il loro  entusiasmo nelle scintille degli oceani risalenti, luoghi improvvisi vengono illuminati, organismi intensi diventano fiori evanescenti. L’evanescenza scorre, nell’apparenza si frastaglia in indefinite  proposte vitali, ad ognuna trova un turbine come sede, arriva un lampo ad ingoiare tutto, lascia nel proprio amore un nuovo segno, una fonte  preceduta dalla propria generazione. Dunque ci si riassorbe in pace, scorrendo nell’ombra, quasi di nascosto alla vita quotidiana. Quel che esula dalle proprie decisioni entra nel flusso apparente, riassorbendosi, scomponendosi, lasciandosi dietro scie d’entusiasmo. Ciò che è  mantenuto in vita dalla propria od altrui volontà, torreggia immoto, forse rallentato, in attesa di mutamenti. Un certo tipo di agire, spesso automatico, crea l’illusoria credenza dell’ esistenza di una realtà, percezione, nascosta, staccata, oscurata. Agire è molto frequente nella propria quotidianità, il mondo creato dall’umano, mondo di  cose e simboli, è un mondo basato sull’agire, un agire che continua ad essere rinnovato da volontà automatiche. Dove non compare l’agire, il riassorbimento, nella sua incredibile complessità, appare. Appaiono intensissime manifestazioni di vita disgregate e disgreganti rispetto alla vita condizionata dall’agire. In un certo senso le energie diventano salutari solo quando portano il sistema creato dall’agire alla disgregazione, ovvero lo conducono in ambienti ove l’Esistenza  compone il senso , l’intelligenza, la sensibilità, non il proprio volere. Si diventa Esistenza perdendo i propri voleri. Ciò che appare nella normalità  è profondamente condizionato nella propria fisicità dal volere  profondo che lo percepisce e agisce. Cessato quel volere, ciò che si è, comincia a scorrere come animato da una propria e indipendente vita. Il volere profondo non si oppone a nulla se viene equilibrato o  arrestato. Torrenti ricolmi di entusiastica vita trascinano con sé gli orizzonti che vengono mischiati e rifluiti nello scintillio  di impulsi irripetibili. Riequilibrare la volontà, l’ego, l’involucro, favorisce  il manifestarsi della percezione di intensità talmente profonde e autocreatrici che rispetto alle intensità  vissute nella normalità possono anche essere dette destabilizzanti, pericolose, folli.

 

Presenza

Le scintille organiche cadono ovunque, fioccano, avvolgono le tempeste col loro amore. Nuvole  di densità variabile pulsano nei corpi, li sparpagliano  e flettono nelle correnti che scorrono in se stesse. I canali si formano in lenti passaggi fra i quali gli orizzonti saltano e risuonano, disturbano, edificano lagune assorte nell’alba. I canali dimenano strade argute, frugano e trovano menti dislocate , formano nature, cedono il passo  a ciò che scorre, nessuno vuole il diritto del creatore.  Si placa sulla riva l’amore di una giornata, la riva ha assorbito i vortici degli universi, un’ emozione freme, nuove tensioni appaiono decise, quella decisione non è complicità, non è fantasia. Le mani  si avvolgono in strani licheni, flotti di correnti si scambiano le intensità, i colori, corone di  suoni ruotano, trasportano, risalgono, si allungano in vallate sterminate dove risuona un’ assenza-presenza sconcertante. Nei miei occhi il tuo amore.

Tecnica impossibile

Se mai  si potesse affermare l’esistenza di una tecnica di sviluppo della percezione profonda, e non lo si può né lo si deve affermare, si potrebbe dire che nella Percezione l’equilibrio è una sorta di ambiente amorevole a cui si è percettivamente capaci di accedere; amorevolezza  implicherebbe che nessuna manifestazione, energia, emozione, reclamerebbe , in quell’ambiente, un ruolo speciale , ogni entità-evento saprebbe, vorrebbe,  limitarsi ad esistere esclusivamente per quel che è poiché solamente attraverso quel limite potrebbe accedere  ad una esistenza davvero intensa e sensata, in cui i propri limiti e la propria esistenza dotata di singolarità sarebbero esistenti e non attive allo stesso tempo.

 

Scomposizione

Le cascate-esplosioni torrenziali di luci ovunque risalenti e discendenti si compattano a formare le entità  e  le entità, a loro volta, si scompattano, disgregano in modo del tutto naturale, in quelle torrenziali esplosioni di altre vite, a loro volta le altre vite cessano di manifestarsi dissolvendosi in intensità incredibili, le intensità incredibili si condensano nelle entità dotate di identità e in qualsiasi altra manifestazione, le quali, a loro volta si dissolvono in intensità così  eccessive da risultare invisibili nella quotidianità. Le immagini, i colori, i suoni in cui identifichiamo l’esistenza,  mutano  negli orizzonti brulicanti di venti implosi, la mutazione viene però preceduta dalla manifestazione stessa di quegli orizzonti per cui, in realtà, non si ha mutazione se non nella narrazione. Nella realtà le entità  esistenti, gli orizzonti, il dissolversi in indistinta intensità sono coincidenti e non identiche. Non è interessante essere particolarmente poetici e versati nel raccontare  la percezione dell’apparente passaggio dalla percezione normale a quella della  dissolvenza graduale delle forme identitarie e l’apparizione della dissolvenza-riassorbimento, è urgente dire che questi tipi di percezione, di vite, di esistenze, sono effettivamente vivibili e molto più sensatamente reali della vita quotidiana. L’urgenza è dovuta al fatto che la vita quotidiana è densamente affollata da apparizioni che conservano in modo eccessivo le forme della quotidianità, rendendole persistenti lungo tutto l’arco della vita. In realtà la vita quotidiana dovrebbe essere ugualmente affollata da percezioni di dislocamento della stessa in altre intensità, forme, suoni, sempre più scevre da caratterizzazioni individualistiche. Si cessa di associare al mutamento di una intensità la credenza del sorgere di una nuova identità. I mutamenti avvengono senza che agisca alcuna soggetto, quindi quel che muta resta indefinito e al tempo stesso estremamente definito nell’intensità. I mutamenti non vengono percepiti di per se stessi e neanche in un insieme di mutamenti generali. I mutamenti sono l’apparire contemporaneo del riassorbimento-dissolvenza e della soggettività. In pratica la presenza della scomposizione palese della realtà quotidiana sta a indicare il sopraggiungere della cessazione di qualsiasi desiderio di aspirare a una esistenza reale., scomporsi significa andare, o già esservi, oltre il possibile, ben oltre qualsiasi realtà o non realtà. Non accedere alla percezione della scomposizione durante  il corso della vita quotidiana è un fenomeno naturale, continuamente rafforzato dalle indubbie umane dipendenze dai meccanismi del cibo, del respiro, dall’esistenza del ciclo nascita-vita-morte. In ogni caso tutto prima o poi si scompone, arricchendosi di comprensione, emozione, intelligenza, ma impoverendosi di individualità, di personalità.

Volo

I lampi sbocciano dal petto, lo avvolgono, lo intessono  d’ intensità crescenti. Una fonte vegetale circonda la corrente lampeggiante, io, inginocchiato, vedo serpeggiare  strisce vitali dentro il mio corpo e da qui dirigersi all’esterno, lentamente mutare. Ora appare. Inconsistente, vola insieme, frana frastagliato sopra zolle erbose, bottoni di rugiada luccicante si dirigono in ordini sovrapposti, chiamano conchiglie di vapori, si riassorbono nelle correnti successive, vive ed inesistenti come non mai. La figura accovacciata si nutre di luce, osserva la pelle volare, gli occhi ritornano nel branco di bisonti d’acqua, lente carezze mi appoggiano negli oceani desertici. La fonte è intessuta delle mie costole, sorseggio i vapori delle gemme, ci baciamo. Rientro nel petto, non più mio, ben cotto.

Cieli Turchesi

Luci ombratili solcano velocissime la membrana pulsante. Onde leggere plasmano per un attimo le praterie. A perdita d’occhi s’estende il volo, energia gelatinosa avvolge il sentimento.
Nelle ginocchia cola il primo sorriso. Le spalle si avvolgono di vapori sfumati, nel passaggio sciolgono, brusii  sopraggiungono, contaminano.  Altre menti riposano nelle ossa, sparpagliano note variopinte negli arcobaleni intestinali, fluttuano, si dirigono nel tracciare  montagne marine che aspirano  stelle. La traettoria dei gesti sembra precisa, riposo nel palmo della mano, sorrisi in qualche luogo, mangiato dalle luci, mutato dalle vegetazioni,  terra per un attimo. Le pressioni si avvicinano, sono io che mi allontano, restano insieme, collaborano, nessuno è presente, volatili inanimati precedono l’agire,  trecce paludose sono animate dal passaggio dell’erba. Vestigia d’insetti concretizzano squarci di stellati, lo sguardo rapido d’un cane indica la frattura dalla quale cola la fioriture di molteplici cuori, rilassati, in pace, impossibili nel calore. Un getto d’acqua illumina  il cervello, lo lima, lo rende agile, infine lo adagia nella corrente, ora può solcare, membrana dopo membrana, i nodi, il sapore delle pelli, l’attrito lo tien sveglio, lampi malfermi gemono per la sorpresa. Cuori multipli  pompano l’aria, tracciano scie di cartilagine squamata, la respiro, pronto per altri slanci. Le mani osservano immobili, i cani trotterellano, avvinghiati a creature elettroniche, mordono l’aria, innaffiano del loro amore l’atmosfera sanguigna. Le spinte si arruffano nei vortici. Nitide nel congiungersi attendono il risveglio, dimostrano presenze insospettate, nel ghiaccio solare attendono i propri tuoni. Nel canto delle mani si annida  la presa. Si schiude il passato pressato da un’insolita decisione, luci turchesi decidono, abbracciano.

Aggregatori

Gli aggregatori scorrono incessantemente ovunque. Non è possibile non  affrontare l’interazione che gli aggregatori  inducono poichè gli aggregatori sono la stessa funzione creatrice e distruttrice di ogni individualità. Non esiste, per essere corretti, alcuna creazione e distruzione, esistono manifestazioni che si svolgono per  nostra volontà, nonostante la nostra volontà, indipendentemente dalla nostra volontà. In ogni caso l’azione degli aggregatori apporta mutamenti, nuove manifestazioni. Gli  aggregatori non sono entità particolari ma l’individualità stessa è un  aggregatrice, qualsiasi entità è un’aggregatrice. Essere aggregatore è una funzione in quanto si  tratta di un’attività che viene svolta da un’entità, precisamente per aggregatore si intende una entità che induce un’altra entità  a reagire mutando il proprio modo di manifestarsi,  ovvero cambiando la propria condizione emozionale-fisiologica. Gli aggregatori sono tutti gli esseri che mangiano, poiché mangiando alterano profondamente la manifestazione dell’essere di cui si nutrono, aggregatori sono anche i suoni -che sono entità dotate di vita propria-.  E pure tutte le condizioni ambientali visibili e invisibili che inducono altri esseri a mutare significativamente la propria attività in un dato momento. Le identità svolgono una potente funzione di aggregazione verso se stesse mediante i propri pensieri, immaginazioni, desideri, emozioni, bisogni. I pensieri, le immaginazioni, le emozioni, bisogni e desideri sono entità separate dalla  identità  anche se l’ego-identità, fintanto che si lascia assorbire esclusivamente dall’agire identitario, non può riconoscerne l’indipendenza. Si  tratta di entità particolari che si attivano esclusivamente se stimolate dall’identità. In mancanza di tale attivazione esse non agiscono. Ciò non vuol dire che riconoscendo il modo di agire della funzione identitaria ci si può liberare dai bisogni, dai pensieri e dalle emozioni. Ci si libera esclusivamente dai bisogni, emozioni, ecc. che conducono a rafforzare, alimentare la funzione identitaria. Le altre funzioni relative ai bisogni, emozioni, continuano ad avvenire. E’ molto interessante poter vivere stati emozionali non orientati in senso identitario, ma poterlo fare non è una scelta, è un processo naturale. Come esseri umani siamo costantemente avviluppati  da entità il cui modo di interagire con noi stessi conduce a reazioni identitarie inevitabili. Se si riesce a cogliere prontamente lo svilupparsi dell’identità è possibile non esserne dominati –bisogna essere ben presenti alla vastità del processo percettivo che può essere identitario e, al tempo stesso, dissolvente-riassorbente.  Gli aggregatori possono indurre manifestazioni non identitarie, e questo modo di agire conduce naturalmente e inevitabilmente al riassorbimento. Gli aggregatori di identità in qualche modo si nutrono tramite l’interazione con gli ego-identità con cui interagiscono e che creano. Questo nutrimento interagisce con loro in modo diverso a seconda del tipo di interazione effettivamente indotta. Di quale nutrimento abbia effettivamente bisogno un aggregatore identitario è difficile dirlo. Un aggregatore identitario è una condizione dell’entità-vivente molto interattiva e non isolabile. I nostri stessi ego- identità sono densamente costituiti da una incredibile complessità di aggregatori identitari che interagiscono creando la nostra identità e  quella dell’ambiente circostante.  Quando si cominciano a percepire singolarmente gli aggregatori identitari spesso è  un nostro aggregatore che si sta sostituendo all’ego, lo stesso aggregatore può svolgere una funzione aggregante su milioni di esseri diversi. Percepire un aggregatore identitario conduce a una visione, intelligenza, della percezione in cui l’identità viene rapidamente riconosciuta per non essere altro che un aggregato di aggregati che dispongono di forme di esistenza assolutamente anche non identitarie. Riconoscere la profondità estrema dell’agire identitario umano è un fatto estremamente sofisticato che non può essere semplificato. La complessità dell’essere identitario umano è, a ragione, al di là della intelligenza dell’essere umano stesso. Infatti per sottrarsi all’assoluto condizionamento dell’agire identitario e comprenderne le infinite sottigliezze bisogna essere diventati non umani, ovvero bisogna già aver avuto accesso a quella strana cosa che è la fisiologia indifferente all’agire identitario.

Non identità

Gli aggregatori non interessati alla creazione dell’ ego-identità, producono per il semplice fatto di esistere, la scomposizioni di forme identitarie in parti indipendenti e correlate che agiscono senza produrre alcun centro. Ogni piccola minuta manifestazione scorre senza centrare su se stessa alcuna attrazione, la presenza che esse manifestano rassomiglia alla visione di un paesaggio: la visione è  globale, nessun elemento singolo è isolabile a meno di non decadere dalla visione del al paesaggio.  Si tratta di manifestazioni che non vivono in alcun paesaggio, vivono , si manifestano tramite intensità che assumono anche l’aspetto di immagini e suoni ma possono anche essere intensità non dotate di alcuna forma.  Gli aggregatori non interessati alla identità possono essere loro stessi  entità non identitarie, non dotate di ego, come possono essere identità dotate di ego, di un ego molto particolare, un ego a forte intensità relazionale capace di utilizzare intensi campi emozionali generanti  manifestazioni  in cui l’ego non solo non appare, ma ne viene percepita la dissolvenza. La percezione della dissolvenza dell’ego è un momento fondamentale nel riequilibrio dell’ego e dell’intero involucro. Molte entità hanno bisogno di interagire con altre entità per accedere loro stesse al dissolvimento della propria identità e al riequilibrio del proprio ego-involucro. D’altra parte nessuna entità  esiste in una condizione  reale di autonomia, la reale condizione delle entità è lo stato indefinibile del riassorbimento. Dire che le entità siano tutte connesse non è un errore ma è piuttosto banale. Le entità non solo sono connesse  ma non esistono in modo indipendente poiché si manifestano al di fuori e al di là di qualsiasi successione temporale. Non esiste un insieme in cui inserire le entità, per lo meno non esiste abbastanza a lungo da poter dire che  esista realmente. Esiste realmente solo se inteso come comodità narrativo. Perdere  e percepire la perdita dell’agire identitario implica l’accesso a manifestazioni più intense e veloci del solito, più appaganti in qualche modo, ma solo se sono libere di scorrere e non diventare memoria. Inoltre, accedendo al riequilibrio dell’ego, si comincia a percepire fin dove si spinge la interconnessione delle entità nella creazione delle identità. Le identità che si decompongono si rivelano essere  di solito delle multi-identità –multi-stratificate e ogni strato identitario può svolgere allo stesso tempo la funzione di entità priva di ego-identità. Da questa breve narrazione scaturisce una visione dell’ego-identità così complessa, articolata e mutante da sfuggire a una semplice rappresentazione fisiologica riferibile ad alcuni chakra. In realtà ogni identità può fungere da chakra, centri di attività, per altre identità.  Non esistono vere e proprie susumme poiché la fisiologia del riassorbimento prevede solo una indefinibile materia emozionale vivente totopotente che svolge  tutti i ruoli, senza differenziarsi, anche se così può sembrare.

Equilibrio non umano

L’equilibrio, ovvero la non universalizzazione di alcuna attività, è un agire-non-agire che va ben oltre il proprio se stesso, tramite l’equilibrio si ha a che fare con il percepibile non limitato da alcuna entità.  Le entità in ogni caso ci sono ed agiscono riorientando  qualsiasi percezione, ricostituendo i se stessi delle entità in modo del tutto automatico e naturale, universalizzano.  L’agire-non-agire dell’equilibrio in qualche modo integra la continua assunzione di nuovi limiti-automatici senza creare nuove opposizioni, ciò che, invece, le identità-ego-se-stessi normalmente fanno.  Le opposizioni si concretizzano in  azioni dell’ego-identità, o meglio in reazioni. L’equilibrio non ha a che fare con il se stesso né con l’involucro, l’equilibrio ci proietta immediatamente in una dimensione di non identità, di percezione attiva dell’agire identitario ma di non reazione con l’agire identitario stesso. Ciò che è impossibile definire è l’estensione dell’agire identitario poiché tale agire si propaga automaticamente creando infinite manifestazioni che erroneamente vengono scisse fra proprie,  altrui, fantasiose. Questa scissione è già una azione-reazione dell’ego che scindendo l’agire identitario  in realtà lo riduce e non ne vede l’effettiva estensione, quindi, infine, non riconoscendolo, non può affrontarlo correttamente. La reazione dell’ego costruisce una nuova azione identitaria intrinsecamente limitata nella sua percezione. L’agire identitario, inteso come tendenza macroscopica  presente in natura, non ha una identità legata ad alcun ego, in effetti l’ego di quell’agire è la reazione che in natura si ha a quell’agire identitario stesso sotto forma di sterminata generazione di forme d’esistenza identitarie. Tramite l’agire identitario si animano i fenomeni che vengono chiamati entità, un’entità che vive quell’agire senza generare nuove entità è una entità equilibrata, ma questo lo sa solo lei.

Le entità identitarie si espandono , come dire, generano,  reagendo a se stesse. Quando l’agire identitario ha potentemente luogo in ciò che viene percepito come il proprio se stesso, involucro, bisogna lasciarlo agire, lasciare che l’azione identitaria agisca e reagisca a se stessa fin a che non cessi di farlo. E’ sorprendente vedere fin dove l’azione –reazione identitaria può estendersi. In questa estensione l’azione –reazione identitaria può sembrare del tutto coincidente col proprio ego che  di fatto le fornisce energia ed emozioni. Si tratta di una sorta di tempesta emozionale da far passare, non da evitare o, peggio, analizzarla come sintomo di una nevrosi. L’attività creativa dell’agire identitario cessa e ricomincia  in modo naturale, questo fa parte dell’equilibrio, Se le emozioni che quell’agire generano nel proprio sé  non vengono alimentate in modo profondo, esse generano  reazioni del tutto illusorie che cessano senza provocare alcuna conseguenza. Bisogna sempre non illudersi con la credenza che ostacolare l’agire identitario sia possibile, tale agire scorre potente  e inarrestabile, ostacolarlo vuol dire farne parte in modo duraturo ed estremamente attivo, lasciare che esso agisca su di se è inevitabile e  può essere molto istruttivo anche se talvolta doloroso, e se si è capaci di lasciar che l’impeto emozionale di quell’agire si esaurisca da solo si comincia ad accedere a qualcosa di simile all’equilibrio, non il proprio equilibrio che non esiste, ma l’equilibrio presente in natura, almeno nella natura che viviamo come umani, anche se quell’equilibrio non rassomiglia proprio a niente di umano.

Liquido

Milioni di cuori pulsano fra le cascate  intensive, primule tremano sotto la pelle, flotti di luci risalgono, si appoggiano accarezzando il ventre,il sole guarda, nutre stormi di cadenti, si addensa e ruota, smaglia la vita delle pareti carnose, suoni e ancora suoni. Uno strano ingombro si avvicina, vorrebbe parlare, non potendo sfonda le pareti, si ciba di quel che trova, non per piacere, non per amore, ma perchè  lacerato dal dolore di una separazione  irrecuperabile. Il cibo non manca, si autogenera nella fucina,  la fonte vibra in un lago raddensatosi nel proprio riflesso, l’albero si appoggia su se stesso, fiorisce nella vista del  cielo, ghiacciato per l’entusiasmo, respiro , finalmente ininterrotto. Il cibo fluisce, loro si nutrono, ricominciano a circolare  urtando nei canali, sconquassati, alla fine divorati loro stessi. Sorge un altro giorno, l’alba degli stomaci  terrestri si interrompe un attimo prima del sorgere, si scioglie sorgendo, evapora, multicolore, felice di essudare in fiori gravati da bianche chiome, terminare, ricomporre, la reazione non tarderà  il fremito. Lo slancio si placa  nei  tendini, compatti si inseriscono nella corsa, le cadute frantumano  per attimi le caviglie e  niente va evitato. Rialzarsi, cogliere un tessuto d’aria, volare sull’erba, appoggiarsi nel calore della rugiada quasi ghiacciata. Il canto si compone  di esplosioni fiorite e di prati appena accennati, il piede li sfiora, le mani affondano altrove, si decide di non temere l’incubo appena giunto, che abbia la sua vittoria. Non è una regola, neanche amore. Semplicemente l’agire di un respiro che si placa per sempre, nell’impossibile gelatina  dell’alba artica.

 E’ incredibile fino che punto tutto sia vivo e fino a che punto quella vita non sia mai come uno se l’aspetta. Non si può contemplare il vuoto e giudicarti, ti abbraccio, mi accogli e mi dimentico. Una unica faccia ancora compare, fugace bagliore, poi i tessuti dischiudono i loro segreti, mi adagio, in un’apparente attesa, qualcosa mi divora l’energia scioglie le gambe, nuovi canali tentacolari si tuffano nella chioma della tempesta di gioia.

Nel canale scorre un liquido denso, lo  fisso mentre quello mi esplode in tutte le direzioni, con dolcezza, lasciandomi colare, goccia dopo goccia, fra le montagne  deserte, altissime. Il freddo è già arrivato, si nutre della luce, in quella luce si specchia il denso liquido. Il canale intanto è diventato un cuore d’una stella, orbita fra pori microscopici, traccia il cielo, dirige il flusso del liquido. Io guardo il liquido che guarda l’impossibile e vi sprofondo, aggrappato al liquido  ancora mantengo una morbidezza fluida, filtro tra i pulviscoli emozionali, da tempo infinito non sono più io. Nel liquido i luoghi non cessano di riprodursi, canto da entrambi le parte, quasi fosse troppo tardi.

 

Ultima fila

Mi trattieni pur volendo essere guidato lontano da qui. Cerchi un corpo e te lo do. Vuoi cibo, lascio il mio per te. Una lunghissima fila di affamati si stringe tutt’intorno, trova nutrimento e va altrove, per risplendere, farsi trasportare, cessare. Ma qua tornano, si assiepano, rumoreggiano spesso, ma non sono i primi nella fila, anzi costituiscono l’ultima fila rimasta. Comunque un volto lo trovano, un tuono, della luce, un calore e una breve sosta nella preziosa laguna. I cuori irrisolti premono contro se stessi, restano sommersi , aggrappati alla propria forma, con affetto decidono di precipitare. Il nulla si erge  e fa tremare il loro ritorno, mi chiedono di narrarlo così da comprendere la forma. Il sole scivola via mentre graffio la pietra. L’ombra capisce, abbaia furtiva, decide , scaturisce un gesto, qualcuno decide che sia un tratto invisibile. Eppure la terra è schizzata ovunque.. Riposo, domani, se vogliono, ripasseranno.

 

Ora

Solare. Sole scomposto, mani, restare, fluire, animare il vento, morbido, accarezzare, il colore del corpo mentre svanisce, gli occhi respirano e illuminano, amarti, osservare il cuore  brillare, moltiplicare nel tuo silenzio, accorrere, risalire i passi, condurre fra ombre, disporsi, baciare mentre tutto sfugge, respirare all’incontrario, ondularsi nella mareggiata, prenderti  nella pelle, nessuna unione da sfuggire. Unirsi alla natura, piegarsi fra le rocce, cancellarsi con la sabbia, luccicare  fuori dall’attesa, rinominarsi, dentro il mare affidarsi alla vita, fuori, nelle colline, animali rigano le guance, densa schiuma scuote, ero già lì prima d’esserci. Ora.

 

Separazione

La percezione può essere vista come un modo, una forma, di integrazione con l’ambiente,  tenendo presente che l’integrazione fra l’assenza di identità e l’ambiente  genera la percezione propriamente detta. Quest’ultima percezione assorbe la percezione dell’ego che si vive come essere separato dall’ambiente e l‘ambiente stesso visto come ente separato. Ciò che ne scaturisce è qualcosa che marginalmente ha anche a che fare con l’ego e l’ambiente visto come ente separato ma che per lo più si trova altrove che nella separazione.

La percezione  che genera la separazione genera anche un ambiente  che sembra drasticamente separato dall’ego, tale ambiente  dispone di una certa naturale opposizione e aggressività verso l’ego. L’ambiente prodotto dalla percezione separatrice è per sua stessa natura attivamente operante nell’ostacolare il fluire delle percezioni non-separatrici, tale operazione consiste nella produzione di immagini, suoni, emozioni, stimoli fisici, mentali di dimensioni microscopiche, quasi completamente scollegati da qualsiasi contesto vitale. Lo stesso ego può essere identificato in quest’ultima descrizione. Il segreto della percezione separatrice sta nella produzione di una realtà che appare immensa e completamente separata nelle sue infinite parti.

Ogni parte galleggia e vive staccata completamente dalle altre in una immensità che non può essere vissuta in modo empatico. Ogni parte sta di fronte alle altre in modo attonito, intimorito, con un irrimediabile sentore di privazione, incapacità, inadeguatezza.

Nonostante l’iperattivismo dell’ego-separazione, l’ego stesso vive immerso in una dinamica di correnti tensionali. All’interno dell’ego quelle correnti si manifestano sotto forma di emozioni, visioni, sensorialità diffusa di difficile definizione. Le emozioni e la sensorialità diffusa rendono sopportabile l’azione dell’ego, del resto entrambe sono il risultato della incessante azione separatrice egoica che tenta di modularle in base alle proprie esigenze. Tale modulazione non è così perfettamente chiusa e separante, se lo fosse l’ego semplicemente morirebbe poiché si staccherebbe del tutto da correnti tensionali indispensabili per percepire l’effetto vita. In effetti le emozioni, la sensorialità diffusa, le visioni, possono sfuggire alla determinazione dell’ego e ritrasformarsi in una sorta di canali  tensionali su cui l’ego non può agire. Quella trasformazione è un processo naturale in cui prima o poi entra ogni essere vivente, in modo consapevole. In ogni caso l’ego non cessa la sua automatica produzione di realtà separate e separanti dalle correnti tensionali. Questo è un fatto cui in particolar modo in contesti urbani non si sfugge, e bisogna imparare a sopportare ed evitare il panico che insorge all’interno della gabbia mentale umana. In tale gabbia si è sospinti dalla continua separazione operata dall’ego verso la ricerca di intensità emozionali purtroppo a  loro volta generanti separazioni. Le intensità emozionali che non generano separazione sono difficili da riconoscere e  accettare per le conseguenze che esse stesse implicano. Chi conosce bene l’amore può ben intuire di cosa si stia parlando. Le correnti tensionali  non riunificano le separazioni operate dall’ego poiché quelle separazioni non esistono, quindi non esiste niente da unificare, o, altrimenti detto, unificare due separazioni vuol dire operare una nuova separazione. Le correnti tensionali non creano  e non separano, si riassorbono e basta mentre si manifestano.

 

Correnti

Si è mosso. Risalgono spingendo in basso, lanciando verso l’ alto situato altrove, il vento distribuisce ovunque, isole pulsanti accorrono, il suono diventa luminoso. Il cuore tocca il suo vapore, diffonde gli ultimi tocchi, poi libera tutto, diffonde, comprende, si lancia fra le montagne, i rami del sole, brulicare di cascate intensive. Si apre più volte, ci si condensa nella manifestazione. Orbite ritmate in ogni istante, ovunque. L’abbraccio dura, respira.

 

Tensione, ancora

Le tensioni  sono canali d’intensità come pure sono intensità diffusa come pure molti canali d’intensità e intensità diffusa allo stesso tempo. I canali non sono l’unico modo in cui ancora si percepisce il luogo dell’intensità, quell’intensità che è pure una tensione non crea una definita percezione e una definita fisiologia anche se può, la tensione, essere interpretata come una sorta di condizione fisiologica al limite della dissolvenza. Quando l’ego non vincola più la percezione, cessa di esistere un solo ed unico luogo o complesso di organismi in cui qualcosa avviene. Si ha allo steso tempo la percezione e  di canali d’intensità e di correnti in espansione e di intensissima tensione diffusa. Si tratta di sottili forme del percepire al limite del riassorbimento, non bisogna legarsi ad esse come ad un essere definibile e conoscibile, la loro presenza acquista un senso non in queste parole ma se vissute insieme al riassorbimento. In senso stretto, quelle correnti, tensioni, sono altro dalla percezione stessa.

 

Inondazioni

I germogli corrono, annusano l’aria ancora presente, filtrano l’acqua, ansiosi del gelo. Scintille vegetali premono con insistenza, nutrono i fondali degli oceani, ottengono. Una fonte di calore transita velocemente, ragnatele  gravitano, delicate, sugli involucri. I suoni arrivano in anticipo, prendono i veli delle membrane, li scuotono, fin quando non si risvegliano i venti sopiti. Ritmi delicati brulicano nelle ossa, un pianeta dopo un altro germoglia, attimi impercettibili di abbracci afferrano, donano l’amore necessario a una vita fugace. A volte il dolore è il segnale atteso dai germogli, ne riconoscono le brezza, quindi agiscono, disvelano organi appena abbozzati, coprono le assenze con nuove fonti, dissipano ogni memoria. Nel profondo della terra un calore insospettato fa maturare le stagioni. Le stelle baciano le zolle, i fremiti sono i respiri, fin quando l’acqua risuona di gioia. Fonti invisibili si attivano ovunque, il tempo non le disturba, irrigano l’evanescenza dei torrenti marini, delle esplosioni solitarie, immote. Aree prive di immaginazione inondano territori sommersi, rendono fertili gli impulsi, cantano frasi lampeggianti.

Mareggiate

Le luci non controllano più la strada. Fiocchi fluorescenti colano, l’aria risale, gli alberi risplendono dei propri cuori. L’amore si espande, nessuna incertezza, mani s’intrecciano. Il cuore si immerge in corone di luce, lascia il suo impulso, scompone il tatto, cuore dopo cuore si giunge nel lago. I fiori si mischiano alla vegetazione, tutto brilla. La sabbia assorbe. Sospesi nella nebbia mattutina, veli armonici, impassibili, di fronte ai tuoni, planano; mareggiata di lampi, alcune mani asciugano la palude appena ricomposta.

 

Domani

Il sole mi prende vicino, riempie gli occhi di dolcezza, affronta il cuore ogni mattino, osserva le lacrime fermarsi. Solcando le onde del magma si produce nuovo tempo, privo di tempesta, denso di volatili nervosi. La pioggia  si alza in volo, plana sulla pelle, fragili movimenti affossano, una colonna di luci vorticose si alza dagli occhi, si fonde col sole. Troppe tempeste squarciano le pelli. Osservare il pasto incompleto, abbandonato, fluttua sulle acque melmose. Dalla laguna si leva il vento, nel silenzio anima  i branchi, ognuno si dirige e affonda nel punto prestabilito. Il cuore si salda con la testa, pulsa tutt’intorno la felicità propria del magma, stormi di farfalle fioriscono sulle palpebre. Ho voluto aspettarti, ho trovato correnti amichevoli, davanti  al cuore si è fermato.

 

Velo

Le onde ripuliscono il velo dalla patina gelatinosa. Insistono le maree, trascinano correnti rotte, tentativi di ricomposizione, urgenza . Nei tessuti il vapore suda senza sosta, prende  lo scorrere del fluido, lo dirige all’uscita. Nel cadere sprigiona un immenso volume, imbriglia tuoni lampeggianti, rifrange il colore precedendo le tonalità. Si placa.  Attimi di pressione intensificano la presa, coni di luce intermittenti  si affacciano, rendono morbide le foglie. Il sole, l’oscurità, il vento, l’aria, denudano, definito in un seme tremante, rifletti, sfuggi veloce nel turbine di colori in formazione.

 

Alberi fluviali

Gli alberi  emettono rapida vita, il tempo è così fragile da essere appena un accenno, il tentativo d’amore  appare debole,  la consistenza del tuo petto un attimo, ora svanisce , ritorna una cascata di luce notturna, ricompone il canto, il ritmo ancora indugia con noi il desiderio di unirsi con l’acqua scroscia nella mente, alberi fluviali sorvolano il corpo, un ombra instabile. Tuniche  umide, rigogliose di fonti gentili, avvolgono la crescita, si avvicinano sulla superfice oleosa  innumerevoli presenze. Si seguono  tracce, rilasciano strie di vita, brillano lungamente, scambiano natura, mutano l’essere, raggiungono, si fanno trascinare lontano, senza mai allontanarsi da qui. Gli alberi fluviali affondano nei soli, anticipano i corpi.

 

Precedere

Viaggiano su tremolii luccicanti, attimo di integrazione, intrisa della delicata energia floreale, il cuore si libera facilmente, si distanzia, precede. Il calore sorride, attende.
TI ho cercato, nel vento, fra le costole, nel cavo del diaframma.  Respiro, tranquillo, placato dalla ghiaia ai piedi degli alberi, mi hanno accettato, scavato nel petto, ti ho incontrato scendendo nell’aria, mattina travolgente nel cielo, neve ovunque. Sembra il cielo dentro il quale vivo. Eppure si discioglie lentamente, passo dopo passo, friabile al tatto.

 

Respirazione

Esistono almeno due tipologie di respirazioni, movimenti energetici, movimenti in senso stretto, fondamentali sul pianeta terra e nell’essere umano.
Il primo movimento-respirazione è il movimento dell’assorbire energia e del disperderla riemettendola; questo è il movimento respiratorio della corsa, delle intense attività fisiche, di molti processi fisici e chimici non umani. Come movimento respiratorio esso è ottimo per irraggiare l’energia che il respiro convoglia nelle profondità dell’organismo, nelle ossa, nel sistema nervoso.
Il secondo movimento è un movimento simile alla pressione: tramite il respiro e l’azione muscolare si esercita pressione all’interno del corpo, tale energia-pressione modifica in modo estremamente benefico l’intera struttura corporea, rendendola più resistente, percettiva e flessibile e non ego-centrata. Anche nel sistema-pianeta tale energia-pressione lavora incessantemente stabilendo le strutture energetiche portanti della vita stessa, letteralmente crea nuovi organismi. La terra può essere definita come il pianeta in cui la vita assume la forma dominante dell’acqua. E’ tramite la possibilità di esercitare pressione sul sistema terra che l’acqua ha potuto generare la vita e utilizzare i suoi molteplici movimenti simili alla respirazione stessa. In definitiva il movimento di assunzione ed emissione di intensità e il movimento di compressione dell’intensità sono movimenti generatori di ambienti vitali. Una intensità capace di esercitare la propria azione su un’altra intensità diffondendosi al suo interno e modificandola in modo sostanziale, sulla terra e nel corpo umano si traduce in azione di pressione  controllata verso l’interno. La pressione si esercita sulla intensità del respiro e sulla circolazione del respiro. E’ fondamentale una grande cura e attenzione per la creazione-mantenimento di un’ottimale circolazione respiratoria, su cui esercitare la pressione.

 

Respiro

Il fluido si propaga ancor prima. Contatti, fragilità acquose, dissetarsi nel cuore. Nel punto d’equilibrio si spegne l’intensità, cade l’azione, la vita prende il sopravvento. I delicati contorni che tratteggiano la spiaggia affondano nel tuo sguardo, morbido braccio avvolge, ama, prende le correnti nel fluido, scioglie le mani in vortici di lumi burrascosi, gioviali. Le maree si incontrano, scorrono una lungo l’altra, in parte si uniscono  e mischiano, una pressione precisa si condensa dal loro contatto, trasuda nuova vita, stormi di creature  si librano nei venti indecisi. Scintille nuotano lungo i solchi delle maree annodate, fronde ghiacciate si lasciano toccare e poi afferrano, tendono verso il cuore, offrono immagini come promesse e certezze. Vite torrenziali, vorticanti, si addensano, premono delicatamente  all’interno di contatti estesi anche se appena percettibili. I contatti sono ondate impetuose  all’interno della eterna laguna, notturna, sorridente, illuminata dall’intensità dei cuori. Le ondate si  generano dall’interno della laguna e moltiplicano le presenze desiderose di fremere, appoggiarsi nei venti, disperdersi in traettorie rarefatte. I segreti sono svelati dal semplice apparire, la semplicità dell’apparire brilla lungo il greto del fiume all’alba, brilla nei sottili percorsi luminosi che scorrono lungo le fronde schiumose dei salici. Con l’apparire, la semplicità  diventa l’impercettibile presenza che ti precede e mi affonda nelle acque gonfie di aria in cui si avvolgono le mani, afferrate dalle tue, invisibili e presto dimenticate. Il ritmo della presenza abbraccia le visioni. Ovunque tu sia.

 

Reticolati

Nella natura i reticolati di esistenza, di energia-intensità, sono diffusi interconnessi, continuamente modulati. I reticolati possono sembrare contemporaneamente spaziali, per via del loro apparente estendersi, o temporali, in quanto possono essere percepiti come forme di modulazione che durano- talvolta sono modulazioni istantanee. Ogni minima variazione d’intensità crea una entità orientata nel senso di quella intensità. Di solito sono interi reticolati d’intensità a creare con il loro semplice apparire ed esistere, miriadi di esseri orientati. L’orientamento di una entità  è responsabile dei comportamenti inevitabili ed automatici di quella entità. L’orientamento di una entità è qualcosa di estremamente complesso poiché ogni entità è effettivamente interconnessa con ogni possibile intensità. Ogni interconnessione genera un orientamento, l’ entità non è altro che l’emergere degli orientamenti, il loro agire, il loro riassorbirsi. Spesso esiste quel che appare essere un orientamento principale, alcuni esempi di orientamento principale sono la tendenza a dover assumere alimenti, a dover respirare, sviluppare calore, a essere dotato di moto, ecc.
Oltre agli orientamenti più ovvi si possono manifestare, altri orientamenti insoliti, lo scorrere e incontrarsi e influenzarsi dei reticolati prima o poi si rende manifesto. L’apparire degli orientamenti ed il loro riconoscimento da parte di una qualche entità determina le interconnessioni che la stessa identità  genera. L’entità può anche non generare nuove interconnessioni ma indebolire, consumare, riassorbire quelle da cui è composta.
L’essere umano è,  relativamente alla percezione ordinaria quotidiana, una entità particolarmente orientata verso l’esistenza all’interno di intensità deboli.
Ciò vuol dire  che le emozioni le conosciamo nel loro aspetto intensivo fragile e delicato dei sentimenti, le nostre energie  interiori sono estremamente deboli e necessitano, per la loro esistenza, di numerose connessioni intermedie fra se stesse e  le intensità intensive quali sono quelle delle stelle e quelle di entità invisibili. Le intensità intermedie per l’essere umano sono quelle che noi chiamiamo aria, acqua, terra, fuoco, vento. Tutto ciò che, banalmente parlando va, in senso micro e macroscopico, oltre quelle cinque classiche entità, rappresenta una intensità eccessiva per la percezione umana ordinaria. Se la dinamica terrestre di quelle cinque entità viene alterata in modo estraneo alla dinamica terrestre, ovvero tramite l’immissione o la sottrazione eccessiva di quelle cinque entità, la percezione umana non può che soffrirne. Le nostre capacità di rappresentazione tramite immagini e suoni si muovono lungo i limiti della percezione umana di quegli elementi. Non esiste la capacità effettiva di rappresentare intensità non deboli come quelle invisibili poiché non disponiamo di alcun reticolato in diretta connessione fra il nostro essere umano e quelle intensità. Uscendo al di fuori del reticolato umano si accede alle intensità e ai reticolati invisibili anche se chiaramente percepibili, ma poi ci manca la possibilità di comunicarle empaticamente, emozionalmente ai propri vicini umani.
Uscire dal reticolato umano implica il risveglio del riassorbimento, quel risveglio muta l’intera struttura del reticolato umano in modo profondo ma invisibile, in un modo che appartiene al dominio della più completa soggettività e del silenzio, in pratica non se ne può parlare e, anzi, si deve diffidare di chiunque  sostenga di aver acquisito qualcosa che lo rende migliore  in virtù di un presunto risveglio.
Tutto ciò che va oltre la percezione ordinaria, per esempio la struttura dell’atomo, l’esistenza dei microbi, la vita cellulare, l’astrofisica, può essere compreso correttamente solamente se vi si arriva percettivamente, attraverso le varie reti di entità che intercorrono tra la ordinaria dimensione umana e l’ordinaria dimensione di esistenza delle stelle, cellule, eccetera. Qualsiasi altro metodo di conoscenza delle dimensioni di esistenza al di là della percezione ordinaria umana che esuli dalla via percettiva è un metodo conoscitivo vago, incompleto, fuorviante anche se può fornire risultati spettacolari e potere.
La terra, l’aria, il fuoco, il vento, se visti, percepiti non attraverso la percezione ordinaria umana, appaiono essere qualcos’altro che vento, terra, ecc.

 

Secondo ritorno

Il calore inonda il petto, affonda nel cuore, rami affusolati sollevano il volo fra le scintille incolori, l’umidità placa la speranza. La schiena sprofonda nel respiro, la tensione dell’aria guida nella risalita, poi nella corsa, un breve precipitare tinge l’orizzonte, sfalda. Una quiete inumana, inodore, non vista, pulsa con intensità, evapora debolmente, nitida, costante.

Ogni entità esercita “automaticamente”, per via della sua sofisticata articolazione, una pressione fra le sue parti. È’ la modulazione di tale pressione che ne determina le caratteristiche materiche principali, quali la  visibilità o l’invisibilità, la liquidità, carnosità,  legnosità. Quella modulazione non è una pressione forte, facilmente misurabile, ma una lievissima forma di pressione dinamica, ovvero ogni parte della entità riceve dalle  e trasmette alle altre parti delicate intensità di pressione. Esiste una vera e propria rete di pressioni interne alla entità che preesiste e conduce alla definizione delle parti stesse. Le intensità-elementi fondamentali di ogni entità emettono e ricevono naturalmente pressioni dinamiche con le quali integrano  e si integrano in nuovi reticolati che spesso prendono l’aspetto di entità definite. Le intensità-elementi fondamentali sono molte cose assieme, sono assolutamente non concettualizzabili, se ne potrebbe dire di tutto e l’incontrario senza sbagliare……basta tener presente che quelle intensità sono anche pressioni dinamiche, non sussiste la possibilità di trattare gli elementi come soggettività che a  un certo momento decidono di agire in un certo modo.
I reticolati di pressione determinano la capacità di integrarsi con più o meno facilità  nella natura, più quelle pressioni sonoforti, più le entità appaiono alla percezione umana ordinaria sofisticate ed “evolute”, mentre in realtà si tratta di entità che hanno grossissime difficoltà ad integrarsi con i reticolati naturali. Via via che le entità sono capaci di dinamizzare e diminuire la pressione interna, in modo controintuitivo rispetto alla percezione umana ordinaria, si accresce la loro capacità di integrazione nella natura, aumenta la loro capacità di connettersi direttamente ad intensità “forti” ed invisibili. Il senso dell’aumento di pressione interna che si pratica nello hatha-yoga, se capito correttamente, serve proprio a modificare la propria pressione in vista di un più naturale  e integrato vivere percettivo.

 

Terzo ritorno

Fra le luci dormienti il calore prende il petto, il sole scivola lungo le costole, si incanala nel ghiaccio, un liquido  tremito giunge nelle mani. I venti rimontano lo spazio, si articolano nuove volontà in molte direzioni, torrenti collassano in ogni piega, il freddo giunge dai polmoni, riscaldato, dilatato, altre membra si sono unite, membrane fluttuano, creano improvvise direzioni. Un atto irriconoscibile si è composto e riassorbito, sulla riva della spiaggia invernale i prati si tuffano nella salsedine, il vento ghiacciato si asciuga sulla mia fronte,  le carni inghiottono onde fiorenti, creature invisibili brillano più delle stelle. L’alba piega la tettoia nel vento, manti di ombre si cibano di denso silenzio. Frusciano le strade volatili della bruma mattutina, si ricopre di odori  intimi  il percorso della luce. Dopo il primo incontro gli eventi vengono preceduti.

L’attenzione, concentrazione diffusa, può affrontare, percepire, manifestazioni non vincolate alla individuazione, alla unicità, alla logica di causa-effetto. Quando le immagini sono troppo numerose per essere percepite singolarmente, i suoni e tutti gli altri stimoli  giungono in modo eccessivamente numeroso per essere riconosciuti in qualche forma precisa; se si riesce a svincolarsi dalla necessità interiore, psicologica, del preciso riconoscimento di una qualche presenza, allora si può eventualmente accedere alla percezione di una manifestazione non individualizzata, priva di soggetto, oggetto e, apparentemente anche di senso: la percezione resta comunque viva in tutta la sua intensità. Non si tratta in una percezione compiuta in sé, si tratta di una percezione che resta aperta ed operante in molte altre direzioni, si tratta di una percezione dotata della capacità di fluire nel manifestarsi, estranea ad ogni utilizzo egoico. Quella percezione equilibria la struttura umana, tendendo a cessarne gli automatismi. Se poi quel percepire del manifestarsi non individualizzato esercita in modo costante il suo influsso riequilibrante, allora la struttura riequilibrata stimola a sua volta la costanza di quel percepire, la  propria struttura comincia ad assumere percezioni  e fisiologie che non le sono proprie nel senso dell’ego, piuttosto sono variabili manifestazioni del flusso del manifestarsi. L’ego resta presente, i suoi automatismi sono una manifestazione ineludibile ma non vincolante.
Quando i sensi ordinari non vengono univocamente collegati a un determinato stimolo, i reticolati di pressione di cui siamo composti  e che scorrono ovunque e che sono l’ovunque, diventano  più presenti per la percezione, in particolare rivelano  la loro ramificazione  articolata di cui la propria struttura non è che un episodio. Ramificarsi come reticolato di pressioni, vuol dire rivelare altre manifestazioni, altre entità, riassorbirsi. Come possa l’apparente svilupparsi di reticolati di pressione condurre al riassorbimento è percepibile solamente  in un percepire non vincolato alla necessità di identificazione. Le micro-pressioni  che costituiscono e sono il manifestarsi della natura e oltre, sono l’aspetto fisiologico delle intensità.

 

Dissipazione, pressione

Le radici si aggrappano al sole, il calore del volto inonda le mani.
Praticare solamente un tipo di pressione, ovvero praticare o solo yoga o solamente sport ( gli sports inducono lo scambio energetico di dissipazione  verso l’esterno) è salutare solamente in parte. Lo yoga, se ben praticato elasticizza molto bene il corpo, lo trasforma in qualcosa di potenzialmente molto percettivo. Eppure lo yoga non riesce a utilizzare il calore di transizione della pressione energetica che si sviluppa nella corsa o nel ciclismo. Quel calore apre altre reti di connessione cui lo yoga non ha accesso, in particolare a livello polmonare. Modificare la propria pressione in movimento nello spazio è una cosa ignota allo yoga. Si  può anche velocizzare l’esecuzione degli asana e provare svariate combinazioni fra movimento e respirazione, ma il tutto ha un impatto non naturale sul proprio sistema, normalmente non si fa che ottenere produzioni di energia-pressioni che non si riescono a dissiparsi rapidamente. Inoltre tramite lo yoga non si lavora sulla fusione fra le reti circolatorie di cui siamo composti ma sul loro rilassamento, rallentamento, separazione. L’equilibrio energetico-pressione derivante dallo yoga crea una separazione fra i propri  componenti non esistente in natura  (dagli effetti anche notevolmente auto-suggestionanti) che aiuta a riconoscere e controllare il proprio ego automatico ma non aiuta a trasportare tali riconoscimenti e modificazioni in una naturalità quotidiana.
D’altra parte dedicarsi solo al dissipamento energetico-pressione tramite sport  sovraccarica il proprio sistema di fatiche, in realtà  di depositi di contro-pressioni di reazioni alle pressioni esercitate durante lo sport. Quelle contropressioni vanno eliminate, l’eliminazione di quelle pressioni è un processo che trasforma ulteriormente il proprio sistema e  non esiste niente di meglio che la lenta esecuzione degli asana per eliminare e trasformare quelle contropressioni. La stessa pressione interna esercitata dagli asana viene trasformata e utilizzata in modo corretto solamente se sottoposta alla pressione di dissipazione sportiva. Gli sport esercitano un’azione estremamente profonda su tutti gli agenti circolatori del proprio sistema, e se non si tratta di sport praticati in modo stressante e intensivo, essi riescono a integrare le diverse reti circolatorie di cui siamo composti a un livello molto profondo, sconosciuto alle medicine e allo yoga stesso. Non bisogna scordarsi che l’energia esercitata su se stessi tramite pressione e l’energia usata su se stessi tramite dissipazione sono due processi naturali solamente se praticati entrambi, altrimenti sono processi curativi di cui bisogna tener presente anche gli aspetti  potenzialmente nocivi.

 

Paradossi

La luna scivola  nella gelatina che l’avvolge, bolle rapide si condensano nelle sembianze di spazi stellari, negli spazi invisibili una vita intensissima freme e sostiene quella visibile. Gli spazi invisibili si avviluppano a quelli visibili, li nutrono e ne sono nutriti, infine si condensano, escono dallo spazio. L’uscita dallo spazio  non è visibile nello spazio. Le intensità si condensano. Oltre una certa espansione niente di automatico esiste, anche se la sete mi spinge a cercare qualcosa. Il tempo è la dilatazione di una intensità, è  il rallentamento di qualcosa che è già cessato, tutto comincia e finisce prima del nostro tempo. Il tempo e lo spazio sono trasparenti perché presenti solo nel passato, gli automatismi esistono solo nel passato, il futuro, quello vero, termina prima di cominciare. Oltre le intensità ci si imbatte nel quasi – apparire. Il quasi-apparire non è estatico né luminoso né meditativo, il quasi-apparire  è lo stato impossibile in cui il riassorbimento  e le multiple realtà ordinarie coincidono. Fin quando il riassorbimento appare come una forma estatica o allucinatoria o meditativa esso appartiene ancora al mondo delle realtà ordinarie che via via si rarefanno. Quando le realtà ordinarie cessano di rarefarsi e compaiono perdurando come fissate in un unico attimo e l’apparente intensità del riassorbimento cessa di agire si è finalmente usciti tanto dalla realtà ordinaria che dall’apparente riassorbimento. Lo stesso riassorbimento non è altro che la forma in cui appare la realtà ordinaria mentre le pressioni che la costituiscono cessano di operare. E’ una forma che è oltre la percezione individualizzabile e tuttavia mantiene ancora aspetti reali anche se non ordinari. Quando nessuna pressione, pur agendo, compie modificazioni, le parole cessano del tutto, non esiste più alcuna evocazione, alcun richiamo.

 

Distanze

E’ interessante percepire come e quanto le distanze spaziali siano l’espressione  del gruppo di  intensità-pressione che nella realtà ordinaria ci plasma automaticamente. Le distanze sono ciò che è necessario alla percezione ordinaria  per identificarci fra le innumerevoli altre entità dotate di intensità-pressione. Le distanze sono entità vive e apparentemente invisibili, ritenute di solito frutto di pura concettualità, eppure sono vive, dotate di corpi energetici estremamente articolati. Nella percezione ordinaria le distanze sono qualcosa di non vivente-esistente mentre l’infinità degli esseri del cosmo costituiscono il vivente. Nella percezione non ordinaria le distanze sono  entità viventi non spaziali. Nella percezione non ordinaria, la perdita della percezione di individualità non implica il non apparire di entità riconoscibili, implica l’emergere di un nuovo percepire per il quale ogni minima energia, pressione o intensità fa parte di molteplici entità in un unico atto e non è possibile limitare l’estensione di alcuna entità né  in una individualità né in un atto. Detto  in termini “ normali” mentre nella percezione ordinaria siamo esseri umani, viventi su un pianeta, vicino al sole, sparpagliati nel cosmo, nella percezione non ordinaria l’essere umano, l’essere sole, pianeta e cosmo diventano attributi  possono eventualmente anche di una sola entità.
Le distanze che vengono percepite nell’ordinario costituiscono il manifestarsi di intensità-pressioni che delimitano un certo agire e da tale delimitazione scaturiscono le entità. Quelle intensità –pressioni creano delle entità che per esistere necessitano  sia di reciprocamente opporsi, isolarsi, escludersi, sia di attrarsi. L’attrazione e la repulsione possono essere descritti come una unica forma complessa di opposizione, o come una complessa forma di magnetismo cosmico, naturale. Di fatto, nella percezione ordinaria, l’apparire delle entità è imputabile all’agire di un elaborato magnetismo cosmico che crea all’interno di un elaboratissimo processo di attrazione e repulsione le distanze e il tempo, i quali non sono altro che i nomi in cui vengono normalmente riassunte le infinite energie costituenti il magnetismo. Quando l’azione magnetica delle intensità-pressione  progressivamente cessa di agire, la percezione cambia completamente, essa non genera più entità che si separano ma entità in progressiva apparente, in senso evocativo, fusione. Il progressivo estinguersi dell’agire del magnetismo viene percepito spesso come un’esperienza estatica, entusiasmante, mistica, ma quando il magnetismo cessa del tutto si cessa di percepire alcunchè di estatico ed entusiasmante. Le realtà ordinarie e quelle non ordinarie, vale a dire le molteplici intensità-pressioni, non si estinguono ma non agiscono, il magnetismo appare ma non agisce, o meglio l’agire non provoca modificazioni neanche sull’agire stesso. Tale condizione non è ulteriormente descrivibile.

 

Altri paradossi

La realtà ordinaria, quella non ordinaria, il  riassorbimento sono fusi fra di loro, non esiste niente che non sia tutte e tre quelle realtà allo stesso momento. La realtà ordinaria non potrebbe esistere senza le connessioni innumerevoli con la realtà non ordinaria, entrambe sembrerebbero davvero reali se non fossero percepibili assieme al riassorbimento. Le percezioni sono spesso disseminate fra le varie realtà, ovvero raramente esiste una percezione  limitata ad una unica realtà. Ordinario, non ordinario e riassorbimento, possono convivere e ritenerlo impossibile significa utilizzare criteri percettivi della logica ordinaria, tipicamente limitati e limitanti. La lucida compresenza delle tre fasi ( realtà ordinaria, non ordinaria, riassorbimento) è uno stato percettivo estremamente raro e interessante. La compresenza delle tre fasi è vissuta normalmente in modo molto limitato  e spesso inconsapevole, l’inconsapevolezza conduce inevitabilmente a sostituire la mancanza di percezione diretta con vaghe emozioni e logiche fumose. Si può arrivare con una certa progressività a forme di consapevolezza- percezione più acute, ogni minimo aumento della lucidità percettiva trasforma l’apparire della percezione. Il significato del fondersi reciproco delle tre fasi è che la percezione più stabilmente acuta di una o più fasi risveglia immediatamente la percezione delle altre o dell’altra che immediatamente rimodifica la percezione delle altre fasi.
Non bisogna assolutamente diventare prigionieri delle parole: ordinario, non ordinario, riassorbimento, visibile, invisibile e molti altri termini non sono che evocazioni di percezioni impossibili da individuare in uniche forme e concetti. Forme e concetti non dicono nulla circa la natura della percezione vivente, ognuno è responsabile delle proprie percezioni, ognuno gode della massima libertà circa il percepire, non esistono guri della percezione. In particolare non è possibile neanche immaginare una qualche purezza percettiva.
 La percezione attraversa tutto l’esistente, l’esistente è un sofisticatissimo reticolato di percezioni di percezioni fra di loro modificantesi continuamente. Il riassorbimento si manifesta quando le percezioni avvengono senza modificare nulla e tuttavia mutano. Questa manifestazione è completamente interlacciata a tutte le altre manifestazioni percepibili, le precede e sostiene. Il riassorbimento, in vari modi diversamente percepibili, è presente in ogni manifestazione. Le varietà e variabilità della percezione del riassorbimento sono completamente speculari alla varietà e variabilità di qualsiasi altra percezione con la notevole particolarità che prima o poi, le variabilità e varietà della percezione del riassorbimento cessano mentre il riassorbimento continua.

 

Impegno

Non è possibile separare la realtà dalla percezione anche se in senso evocativo si può dire che la percezione crei la realtà. Come la percezione sia molte percezioni contemporaneamente e , soprattutto, come la percezione possa essere un illogico insieme di percezioni in parte visibili, in parte invisibili e in riassorbimento, così la realtà  al tempo stesso sembra qualcosa di definito e oggettivo, qualcosa di privo di oggetto e soggetto, non misurabile, eppure esistente e in dissolvimento.
Nessun processo naturale può essere compreso in un unico ambito, ovvero niente in natura è realmente oggettivo e misurabile, o privo di dimensioni e multicentrico o in esclusivo riassorbimento. L’errore della scienza è postulare l’esistenza di leggi naturali misurabili, mentre la natura non è sorretta da leggi e tanto meno la natura è misurabile. Che la natura  appaia alla percezione ordinaria come qualcosa che perduri in un modo approssimativamente stabile e prevedibile non è che un effetto dell’automatismo funzionale del percepire umano. In realtà la natura appare sorretta da leggi solo in quanto intessuta di pressioni-intensità in parte trasformabili in oggettualità da parte dell’ego. La maggior parte delle intensità-pressioni sono invisibili per l’ego, eppure sono enti costituenti ed integranti  la percezione-realtà, inoltre se non fossero tutte le intensità –pressioni in continuo riassorbimento, semplicemente non vi sarebbe percezione-esistenza. In maniera inesatta ma spettacolare si può dire che la realtà ordinaria si fonda su quella invisibile ed entrambe sono create dal riassorbimento che non agisce.
Vivere in modo naturale  vuol dire non affidarsi ad alcuna interpretazione della realtà, lasciare che il percepire conduca il suo percorso fra le varie molteplici manifestazioni, non spaventarsi né eccitarsi troppo quando il susseguirsi delle manifestazioni avviene senza l’agire di alcuna intensità, accettare di diventare quel che si diventa ogni qual volta percezione ed esistenza coincidono.
Oltre la dualità e la non dualità si trova quel che si vive in silenzio, giorno dopo giorno , ora dopo ora, senza sforzo, ma con grandissimo impegno e, spesso, difficoltà.
Non esiste un modo privilegiato in cui  percepire, non si è particolarmente fortunati se si è rapidamente capaci di percepire la profondità presente  dietro il riassorbimento o la vastità dell’esistenza non ego-centrata o multicentrica. Solamente quando le impressioni più estreme che la percezione traccia nel proprio involucro si rilassano e cessano di diventare qualcosa di dominante  e direzionale, le percezioni diventano autonome, nessuna emozione dell’involucro agisce.
In modo eccessivamente schematico si può dire che esistano almeno due modi in cui l’agire avviene: il primo modo di agire fornisce  un unico orientamento alla volta dotato della capacità di mantenere stabile la percezione dell’apparire di enti fra di loro separati.
Il secondo modo di agire avviene senza che se ne percepisca un origine, una direzione e una conseguenza, eppure la  realtà continua ad apparire ma la profonda sensazione di sensatezza non viene dalla realtà, la precede senza far nulla per precederla. Il secondo modo di agire è estremamente più attivo del primo anche se non fa niente per agire ed è l’unico modo di agire che permette di integrarsi con la natura indipendentemente da qualsiasi natura si tratti.

 

Nature

Non esistono entità che non siano egocentriche.
Il percepire dell’ego è un agire dipendente dall’ego stesso, ovvero senza l’esistenza dell’ego il percepire dell’ego non esisterebbe. L’ego subordina l’esistenza di qualsiasi altra entità alla propria, così pure il percepire dell’ego stabilisce i modi in cui le entità possano addirittura esistere ed apparire in relazione alla sensibilità dell’ego. Ciò che appare come un disturbo rispetto all’esistenza dell’ego, viene addirittura non ritenuto esistente, cancellato da qualsiasi possibilità di percezione e sensibilità. Una entità che non agisce in modo egoico, ovvero che non centra su se stessa il proprio percepire, in realtà non può nemmeno percepire la dimensione del se stesso. Essa esiste ma non come una  entità, essa esiste come integrazione  di intensità in più reticolati contemporaneamente e con lo stesso riassorbimento. Quelle non-entità esistono a un livello di sofisticazione e sensibilità inimmaginabile per l’ego, esse sono tendenze del manifestarsi, sono una condizione dell’apparire, ad un tempo diverse e indissociabili dalla particolare condizione  della esistenza ordinaria, agiscono senza agire proprio come il riassorbimento.
Oltre il percepire egoico è impossibile indicare confini precisi e durevoli di qualsiasi entità per il semplice motivo che entità non egoiche non esistono. Si manifestano delle tendenze, delle condizioni dell’apparire, quelle manifestazioni assorbono in sé stesse ciò che per l’ego  ha il senso del percepire ma in realtà quelle tendenze non percepiscono. L’equilibrio dei centri costitutivi dell’involucro e dell’ego favorisce il cessare del percepire e il manifestarsi delle tendenze del manifestarsi non egoico. Non esistono leggi delle manifestazioni non egoiche poichè quelle manifestazioni non contengono fenomeni, niente di centrico si muove. Noi conosciamo la natura nel suo apparire egocentrico ma l’apparire egocentrico della natura non è che un incompleto e parziale aspetto della natura stessa. La natura è proprio una di quelle sofisticatissime interazioni-tendenze, per le quali il manifestarsi e l’agire non agendo coincidono. Fra l’ ego  e la natura non egoica non vi è alcuna forma di opposizione,  ma questa consapevolezza, manifestazione, è difficile da comprendere all’interno della percezione egoica.

 

Primo apparire

La percezione dell’ego e le tendenze del manifestarsi - che non sono ego e non percepiscono - non sono realtà opposte e inconciliabili. Esse appaiono opposte all’ego il quale deve ridurre ogni manifestazione a un oggettualità delimitabile anche se molto complessa. Di conseguenza a quella opposizione le tendenze non sono percepibili dall’ego. Viceversa il manifestarsi delle tendenze permette infinite differenze e sfumature, addirittura lo stesso ego può ancora apparire, anche se la sua presenza non svolge più alcun ruolo attivo, non produce percezione. Quelle infinite differenze, sfumature, non costituiscono delle realtà opposte o diverse dal riassorbimento, lo stesso riassorbimento non  è una realtà, semmai il riassorbimento precede il manifestarsi ma nonostante le apparenti differenze, il manifestarsi e il riassorbimento coincidono. In altre parole il riassorbimento ha molti modi di apparire ma nessun modo di esistere.

 

Appare

Appare, emette, attira, concentra e slancia, dimentica se stesso non avendo mai posseduto un sè, si smagnetizza in parte, pima vaga in un habitat affaticante, triste, illusorio. Come ha mai potuto sorgere tuto ciò? Non sorge, si riassorbe e basta, chi lo vede sorgere si illude, vede la propria fatica e la moltiplica. La realtà che si riassorbe è di molteplici nature, tutte molto sorprendenti, essendo loro stesso riassorbimento. Ciò che si riassorbe appare molteplice senza esserlo eternamente differenziato. Quindi  quella impressionante differenziazione e molteplicità ed egoicità non sono che manifestazioni del riassorbirsi, ma viste da molto lontano, dove lo spazio non confonde più i sentimenti.

 

Comporre

I cuori intervengono ripetutamente. E’ primavera, senza terra, senza aria, presi nel volo  obliquo. Massi di luce si squagliano, si perdono nel nulla per slanciarsi, sbocciano nell’apparenza, si coprono di fiori , epoche tremanti giungono fin qua- Le gambe affondano nella laguna. Tepore umido vaporizza il contatto, canti diurni, notti lunari fioccano. Il cuore popola le membra di nuova aria, germogli solcano le fonti sicuri nell’incanto dello sbocciare. Forme luminose accennano  mutamenti, piovono pianeti torridi, sbattono sulle coste frastagliate, oscillanti, onde  solide progrediscono nel favorire, l’ascolto  si attiva, prende le mani, le sparpaglia. Un gomitolo di lampi  varca la soglia, trema il petto, crolla  nella spinta sonora, lo slancio conduce  fra i cuori che non franano, planare dell’invisibile, tuoni secchi, amorevoli per accogliere.
Il vento torna a raccogliere gli sguardi promessi. Movimenti di rapide luci incidono  pieghe  fluide, i canti si uniscono osservando il silenzio. Il cuore saluta una creatura incolore, le mani raccolgono il brusio di primavere nascenti, l’immaginazione è anticipata dall’amore, nessuno sguardo, il ghiaccio collassa , si precede da se stesso.

 

 

Giungere

Mi ascolti da solo. Nel parco lo specchio si bagna. Terra amica accoglie le caviglie, affondo nella melma della mattina, dolce come rugiada, per incanto, per amore. Il tuo occhio si perde, le foglie assumono il tuo umore, in volo mi incoraggi, domani tornerò. Resisto nella luce tempestosa, la pelle squama via, un vento di polveri  destina un’altra nascita, prendimi nel cuore, occupo solo le tue urla. Dentro il legno marcio affondo (il cuore) , affloscio il mio corpo, inerme nel progredire del giorno.  La corsa  è sopraggiunta, i vapori domano la siccità , con timore si bisbiglia nella fonte della vita. La luce è uno stimolo che ti offro amando.  Ritorno nel parco dove tutto è  cominciato. Il giorno scolpisce le sue creature, le scaglia nella mia mente, flussi di polveri risalgono la crosta, compongono le offerte. Quando mi prenderai vedrai il vetro  fondere, sciogliersi nel ghiaccio della notte alpina dove dormo rappreso in un crepaccio argentato. Le stelle intessono una breve pausa, poi lo stimolo alla luce ripercorre la sua vita,  sceglie le tinte del giorno, giunge infine fra le mani inerti. Zanne  furtive si affacciano sul fiume. Sono tornati gli aironi. L’acqua scorre su un letto denso di rubini invisibili. Sei arrivata.

 

Nascenti

Le luci si assecondano fino a incontrarsi nei vortici reticolari , loro nutrimento. Nell’alveo dei cuori , palpitano gli abbracci  lagunari,  le voci delle luci non mentono, diventano lo scroscio  di migliaia di vite incandescenti, silenziose, con lento movimento si addensano  nel palmo di  un inverno, il vento le sospinge come bruma  indicibile, sfiorando  la profondità  sorridente. La tranquillità  dell’orizzonte si ferma nel gesto  non voluto,  molti esseri si scompongono nelle fonti dense di acque,  odore intenso di legno, una promessa germoglia travolgente, i cuori riappaiono, frammenti di voli radenti sul bordo degli oceani sommersi, nubi magnetiche trascinano i germogli , risalgono  la tempesta, inghiottono le promesse . I sorrisi emergono, estranei alla complicità sfaldano le nature. Il volo si libera di ogni abbraccio, prende le correnti, le risale, traccia dei fremiti irriconoscibili, porge l’adagiarsi nella penombra, l’estate brucia i suoi occhi, infine dona, sospinge la vita in altri luoghi, più rapidi del decidere, le braccia si liberano in un'altra aria. Il respiro ora conduce vicino al cuore. Mani intrappolano costole, muscoli duttili attraggono tendini  intrisi di spinte invisibili. Onde marine si svuotano di ogni attrazione, le  ali avvolgono le profondità, colgono il precipitare di un soffio e lo sospingono  fra la brina  indurita di un inverno maturo, seduto sulle ginocchia del suo compagno mentre franano nella vita, fioriscono, nutrono i pori di stelle nascenti.

 

 

Privacy

La natura nella quale tutti noi viviamo può essere narrata mediante  il processo del funzionamento di svariate dinamiche, siano gli elementi costitutivi del cosmo di origine induista e pre-induista, sia la dinamica yin-yang,o altre. Quelle narrazioni spiegano l’apparire e il funzionare del cosmo ordinario, della natura, di ciò che sembra persistere in dimensioni spazio temporali  egoiche, tanto che si tratti di ego umani o di altri esseri. Gli elementi e le energie presenti in quelle narrazioni trovano il loro senso appropriato solo se vissute assieme al riassorbimento, altrimenti esse appaiano simili a realtà  ineluttabili e indipendenti, mentre solo se vissute in concomitanza al riassorbimento si può percepire, e lo si dice in modo esclusivamente evocativo, quanto quelle dinamiche non siano che manifestazioni prive di un effettivo agire intrinseco. Intanto quelle dinamiche si manifestano e attraverso esse appaiono infiniti esseri di cui noi esseri umani, ne siamo coscienti solo in minima parte.  Diventare percettivamente consapevoli di entità normalmente ignote nella vita ordinaria non dovrebbe essere vissuto come qualcosa di anormale né “ psichico” né particolarmente spirituale. Tutto  ciò che appare è inevitabilmente legato ad una condizione egoica del manifestarsi, gli ego possono effettivamente comunicare fra loro e percepirsi reciprocamente oltre i limiti dell’ordinario o per attitudine naturale, quello che viene di solito chiamato karma, o perché una consapevole  sostanziale riduzione, se non neutralizzazione, del condizionamento egoico permette l’accesso ad un ampio percepire. In entrambi i casi non si esperimenta niente di anormale o deviante o particolarmente notevole. Ciò che conta  è percepire a più riprese il riassorbimento assieme al manifestarsi. Non esiste una percezione del riassorbimento pura, essenziata e perfetta. Il manifestarsi del riassorbimento – o non manifestarsi che dir si voglia- e delle infinite tendenze del manifestarsi, si verifica in infiniti modi e  circostanze. Le manifestazioni e il riassorbimento sono incredibilmente intrecciati fra loro, non se ne riconosce la differenza . E’ su tale intreccio che si fonda l’esperienza dell’amore, l’ impossibilità di canonizzare forme e regole dell’amore e del percepire, la necessità di una grande serietà nell’affrontare il proprio cammino nel mondo della percezione cercando di non intrattenersi troppo con le emozioni di estasi, stupore e ansia di ridefinizioni narrative del proprio supposto sapere ogniqualvolta si intuisce qualcosa di nuovo. Piuttosto bisogna essere capaci di percepire le altre entità che appaiono via via che l’ego si tranquillizza senza ricondurre quel percepire a dinamiche ordinarie egoiche, eccetto nei casi in cui quel ricondurre si manifesti come qualcosa di inevitabile. Bisogna tanto rendersi  conto della immensità della dimensione egoica e di tutto ciò che vi è coinvolto quanto del fatto che l’agire egoico unito al manifestarsi del riassorbimento costituiscono  il sensibile e non altro.

Via via che il riassorbimento e le manifestazioni appaiono non bisogna esitare, non c’è niente di negativo a vivere la propria umanità e l’altrui egoicità, ad entrambi sono inestricabilmente avviluppate le presenze del riassorbimento e di infinite altre tendenze che lentamente mostrano il proprio senso.

 

Oltre il respiro

A volte  la vita si precipita nelle membra, non ascolta la mente, si dirige con sicurezza ovunque il vento del mattino, freddo e amorevole, la conduca. Nel silenzio dell’agire la mente osserva, tranquilla, vede altre intelligenze brillare laddove pensava non esistesse che insensibilità, mentre l’unica insensibilità era la propria. La mente osserva e impara in fretta, in silenzio si ritira, lascia allo scorrere delle correnti  la presenza che sembra far nascere l’amore dal nulla. Le membra si tuffano negli alberi densi di nuvole orientate da una brezza in espansione, che precede e descrive ogni gesto. Ma sono solo semplici e docili membra, più vive del sole, risplendenti di stelle, attratte dalla pienezza delle oscurità. Ci si adagia nel respiro, la vita evapora fra i fremiti della natura la mente capisce, non può dir nulla, e così ti scrivo.

 

Ancora natura

Scorrono le correnti fino a sciogliersi del tutto mentre io osservo, mangio, vivo, salto. Le correnti non meditano, vivono di un qualche apparente agire, nell’agire inseguono sempre una qualche tendenza del manifestarsi, infine la manifestazione osserva me_io_lei osservo, l’intensità  precede ogni corrente mentre le stesse correnti scorrono.


Esiste una sorta di via esplicita, che non è né mentale né fisica, piuttosto si svolge in un continuo manifestarsi slegato da ogni decisione di meditazione o percezione-volontà di percezione profonda. E’ la vita, la vita non scelta, la vita costituita da  manifestazioni non connesse al divenire ma connesse sia al vivere sia  ad una intensità crescente a tal punto da precedere il vivere stesso. Le manifestazioni precedono il vivere, per questa ragione si dice che le manifestazioni non sono un divenire, ovvero le manifestazioni non si susseguono, non sono composte di processi mentali e fisici.
Eppure per poter accedere al vivere non mentale e non fisico bisogna poter ricongiungersi con la natura e liberarsi dall’habitat fisico e mentale  di cui è intessuta la vita ordinaria. Chiunque avverta il bisogna di ridurre o eliminare le enormi  manipolazioni cui l’habitat mentale e fisico della vita ordinaria sottopone l’essere umano, trovi la propria via alla liberazione. La difficoltà nell’operare quella liberazione si ha poiché l’habitat della vita ordinaria è un luogo naturale, per quanto strano e doloroso esso possa apparire, esso è tanto naturale quanto la natura stessa con la quale si tenta di ricongiungersi. Tuttavia non esistono due nature contemporaneamente né si può sostenerne l’unicità della natura senza piombare nel paradosso. L’interesse primario non è nella definizione di cosa sia la vera natura  ma di avere una sorta di intuito di ciò di cui liberarsi  e di ciò verso cui tendere, un intuito che ognuno può scoprire per proprio conto, visto che nessun altro ce ne può far dono. L’intuizione indica un’attitudine non concentrata sulla definizione di singoli concetti o passaggi percettivi .

Le manifestazioni  allo stesso tempo sono  vita e consapevolezza intense. Le manifestazioni sono il segnale evidente del ricongiungimento alla natura,  possono dare la strana sensazione di essere visti in ciò che si fa dalla vita stessa, si tratta di manifestazioni non presenti in stati volutamente mentali o meditativi.

Non insisterò mai abbastanza  su quanto il naturale habitat urbano  isoli l’essere umano i una micronatura completamente scissa  e opposta dalla natura cui si tenta di ricongiungersi. Ma anche vivere vicini in campagna mentalmente e fisicamente scissi e immersi  in ossessioni socio-individuali  tipicamente umane non è di nessun vantaggio. La natura non si trova nelle nostre menti e nei nostri corpi ordinari e tanto meno nei corpi e nelle menti urbanizzate e socializzate.

 

Il cuore nel sole

Il cuore naviga nel sole, lembi di pietra assorbono, fugge un insetto, divertito dal nuovo ostacolo. Si aprono numerose crepe nei cieli, sotto la pelle, fra turbolenze muschiate. Tu arrivi e osservi, attendi un tentativo di fuga, una lacrima, una crepa, unica e definitiva. Si raccoglie l’estate, torrenti di calore irrorano  gli spazi interni, le mani afferrano nuove carni amiche,  trascinano, furtive, i baci dell’inverno. Nel  cielo un fuoco, una stella. Nessun dolore ad attendermi.
Ora decidi di farmi compagnia, vicino al caminetto, mani palmate, nude d’affetto, tracciano domande , decidono le accuse, così intensamente volute contro di me. Le onde dell’oceano gonfiano le fiamme del caminetto, cancellano la via per la palude, la pelle scivola lontana in cerca di altri rettili. Gli abbracci non tardano  a venire, saltano lungo la banchigia  fra i resti dei coralli, bassa marea sferza l‘orizzonte, le candele si uniscono nello scroscio del tempo, ti ho preso, non ho trovato che luce.

 

 

Sorrisi

So che ci sei, dispersa fra i vortici delle betulle, fiori ovunque, onde  intrise di petali lambiscono l’aria, impossibile, già estinta. Il tuo contatto mi trova pronto,  immersi in correnti di limo gorgogliante, attimi  sbocciano nel tempo, trovano lo slancio di consumare ogni attesa. Oltre il sorriso delle primavere si vive non visti.

 

 

Calore

Aria disinvolta avvolge le montagne, cibo  diluito cola lungo i fianchi, fonti rigogliose trasudano nel ventre, flutti primaverili s’infrangono  nella mente, cancellano contorni, sprofondano esistenze protette. Nel liquame all’orizzonte si annida un frugale umore, arranca la spirale di pelle sul mio collo, il respiro, sciolto il legame, cade nel gelo, nell’ amore. Sul volto le vie s’incrociano, annodano la scelta, il ricordo  denso di terra, di odori, di ricatti. La membrana apre un’altra via, inghiotte gli ostacoli, si attorciglia ai rivoli di sudore,  risolve l’attesa, svuota la sua posizione, ne coglie i frutti. Ora i fiori fluiscono negli oceani, giungono dagli oceani, sbattono sulle spiagge, nutrono, scindono il calore in respiro arboreo, planano nel vento, si lasciano dissolvere.

 

 

Di giorno

Tramonto, sole , raggi, resa, andare, confini, violare, salare, abbracciare, anno dopo anno, misura, affondare, entusiasmo, correre, ancora abbracciare, nutrimento,  nuoto, palude solare, ottenere , trasparenza gelida, riconoscere, saluto, braccia morbide, polmoni lunari, stelle germogli, mano afferrare, veloce rivolo, salire nel cuore, trattenere, cuore dopo cuore, giungere, nel palmo  di un volto, lembo, tremolio , brezza, riuscita, accarezzare le pelli, morbidi animali, piegarsi, incontrati

 

Manifestiamoci

L’essere umano è una manifestazione di chiusura, di separazione, di non comunicazione, di isolamento. Il compito , involontario , dell’essere umano,  è portare a termine quella manifestazione,  consumare ogni chiusura, ripristinare una  semplice e libera connessione fra ogni manifestazione. Tale ripristino conduce all’inevitabile dissolvimento della manifestazione dell’essere umano, dissolvimento  che non ha niente a che fare con i processi di nascita e di morte ben noti agli umani.
Il mondo umano, la natura come appare all’essere umano, il cosmo stesso in cui si crede normalmente di esistere, non sono che manifestazioni della chiusura  e debole connessione con altre manifestazioni  cui si è sottoposti. La chiusura , come manifestazione, non è un destino immutabile, ma una manifestazione  momentanea, precisa e non casuale che se connessa senza ostacoli ad altre manifestazioni, perde la sua funzione di isolamento percettivo. L’essere umano si genera solo all’interno di un notevole isolamento percettivo, dissolvere quell’isolamento implica il dissolvimento della manifestazione umana stessa.

NOTA: le leggi della fisica attuale sono leggi che commentano, testimoniano, prolungano, la chiusura percettiva della manifestazione umana stessa, sono leggi che descrivono un certo modo di apparire di una certa percezione, non si rivolgono a una reale entità fisica. Le manifestazioni, per quanto non siano soggette ad alcuna legge, sono le uniche “ realtà fisiche “ disponibili per qualche attimo, sempre  che si accetti di attribuire il termine realtà a qualcosa che reale non è. Le leggi della fisica sono progettate all’interno di strutture di riferimento concettuali ed empiriche – il linguaggio simbolico matematico, le macchine e gli utensili utilizzati negli esperimenti scientifici – che, in se stesse, non conoscono alcuna forma di dissoluzione e inglobano al loro interno una notevole energia di resistenza alla propria dissoluzione.

 La “realtà fisica”  delle manifestazioni non prevede alcuna  eternizzazione per alcuna manifestazione, quindi il perdurare della struttura di chiusura in cui si esiste come umani è un apparire al quale ci si può effettivamente sottrarre. Viceversa non è possibile sottrarsi all’esplicitarsi della manifestazione di chiusura stessa la quale, tuttavia, può svolgersi senza coinvolgere  in modo duraturo il proprio apparire. L’apparire appartiene alla percezione del manifestarsi e fa parte della manifestazione di chiusura stessa, ma allo stesso tempo, fa parte di quella anche il dissolvimento della manifestazione di chiusura, la rapida connessione ad alle altre manifestazioni e ad ulteriori dissolvimenti. L’affermazione della “ realtà fisica “ delle manifestazione con tutti i se e i ma sopra indicati nella Nota, vuole significare che esistono molti modi, circostanze , mediante i quali accorgersi del dissolvimento e del proprio dissolvimento. Il dissolvimento si annida all’interno di fenomeni che sembrano tanto fisici quanto spirituali al tempo stesso. Una precisa definizione di quei fenomeni  è impossibile, si tratta  di manifestazioni che sembrano unire tra di loro diverse manifestazioni, oppure fra il manifestarsi con il dissolversi delle manifestazioni stesse. Le manifestazioni non vanno temute né venerate.

 

 

Ancora manifestazione

A volte le manifestazioni sembrano essere gli elementi fondamentali  dell’esistente. In realtà  con il termine manifestazione si tenta semplicemente di evocare un percepire  che non analizzi né  sintetizzi ciò che appare e nel far ciò si scopre  che il manifestarsi stesso rivela sensatezze insperate. D’altra parte non si sta nemmeno dicendo che  basta attendere che percezioni di sensatezze si manifestino da soli.. Le manifestazioni si rivelano in modo indipendente tanto dalla propria volontà di agire che da quella di non agire. Il termine manifestazione può eventualmente essere d’aiuto a non utilizzare delle spiegazioni e riduzioni concettuali della percezione come sistematiche ed uniche interpretazioni della realtà. Per esempio affermare che sia il gioco degli elementi fondamentali a tessere la realtà è scorretto, gli elementi fondamentali sono  concetti che tentano di spiegare il senso del manifestarsi, ma loro stessi non contengono che un lontano ricordo ed eco delle manifestazioni che avrebbero dovuto generare, altre manifestazioni. Quell’eco è davvero troppo debole per comunicare in che senso si possa affermare che una manifestazione possa essere l’elemento costitutivo e generante di altre manifestazioni. Il concetto di elemento è utile per qualche dinamica personale e per scopi medici, ma non va usato altrimenti. Quando le sensazioni, le emozioni, i desideri, i pensieri e  le memorie cessano in qualche modo di elidersi e cominciano ad integrarsi, connettersi – non ad unirsi, allora  le manifestazioni appaiono.

 

Manifestazione

Quel che veramente segna un mutamento nel percepire, è la percezione sempre più netta e sempre meno dipendente dal proprio volere, di quanto sia incredibilmente animato  qualsiasi micro e macro elemento che appare e, al tempo stesso, come questa moltitudine animata sia in costante dissolvimento. Con i termini elemento  e il termine manifestazione si tenta di indicare   delle entità animate . L’entità animata è al tempo stesso elemento e manifestazione  e dissolvimento ma cosa ciò significhi può essere compreso solo se vissuto essendo al tempo stesso elemento, manifestazione e dissolvimento.

 

Dall’interno

Non c’è più acqua, non c’è più terra, non c’è più ira,  i tuoi richiami si sono persi, fate presto, è giunta la fine, non tremare per il freddo,  il calore prendilo dal cuore, la via che si apre nello stomaco, traccia d’amore nei tuoi capelli. Vedo i palpiti rinforzare i richiami, l’acqua fugge da qui, l’aria si scaglia contro le mie dita, afferro il colore dei  tuoi ricordi, non ti trovo più, si è  sciolta, mi ha abbandonato. Il vento crepita di rimorsi, risale la gola, la strozza di sale, attorno i diserti gelati chiudono la morsa, i sassi masticano carne, nessuna rete. Mi afferrano, la luce  oscura, prosciuga, li aiuta a strapparmi, posso udire i loro fremiti, sono qui da sempre, ora la palude luminosa li sommerge, ogni istante un nuovo mattino. Insieme cantano il tuono, sono moltissimi. Non dubitare.

 

 

Nei pressi

Ciò che è animato non può essere domato, non può essere comunicato. E’ ciò che è animato che comunica, mentre è la propria illusione che crede di saper ascoltare. Ciò che è animato si manifesta con estrema abbondanza, in quella  abbondanza si trovano le vie, le tecniche apparenti a cui si desidera star vicino, perché arricchiscono senza farsi riconoscere e si muta, nel proprio composto silenzio.

 

 

Membra

Il sole arriva, plana fra gli scrosci di vegetazione, la melma si adagia sui fondali, nutre vite incolori e tese. Il calore si espande dal fondo, coglie i frutti insabbiati, riprende un tragitto  intessuto di vortici. La melodia delle correnti composte ai stringe  in luoghi maturi, brevi scossoni plasmano  innumerevoli cuori, turbini evanescenti  collocano l’invisibile nei propri ventri, si sfalda il fondale, la melma pulsante galleggia in se stessa.. L’entusiasmo dei primi insetti scivola nelle comete,  l’acqua di addensa nei cuori dei pianeti, compone lo spazio, trasmette le sue sorgenti nella quiete di un insolito mattino. Avvolto  nel contatto, la pelle vibra, risuona del suo contenuto, preme per aprirsi i varchi in cui respirare. Il mondo la bacia, nel bacio l’amore si afforza, si sostituisce alla pelle, un’altra sostanza agisce, in altri luoghi, con lo stesso amore. Le fonti innumerevoli, appesantiscono le membra illuminate. Il suolo cede, la trasparenza del volo è semplicemente viva, fluttua al di fuori dei vortici, con decisione non dura nel tempo.

 

Disanimarsi
Animarsi,  ritrovarsi altrimenti fatto, altri luoghi  circolano in altri corpi, con tale rapidità, qualcosa di diverso dalla stessa velocità. Le parti si integrano ma quel che appare non è il loro insieme, integrazione è diventare altro con continuità mentre tutto fa credere nella discontinuità, la pesantezza si perde, la sua presenza non vincola, pulsazioni ovunque, emersione, la luce cessa di nascondere, la trasparenza scorre oltre la luce e l’ombra.

Nella quotidianità l’integrazione è estremamente limitata, quasi assente. Nell’assenza di integrazione si agglomerano l’individualità, l’involucro. L’assenza d’integrazione è la nostra condizione fisica, la scarsa integrazione è un fattore fondante per l’essere umano e si rispecchia nella struttura fisiologica umana. Ogni incremento  di non-integrazione contribuisce ad un aumento di sofferenza e di incoscienza nella propria vita.  L’incoscienza, ovvero la debolissima percettività  ha una struttura fisiologica, condiziona ogni aspetto fisiologico, provoca la strutturazione fisiologica di profonde forme di sofferenza e debolezza.
La società è costruita dalla limitata percezione, la stessa  determina la struttura invisibile dei saperi umani.
Purtroppo un percepire integrato, dal punto di vista del normale buon senso, non risulta sembrare migliore, più intelligente o illuminato o utile di un agire normalmente limitato e limitante. In particolare l’agire che scaturisce dalla percezione integrata può spesso risultare inutile, addirittura dannosa dal punto di vista di un percepire molto debolmente integrato.

 

Nell’aria

Nel cuore si apre la corrente, aria dissolve il petto , aria liquida avvolge i vortici, la nuvola si schiera nel vento, la schiena si gonfia, le ali strappano la pelle che le lega, il volo si assorbe, morbido, tenace. Tessuti di impulsi si avvolgono in organismi momentanei, dischiudono le membra, conducono  e risalgono le immagini, le luci restano indietro nella corsa, getti di amore attraggono senza legami, dimorano in una vegetazione sommersa nei turbini precedendo la vita, prima della vita un’animazione bruciante traccia vortici di tensioni. Mi volto e non vedo che immagini fuori posto, i colori si catturano l’uno con l’altro per restituirmi  una cecità come fonte, come sfida. Il cuore si ricompone nella sabbia, tubature ricolme di affetto sorseggiano il sangue, ripetono filamenti tesi di sorriso, labbra inesistenti richiamano, è ora di destarsi senza complicità.

 

Animazione insolita

Le………cose si spiegano quando si animano e spesso quel che si anima, sembrava essere qualcosa di invisibile ed inesistente prima che …e poi quando siamo noi stessi che, come dire, ci rianimiamo,  allora l’incredibile  acquista anche qualcosa di intimo, personale ed estraneo. Prima dell’animarsi si propone l’abituale divario  fra conoscenza e percezione con la seconda che da sempre ha la peggio. L’animazione elude  tanto il percepire che il conoscere e pertanto non può essere insegnata. I tesori in cui ci si imbatte però lasciano tracce ovunque, soprattutto per coloro che non si lasciano imbrigliare dalle regole in cui vengono intrappolate i termini emozioni, mente, materia, spirito. Quando un punto del proprio corpo rivela l’animazione molto si spiega in un solo attimo senza tempo, ma qualsiasi punto, qualsiasi luogo, è già animato. Muoversi fra le animazioni senza essere un neofita entusiasta. Di fatto l’animazione restituisce all’anonimato……inoltre incontrare l’animazione permette di sentire con precisione come e perché il mondo in cui ci colloca la percezione ordinaria può diventare benefico.

Prima, dopo

E’ reale perché si dissolve, ciò che si dissolve genera le realtà che si dissolve mentre genera le realtà. La realtà che si dissolve mentre genera la realtà, effettivamente è il riassorbimento che riassorbendosi espande   praterie di realtà dissolventi, qui ora, per sempre. Prima d’ogni prima, dopo di ogni dopo. L’uno senza l’altro non esistono, non sono comprensibili, non sono due, non sono uno né zero. Se si crede  nell’apparizione di uno allora cessa il manifestarsi dell’altro, quando si manifestano entrambi non c’è nessun presente e nessun testimone.

Durante il riassorbimento e nel riassorbimento stesso si animano alcune realtà, diventano attive le visioni di altre realtà, quel diventare attive, mediato dalle visioni, rappresenta una emissione di realtà. Non bisogna mai scordarsi che si parla per entità dotate di ego, altre entità non conoscono né emissione né riassorbimento, sono oltre il livello delle definizioni, livello nel quale ci si muove ora. Le animazioni sono animate per entità individuali ed individuabili. Il riassorbimento rende animato  l’habitat di una entità individuale in modo tale che quell’animazione, nel suo complesso, dissolve l’individualità, non solo la propria, fino al punto in cui si può dire che una individualità è presente ma non individua più nulla. La presenza non si cancella, il riassorbimento non cancella le presenze. Ovviamente le presenze sono non esistenti e neppure il riassorbimento esiste in sé. L’esistenza è il metro di misura dell’individualizzabile, altrove non si ha esistenza. L’altrove è fatto di evocazione fin quando se ne parla, quando l’altrove si anima non se ne parla più.

Due fatti

Due fatti hanno sempre creato problemi di comunicazione nell’ambito del riassorbimento, della “ illuminazione”, della meditazione mistica. Il primo  fatto , perdonate il pessimo italiano ma almeno è un italiano comunicabile, è che le parole, in questo ambito, hanno esclusivamente un significato  evocativo che non può essere canonizzato, fissato. Il secondo fatto è che il riassorbimento e tutte le sue implicazioni, se si attuano, sono costituiti di un vero percepire fisico, rivelano entità e cosmi fisici anche se questa fisicità non è presenza fisica, il riassorbimento non è dotato di alcuna fisicità.

 

Persistenza

La sua scomparsa precede addirittura la genesi perché esso non ama giocare, perché amare è libertà, è liberazione. Parlare degli infiniti stati in ci  si può trovare…. non ha molta importanza. Basta sentire che vita e morte sono sempre mischiate, sono determinate dal modo in cui sono emesse  le manifestazioni . Quel modo è una infinità di modi ed è in quella infinità  che si forma una percezione conservativa come quella umana - e non solo quella  umana. Il modo in cui si è animati non è unico nelle sue forme, nel suo volere, nelle sue manifestazioni. Non è nemmeno un modo o molti modi diversi,  la sua  esistenza come si è già detto, è indistinguibile dal riassorbimento. Fermare il tempo e lo spazio in un ambiente privo di riassorbimento è una delle principali attività umane. In quell’arresto non c’è volontà, ma molti impulsi possono spingere a rifiutare e, successivamente, a non vedere, la realtà di quella conservazione. I molteplici altri esseri visibili e invisibili che ci circondano hanno la stessa nostra sorte, o sono intrappolati in un’apparente blocco percettivo o non sono vincolati, quindi non credono di essere degli esseri, non esistono e non se ne può parlare. La natura è un impressionante esempio di integrazione di reti percettive che attende di essere disvelato da chiunque sia, per natura, apparentemente intrappolato in un singolo gruppo di reti. Non è certo creando altre forme o altri saperi che si attivano le reti, la via è scritta nel proprio vastissimo corpo, prima o poi si aprirà, ma non del tutto da sola. L’oggettualità creata dagli umani obbliga gruppi percettivi simili a  noi, quelli che noi chiamiamo esseri quando sono visibili, a rimanere ulteriormente bloccati in forme non integrate nella natura , il che genera una miriade di entità  la cui integrazione con le reti percettive è estremamente dolorosa. La generazione del dolore, nella natura, è un preciso indicatore della debolezza percettiva di un essere e, d’altra parte, la debolezza non è che l’inizio del percepire, l’inevitabilità del percepire.

 

Vento

Il vento si prende la sua rivincita. Mi mangia le ginocchia, s’innesta nel cuore, conduce le membra in un volo senza forma, nello slancio la luce si sfalda dai fianchi, lembi di cielo si aprono cessando l’oscurità, il vento trascina il suo silenzio lontano da ogni testimone, ripete le sue membra nelle mie intimità, canta, battiti di mani mi sollevano da terra, mi slanciano lontano, credo in uno sguardo senza occhi. Il tocco si concentra, il peso del contatto vibra, mi disperde nella corsa fra gli immensi cristalli emergenti dall’attrito, alberi di vetro mi abbracciano distruggendomi, un’unica linfa impudica squarcia il cuore, solo allora il vento mi osserva.

 

Percezione determinante

Quando la percezione si anima, il percepito diventa una entità vivente, in quel vivente succede qualcosa, il vivere si integra nella natura, apprende il riassorbimento. Se la percezione non si anima, essa si attiva nella creazione di stati percettivi-fisici non integrati nella natura. Non si tratta di un’attività contro-natura  ma si assiste alla esistenza di stati della natura non integrati nella natura. Prima o poi la percezione  si espande negli stati integrati della natura e giunge l’animazione. L’animazione è la condizione in cui risulta manifesta la compresenza del riassorbimento e della natura senza l’intervento di alcuna unità. Quella compresenza non è una relazione, è un’animazione. La percezione non integrata crea realtà fisiche ed oggettuali sofferenti, incapaci di percepire chiaramente  qualcosa di diverso da altre percezioni non integrate. L’utilità delle percezioni non integrate è solo apparente.
Accedere stabilmente all’animazione, conduce al completo sovvertimento dello stato fisico determinato dalla percezione non integrata. La percezione non integrata è un agire profondamente condizionante, apparentemente potentissimo. Ogni percezione anche se illusoria, determina stati fisici.

 

Fonti

Le fonti seguono un cammino costituito da fiumi avviluppati fra loro,  si muovono nei lampi di luce incolore nei quali avvolgono consumando ogni forma di pesantezza. Innumerevoli centri sovrapposti fluttuano con precisione, gli alberi entrano in quelle fonti senza difficoltà, incontrando gli alberi  si entra in quelle fonti,

 

Integrarsi ancora

Si possono percepire entro il campo d’esistenza dell’involucro le correnti che si integrano nella natura e le correnti che non si integrano nella natura. Gli eventi naturali vengono percepiti come integrati solo quando la percezione delle dinamiche interne all’involucro cessa di operare e viene sostituita da un progressivo sprofondamento all’interno del vivente di cui se ne tocca e vive direttamente la vita-riassorbimento. Quando si sprofonda nel vivente, le dinamiche che appaiono nella natura ordinaria appaiono come manifestazioni animate prive di dinamiche. Le percezioni ordinarie che non possono integrarsi nella natura, restano all’interno della percezione ordinaria e dell’involucro, sembrano come isolate da una sottile ma robusta membrana -  epidermide - dalla percezione integrata.
Ciò che resiste all’integrazione nella natura come le  produzioni del sapere umano e della  società umana, utilizza automaticamente gli elementi dinamici che animano l’involucro in modo da impedire il corretto funzionamento del dinamismo stesso. Gli elementi dinamici agenti la natura sono entità  solo apparentemente diversificate che generano altre entità per poi riassorbirsi, incessantemente. Nella percezione non integrata della natura le entità che appaiono sembrano realmente diverse e non vi è alcun sentore della percezione di riassorbimento. In tali condizioni la percezione è intrappolata il un loop di sensata insensatezza, o viceversa.

E’ molto sottile e difficile da indicare la differenza fra la percezione integrata della natura e  quella non integrata: nella prima le entità appaiono, vengono percepite, ma non se ne percepisce la realtà e si procede oltre, nella seconda ciò che appare coincide col reale, non esiste alcun oltre. Quanto detto non ha che un senso evocativo.

 

Automatismi

Ci sono vicende con le quali non è piacevole fare i conti. La percezione non è mai illusoria, la percezione del mondo ordinario, come del resto anche la mente e il sentimento, indicano il proprio destino. Nessuno sa perché chi crea il proprio destino prima del proprio apparire, qualsiasi sicurezza su quell’apparire è infondata e viene prodotta utilizzando le dinamiche interpretative della natura come se fossero fattori ontologici. La propria apparizione fa parte degl’innumerevoli automatismi che appaiono come dati non scelti dell’esistenza. Percepire in modo integrato vuol dire non ritenere un automatismo reale, non ritenerlo e non percepirlo come reale.
Che gli automatismi agiscano  come pacifiche apparizioni! -almeno fin quando il loro stesso automatismo non si integri, ben oltre il livello dell’involucro, con la natura, in profondità e oltre.
L’automatismo, ovvero l’inspiegabilità dell’apparire ordinario, rende ogni discorso sin qui condotto drammaticamente circolare,  la circolarità si spezza quando l’automatismo si integra.

 

Collasso

Quando la percezione  si integra nella natura, le entità che appaiono non vengono ritenute reali, anche se non giudicate illusorie. A un certo punto la percezione integrata spontaneamente collassa in se stessa, “ collassare “ è parte del suo modo di agire. Le entità e le percezioni si addensano, con esse si addensa il proprio se, le dinamiche interpretative della realtà ordinaria perdono di senso. L’involucro collassando si addensa, ovvero si apre, fiorisce in una miriade di esistenze-non esistenze, la presenza nella dimensione ordinaria continua a svolgersi, al posto delle dinamiche interpretative si percepiscono le modificazioni che ogni accenno di esistenza provoca. Ogni modificazione appare come una nuova entità, l’entità appare decisamente più intensa di qualsiasi dinamica, ancora una volta l’intensità precede l’interpretazione, ma l’intensità si anima collassando oltre e assieme la percezione integrata .

Le dinamiche interpretative si fondano, tutte nessuna esclusa,  sull’intuizione-concetto che un gruppo di eventi, fatti, esistenze, ne genera altri, simili o diversi ma prevedibili se il gruppo di eventi iniziale è noto nei dettagli. Le dinamiche interpretative si fondano su una conoscenza che  è o rivelata o acquisita tramite ulteriori dinamiche interpretative come nel caso della scienza. Dal punto di vista della percezione profonda, tanto la conoscenza rivelata che quella scientifica risultano essere estremamente tautologiche, ovvero esse sembrano essere una tipica narrazione compiuta dalla percezione ordinaria che parte dalla chiusura della percezione non integrata ordinaria e termina nella stessa. Le descrizioni operate all’interno della percezione ordinaria possono essere indubbiamente utili nella vita ordinaria ma in quella esauriscono il loro operare. La percezione che si integra nella natura, la percezione profonda e oltre, non fornisce niente di utile per la vita ordinaria.

 

Passaggi

Si diffonde con lentezza, sciogliendo un’efficienza nota , per generare nuove condizioni di slancio, nuovi climi, nuovi luoghi in cui pulsazioni e respiri inglobano il corpo, poi si muovono senza apparire. Il corpo si modifica senza saperlo, il vento prende nuove vie, massaggia le profondità, da solo, allena un nuovo corpo del tutto integrato, completamente osmotico, fatto di guizzi ed espansioni. Le braccia, le mani, lo incontrano, vi si siedono all’interno, nutrono gli impulsi di molti cuori,  ogni  gesto, ogni cellula vibra Natura fluttuante ruota in strati multicolori attorno ad alcune creature slanciate, si aprono dei paesaggi composti unicamente di intensità. Le pressioni variano, così il tempo muta e perde il suo senso L’imprevisto si fa strada.

 

Inondazioni silenziose

Inondazioni coprono col suono getti ombratili nascenti, rivolti a loro , concentrati in mille spinte, l’acqua torna  nei suoi luoghi, placa la palude. Gli alberi piegano la nebbia,  ogni mattina disseminata di ghiacci, la vista assorbita nei voli, la luce scivola via dall’anima. Ritorno. Calore e notti, tempo di adagiarsi nel moto, membrane di vapore plasmano il futuro, si riassorbono oltre il cuore.

A volte non ci sono parole, né suoni, né immagini. Innumerevoli intensità  sono presenti in modo indescrivibile, estremamente chiaro e dettagliato, si tace, nel tacere si diventa  intensità a patto che non lo sappia nessuno. Il silenzio non è legato all’assenza del suono Una lunga lista di descrizioni sembra apparire, ma neanche i paradossi sono d’aiuto. Ora le intensità  vivono, mentre si vive con gli altri e con se stessi

 

Spinte

La pressione interna diventa così elastica  e pulsante da spingermi oltre il mio stesso impeto. Sollevato dalla terra e dal cielo mi introduco  fra i polmoni fioriti di immensi ghiacciai coperti  di praterie acquatiche in cui vengo disciolto, del tutto privo di peso, non più presente a me stesso.

Il bosco freme, tremante, nella nebbia gelida striata di fiumi. GLI INSETTI AVVOLGONO LE  ENTRATE, MUTANO IL LORO CANTO IN SORRISI ANIMALESCHI, AFFERRANO CRISTALLI DI NEVE, SI SQUAGLIANO IN ALTI VORTICI. Sopraggiunge  il vento, quasi fuori luogo  nella secca sabbia invernale. Il volto non appare, membrane avvolgono il vento in molti corpi, le intenzioni di una nuova nascita s’intuiscono. Il sole batte su se stesso,  gas ferrosi planano, si nutrono di leggerezza, sbocciano i cuori, le membrane sprofondano, ventilano altre terre, attraggono una muta di esseri affamati.
Compaiono molte luci , la strada pulsa di un’insolita intensità,  si sfumano i contorni delle intenzioni, delle pulsazioni sono l’ultima testimonianza. Poi il  ritorno nel traffico caotico avvolto in una pelle tutta sua, lontano, isolato. L ‘ora della cena si avvicina.

 

Occhi leggeri

L’aria è la pelle del mio calore. Occhi leggeri ruotano lungo i confini, li cancellano, lasciano che i fiumi trasportino altrove le membra. La luce, sospinta dal vento, prende il colore della notte, abbraccia il collo, risale  le voragini silenziose, ripiega nelle radici delle comete. Qualcuno si divincola nell’orizzonte, prende la forma di un prato fiorito, popolato dalle elettroniche creature dell’alba. Si fa giorno, tace il concerto, le montagne vengono riassorbite da un canto preciso, il cuore ripopola gli ultimi attimi. Le spalle bruciano per la rapidità del passaggio. La curva sonora stinge l’acqua,  i cristalli si appoggiano nel ventre. Esplodono, ogni attimo.

 

Amici

Nei bagliori della pioggia si prosciuga la vita, una nota di amore spinge il torrente nelle profondità, l’attrazione  scivola sulla ghiaia rumorosa. L’impeto delle onde schiaccia i risvegli, la luce cosparge ogni corrente di lampi magnetici, il vortice di una vita si espande nella mente; sole dopo sole, le cascate di pioggia si riassorbono nel petto, fra le radici. La stanza si è affollata di dolori, pressioni, membra dorate. La neve crea l suo nido nel torpore estivo, Gli abbracci rispettano la violenza della pioggia, la brezza, il giorno dopo, riempie le immagini di gesti precisi che sfamano. In un balzo siamo lontani da ogni protezione, gli amici fluttuano oltre l’attesa, sono pronti.

 

La dispersione presente

Al momento è in atto un cataclisma silenzioso: almeno dalla fine di agosto 2011 le entità cosmico-climatiche  naturali non si manifestano più in successione  ma per lo più insieme, in modo turbolento, convulso. L’inverno si manifesta con l’estate, l’autunno e la primavera.  Queste entità climatiche si ostacolano con la semplice attiva reciproca compresenza, la loro compresenza genera entità visibili - ma per lo più invisibili-  che non dovrebbero essere presenti nella nostra realtà ordinaria, si tratta di entità particolarmente non integrabili nella natura. Il cosmo non è una entità che agisce in modo ciclico e da lontano sul pianeta, il termine cosmo indica un modo d’essere della realtà ordinaria qui nel presente, il nostro stesso manifestarsi è cosmo. Le entità cosmico-climatiche sono continuamente presenti, agiscono all’interno dei nostri involucri come in tutti gli involucri dei viventi.  L’apparente ciclicità delle forze climatiche  è il modo in cui si manifesta la circolazione di quelle forze all’interno degli involucri e fra gli involucri stessi. Quella circolazione è completamente integrata nell’apparente automatismo delle entità naturali.
Da secoli l’agire dell’essere umano corrode lentamente la “ salute” di quelle entità climatiche, ma dalla fine dell’agosto 2011 si è palesemente arrivato al punto di non ritorno in cui entità  spiacevoli per l’ambiente naturale ordinario sono state introdotte nella natura e vi rimarranno fin quando un intero  movimento cosmico  non sarà del tutto terminato. I movimenti cosmici sono l’espressione del tessuto circolatorio della Natura, sul piano ordinario l’esemplificazione di un completo movimento cosmico  può essere rappresentato dalla successione della nascita, della successiva esistenza e morte.
Per elementi spiacevoli  per la natura , s’intendono elementi che ostacolano la possibilità di integrazione reciproca delle entità. In questo caso le nuove entità prodotte dall’agire umano obbligano alla compresenza entità climatiche che non dovrebbero essere compresenti nello stesso tempo e in determinati luoghi. Con tale obbligo si decompongono gli automatismi naturali degli involucri provocando sofferenza, incoscienza, sensazione di insicurezza profonda, paura, debolezza fisica, in altre parole provocando l’annichilimento dei viventi la realtà ordinaria. Gli umani stanno generando quelle entità, non riconoscendole affatto o scambiandole per qualcos’altro.

 

Slancio

Il calore si addensa , ovunque, i piedi affondano nella terra battura, l’acqua  cola nel metallo profondo,  il vento è stanco, tace, rannicchiato nei cuori. Insorge il silenzio, breve estate incolore, ripete un sogno floreale, alberi spioventi  disegnano i tuoi contorni, le pulsazioni si riversano nei canali che creano, intensità tumultuose, cristalline, guizzano negli spasmi mentali, trasformano le membra in liquide prese, il dono vibrante di mille cuori spalancati.  La luce incolore infrange i silenzi,  si avvolge nella tensione dello spazio, lo contrae, lo inghiotte, fiorisce fra rocce innevate, morbide di lava siderale, ogni cristallo infrange il suo occhio, brilla  nella brezza emozionale, dal sapore del vento freddo, pieno di vita, pieno di promesse. Correre nella corteccia di molti cuori con pochi slanci,  scivolare lungo i propri dolori, i fianchi contorti generano pressioni primaverili, riassorbono le fonti, la schiena pulsa per il sudore perso, gioisce nel contorcersi, si scioglie in un contatto che la sorpassa, dimentica, rende devota ed incessante. Con un solo  gesto riesce a farsi  assorbire,  planare di sostanza in sostanza, uscire lontano dal sangue,  cadute lamellari tinteggiano sommersi baci  fra correnti implose, un unico testimone rotola nel vento, essiccato,  adagiato.

 

Getti di linfa

L’incontro si plasma  nella cute, rimuove gli ostacoli, il vento addensato nella torba mattutina avvolge i polpacci, il suolo ritma  il futuro ed inghiotte, osserva la fatica della stella. Alcuni organi si addensano  sulla cima delle montagne, improvvisate reti sanguigne  si radicano e fioriscono, con dolcezza, il gelo alpino ti osserva, ti ama, vola via in fretta, le radici attendono, mute nel cuore, hanno conquistato la presa. Il cuore viene sciolto nei loro sorrisi,  gli involucri si dischiudono ai fiumi, assorbiti dai ruscelli invernali, dorati e canditi di crepacci acquatici. Il passo  delle tensioni stellate produce le braccia che mi abbracciano, ognuna afferra e bacia in un luogo di tenerezza, poi le strade tornano ad essere liquide, dettagliate nel loro essere informi e vulnerabili. Il suono si è placato, i polpacci riposano a settentrione, pronti a calpestare una nuova provvida brina, il tuoni sono stati uditi, le turbolenze cantano  fra i getti di linfa.

 

Tensioni sospese

La corrente sospende il suo cuore, notte dopo notte incontra i cieli,

riposa nel tuo ventre e mangia, mangia amore mio e canta, tra le mani

appese al cuore, tuono dopo tuono .

La salvia fiorisce nel gelo, i miei denti sorridono di insolita materia,

il corpo si dibatte sulla battigia, calore imperfetto coglie le carezze,

ne assorbe l’ impeto,  riconosce il vento mentre affonda, ora punta i

 piedi, senza perderti, si riprende l’aria che ti aveva prestato,  ibrido

pomeriggio partorisce membra turchine

In ogni cascata brillano fronde decise a tutto. Radici  morbide

risalgono l’estinzione, il vapore che cedono colora ogni cenno,

un impercettibile mormorio indirizza il cuore nel nulla 

del mio impeto.  Scende nel torrente, le caviglie avviluppate

 nel fango nutriente, il sole decide la scomparsa, apprendo

un nuovo gesto, non ti perdo.

La pelle brilla nelle brezza estiva, il mare si posa sopra

i fianchi, sorseggia l’anima, gioca con i capelli, li scioglie e libera,

precipita negli abissi, conduce il nutrimento  in ogni cuore,

coglie l’esplosione  fra le chiome stellate, perde i lineamenti,

inghiotte la fonte, canta come una palude, corre  lungo le crepe,

oltre la sua profondità incontra l’attimo che lo perde

e congiunge, amore per amore, nessun luogo

in cui inabissarsi.

 

Valli compresse

L’intensità si è tesa, costruisce in un attimo la realtà, giunge con incoscienza a comprimermi il cuore, esce un fiume compresso, una vita turbolenta lo anima, poi lo dona  alle aperture.  La sua presenza circola nell’oscurità di valli assediate dalle luci organiche,  ogni impulso brilla con precisione, brilla di una tensione che precede la luce. Le forme  non appaiono, si manifestano nel corpo, si fanno strada fra le cellule, sospingono gli organi  lungo altre direzioni,  ogni manifestazione è una mutazione, le arterie fluttuano nelle densità di molti altre entità, diventano tracce di percezione più estese  del cosmo, per un attimo senza estasi. Dentro e fuori una giornata urbana, perché mi vuoi vicino.

Quel che esce afferra, stringe e vola via, traccia un orizzonte di epoche in cui le ombre sondano i propri impulsi. Scorrono gli umori ma perdono il proprio suono e il proprio colore, si avvicinano alla pressione decisiva, si rompe l’ultima membrana, le modulazioni mi abbandonano, le modulazioni si liberano di me, cessano il gioco della coscienza.

 

Implodere

Il calore non sopporta la presenza. Si dissipa, esce con fragore. Ultimi slanci amichevoli, poi la corsa diventa precipitosa, senza indumenti  risale le paludi, osserva le ultime nuvole implodere.

La giornata scorre avvolta dentro la sua guaina, appoggiata discretamente accanto alle altre correnti. Solo in apparenza il suo frastuono nasconde le  correnti. Con facilità le tensioni, i cuori simbiotici sovrapposti e molto altro compaiono senza assumere un aspetto . La giornata gode di proprietà completamente estranee alle correnti, la prima si vede, si tocca, ci nutre, la seconda – le correnti-  non è che presenza la cui estrema intensità non richiede né si tramuta necessariamente in tatto, senso od udito. A volte le intensità estreme e i modi di percepire della quotidianità  si fondono generando sensazioni molto suggestive. Ma non si tratta che di passaggi momentanei da non trattenere. Le intensità pulsano intensamente durante tutta la giornata e anche, e soprattutto. oltre la giornata. Presenze estremamente intense precedono  la comparsa del suono dei colori e delle qualità che scorrono nella quotidianità. Presenze estremamente intense non si espandono ma si contraggono, ovvero si riassorbono. Non esiste una opposizione fra le qualità percettive ordinarie del suono dell’udito e del tatto e le intensità  estreme non contenute nella quotidianità. Il loro fondersi non è solo suggestivo ma vitale ed integrante fin quando l’effetto membrana, involucro isolante, della percezione ordinaria,  non blocca l’integrazione e la vita ad essa connessa in qualche forma isolata in qualche particolare dimensione. Molte esistenze visibili e invisibili sono costrette, dalla qualità isolante del proprio percepire, a viversi esclusivamente isolate all’interno del proprie dimensionalità. Eppure quell’isolamento non è che apparenza, non è che una delle realtà fisiche viventi. La realtà effettiva di una apparenza di entità fisica è data dal processo di collassamento dell’apparenza di quella entità attraverso tutte le apparenze di  realtà fisiche manifestantesi. Il collassamento è l’effettivo svolgersi del riassorbimento, quindi non è spiegabile, l’apparenza  è al tempo stesso apparenza e realtà fisica via via manifestantesi. In effetti con queste parole sembra di giocare a dir tutto e l’incontrario di tutto, ma non è così. L’ evocazione aiuta ad accorgersi che la membrana isolante  della percezione ordinaria è del tutto permeabile.

 

Liquida animazione

Anche  se mi sembra di avere mani, braccia, gambe, schiena, testa, occhi,  sono un insieme di entità liquide tenute insieme da complessi sistemi di pressioni. Il liquido che io sono è generato da quelle stesse pressioni che uniscono e diffondono le parti di cui mi vedo composto.. Posso arrivare ad agire  sulle entità che sono tramite pressioni, se avverto con lucidità la natura delle pressioni, il loro integrarsi in me, nella natura e oltre. Lo hatha yoga sfrutta la consapevolezza della natura delle pressioni: le pressioni fisiche possono diventare istantaneamnere  liquide, magnetiche, animate e trasportare oltre la percezione ordinaria.  Qualsiasi minimo gesto apparentemente  fisico, emozionale o mentale è una modificazione della natura liquida  e animata che mi caratterizza.

 

Stupore

Il sole  assorbe il proprio suono , lo accoglie come un fiore, col ventre di cristallo, il cuore tappezzato di cannule frementi. Il sole, nel cuore, esplode nella quiete, trova senza cercare, ascolta il suono, lo riassorbe. Sulle montagne la neve si è sciolta, ma altra neve cola copiosa e brilla intensa. Quella neve rimodella le montagne , canta  con gli oceani espansi nell’atmosfera, il ghiaccio  guizza fra dita palmate, il petto s’infossa  in getti di liquidi ferrosi. Molti cuori si riassorbono, assumono vorticose generazioni la cui quiete sprofonda fra gli impulsi. Sulla superficie si increspa un tenue  liquido, il gesto affonda fino a immergersi in quel liquido, il gesto scorre veloce, assorbe  una pienezza pacifica.
Si attenua l’impeto dei gesti, le membra ricompongono le turbolenze, il ventre si compatta, uno slancio improvviso conduce fuori dal tempo La corrente incalza, spinge in luoghi estatici, ma ora l’estasi appare eccessiva e solida. La pressione aumenta, i cuori perdono il controllo e il ritmo, tutto pulsa e preme e spinge e guizza. Le guaine isolanti si sono completamente consumate, la pressione ha sottratto alla percezione  l’aoutomatismo della forma, così ogni minima intensità  è  anche luce ed oscurità…….in caduta libera.
Il movimento  spinge  fino al vento interno, dal proprio appoggio  il peso ruota, ruota e ruota, si dissemina  in una quantità di caduche curve, il vento si smonta, avvicina allo stupore

 

Senza controllo

I segnali  si frammentano, voci accurate richiamano i respiri, nelle vertebre si scioglie la vita, il ventre afferra i primi vortici, si osserva e, senza esitazione, si diventa umani. Il tocco della luce separa, un lembo incolore vibra, non avvolto dall’epidermide, emette senza protezione, prima di sorgere tra noi. Gli  abbracci fluttuano, sono pieni di gesti decisi ma privi di direzioni, svuotati d’ogni forza conducono interi processi in modo impalpabile Nel mondo della Natura le connessioni sono generative, si esplicano producendo  infinite entità che vengono chiamate energie, forze, desideri, emozioni. A un tratto un gesto naturale  si muove senza possedere più la propria direzione ed il proprio contesto. E’ questo particolare movimento  che si chiama muoversi al di fuori della guaina, non avvolto nella membrana, non controllato da alcun respiro.

 

Insieme

Quando il cuore si espande la percezione ordinaria  cessa di essere isolata all’interno della membrana, si espande oltre la membrana, senza più la capacità generativa che aveva all’interno dell’involucro naturale. Così facendo la percezione ordinaria diventa altro dalla percezione stessa,  diventa qualcosa di impossibile da definire, rassomiglia a tensioni , impulsi, animazioni che precedono ogni intenzione. Inoltre sparisce l’automatismo interpretativo proprio della percezione ordinaria secondo il quale tutto  l’esistente procede secondo un principio di causa effetto, con l’effetto già   contenuto in potenza nella causa.  Ciò che si manifesta, è connesso in un modo decisamente più raffinato del principio di causa-effetto. Per l’esattezza non esiste nessun principio di causa ed effetto, nessuna unità, nessuna dualità. Ogni analisi si sviluppa all’interno della percezione ordinaria. Quando il cuore si attiva, lentamente le tracce ordinarie  si dissolvono e le manifestazioni incredibilmente animate, vitali, assorbono ciascuna presenza ordinaria. Per un attimo lunghissimo appare una realtà composta di entità non individuali indipendenti e tuttavia estremamente connesse perché insieme animate, senza nemmeno una possibilità di individuazione come insieme.

 

 

Realtà ordinarie

Al di là della propria realtà ordinaria che vale la pena conoscere  in tutti  i suoi dettagli, non si è in alcun modo obbligati a vivere ulteriori forme di individualizzazione. Cercare di vivere come individualità altre forme di coscienza, diverse da quella ordinaria ma comunque definite in modo individualizzato, non apporta nessun arricchimento sostanziale alla percezione.  Definire, per se stessi ed altri, gradini  evolutivi di coscienza, tentare di connettersi ad altre entità tramite meditazione, non significa altro  che recepire esclusivamente la manifestazione individualizzata delle entità. Quelle forme, in quanto individualizzate, per quanto suggestive possano essere, non sono strutturalmente dissimili dalla nostra forma ordinaria. La suggestione della potenza percettiva di altre entità  è incontestabile, ma non è di nessun interesse la percezione intesa come potenza, di qualsiasi forma sia quella potenza. Qualsiasi manifestazione individualizzata come quella umana, contiene molto più che un semplice comune denominatore a tutte le forme individualizzate. Le forme individualizzate si condizionano a vicenda in una sorta di circolo che si autopotenzia in modo conservativo, molto simile negli effetti sulla propria esistenza all’effetto guaina della membrana-involucro in cui si vive. Di fatto le entità dotate di individualità condividono in parte lo stesso involucro. Tutte le suggestive  percezioni, poteri e profonde emozioni attribuite ad altre entità hanno il loro senso solamente se vissute al di fuori della propria ed altrui individualità. Ma al di fuori della individualità non posiamo costruire alcun percorso  logico né trovare alleati in qualche modo delimitabili. La  difficoltà di dare un senso alle intense percezioni  che si provano al risveglio interiore del riassorbimento è comune a tutte le entità individualizzate; quel senso è altro dall’individualità, non può essere rappresentato in modo certo e logico, può essere evocato, ma le evocazioni si estinguono rapidamente.

Non esistono scorciatoie né trucchi per percorrere la via che unisce la realtà ordinaria al  riassorbimento.

 

 

Volo

Chi può respirare vibra di calore nello spazio nascente. La luce striata della stella tramuta il coraggio in certezza. Affannato , vicino alla fonte, altri arrivati lo guardano, l’incontro si dilegua nell’affetto silenzioso. Lieve accenno del corpo, la pressione fuoriesce, trasporta con se un’amicizia tenace, i muscoli non trattengono l’azione, il cielo si lascia afferrare, sprofonda nelle braccia sudate, decisioni. L’agire  è il tuo augurio, vento, dimora delle tue labbra, ossa tese nell’orizzonte, la presa scivola via, consumata da una felice assenza.

Il contatto dimora, preludio , mani giungono, si affievoliscono, luci retrattili gemmano lungo i ghiacciai, pietre  gracchianti  scintillano nella notte elettronica, prima dell’alba   brulicano le anime lontane da se stesse. Resto  a guardarti, sondare il tuo calore, sprofondo nel canale, raccolgo  gesti affannati, la tua decisione è netta. Il volo è un’apertura presente, cresce dentro di me, afferra  l’intensità , modella vite intere, plana oltre lo sguardo.

 

 

Presenza

Il mare ondeggia, ingoia  l’aria, muove la terra, ricopre il ghiaccio col sole, mostra la sua assenza nel cuore, trova riposo, il colore fluttua.

Lontani dai suoni, consumate le immagini, presenza diffusa nella presenza, un atto scomodo da comunicare, nient’altro in cui immergersi

 

Pratica delle pressioni

The practice of hatha-yoga is based on the use of pression on one’s own body.  Then pression, at a deep level, is connected with mutation of perception, mutation of Nature, concentration. By the way, hatha yoga is only one  of the innumerable ways to operate with pressions. Different pressions implicate different  deep connections and perceptions, but the mutation of Nature and concentration remains the same as hatha yoga.

Jogging is an example of pratice of different pressions then hatha yoga, also working slowly with a bar is one more example.

La pratica dello hatha yoga è basata sull’uso della pressione sul proprio corpo. Inoltre la pressione, a un livello profondo, è connessa con la mutazione della percezione, della Natura, concentrazione. In ogni caso lo hatha yoga è solamente uno degli innumerevoli metodi per operare con le pressioni. Pressioni diverse implicano diverse connessioni e percezioni profonde, ma il mutamento della Natura e la concentrazione restano le stesse.

La corsa è un esempio di pratica di differenti pressioni dallo hatha yoga, anche lavorare lentamente con una sbarra è un ulteriore esempio.

 

 

Oltre la Natura

La percezione muta incessantemente, oltre un certo suo mutamento la stessa Natura muta, quel che appare non ha più corpo né sostanze per trattenersi, depositarsi. Il mutare è un ruscello vivace, appena accennato nella folta boscaglia delle montagne, lo si ode senza poterlo vedere, scorre anche nel deserto, ben riconoscibile  nell’arsura della sabbia, nei riflessi spontanei del cielo stellato. Il ruscello non vede, vibra delle contrazioni vitali che lo animano, il vento vi si disseta, assorbe l’abbraccio che lo estingue e sorregge.
Nel palmo delle mani si accumula il calore, le intenzioni si manifestano, indomabili e precise nel proprio agire. 

 

Sentieri

Si diluisce la notte fino ad estinguersi nell’abbraccio. Il calore si osserva, le piante palpitano, si distaccano, accumulano lo slancio.
Lo slancio si prosciuga nello stagno, voli mimetici risalgono le arterie, depositano nelle mani petali marini. Un canto composto piove  sul paesaggio, irrora  la Natura, genera gli sguardi delle montagne ridenti.
il sentiero chiama la sua gente, risucchia nel profondo delle rocce innevate, attende i passi felici delle corse  mattutine. Lungo la salita  crescono  gli ultimi fiori estivi, radici percorse da brividi, grinze laviche sui fianchi. Il balzo cancella gli sguardi, le ombre cascano nei respiri, spinte colorate tingono epidermidi nascenti. La vita viene sopraffatta dalla presenza.

 

Attrazione e confinamento

Qualsiasi forma di attrazione tra entità, sia di natura sentimentale, che squisitamente fisica magnetica o elettrica, comporta un confinamento di entità entro determinati canali, l’immediata creazione, nascita, di un involucro in parte impermeabile e in parte isolante, un certo grado di isolamento da altre entità. Se l’interazione fra entità è immaginata solamente in termini di attrazione e confinamento si immagina un habitat popolato da strutture che si muovono fra condizioni, più o meno estese nel tempo, di isolamento reciproco. Da quell’isolamento scaturisce una forma di rapporto che è sempre dello stesso tipo, ovvero un rapporto di esclusione e confinamento.  Si  genera così un cosmo in cui le materie non sono che le successive posizioni di attrazione e confinamento che le entità  assumono, si tratta di un cosmo bloccato all’interno di una eterna dinamica di attrazione e confinamento. Ma se le entità vengono immaginate e magari percepite come qualcosa che si integra senza bisogno di attrazione e confinamento, allora il cosmo si apre, la sua circolazione diventa imprevedibile ed essenzialmente  non avviene in un circuito chiuso, ovvero il cosmo si dissipa. Quando si dice che le entità sono capaci di integrarsi nella natura ed oltre, ci si riferisce proprio alla loro capacità di connettersi fra di loro senza bisogno di attrarsi e confinarsi, ma questo vuol dire che la stessa entità dissolve se stessa ancor prima di connettersi e quel che successivamente si connette è la dissolvenza della percezione stessa, da cui segue poi il riassorbimento.

 

Aria immota

Il sole si libera del suo calore e si congiunge. Lo sguardo si scioglie nel sorriso che  apre la via nel petto, rami carnosi emettono luci, ultime dimore popolate da braccia. I raggi avvolgono il corpo, lo rendono una fune intrecciata d’ impulsi, una mente elastica si distacca dal tempo, gorgoglia rissosa per un breve attimo.
La luce appare senza risplendere, precede le profondità, le sommerge. L’abbraccio riluce lontano, rincorre la corrente, lascia incendiare il tempo, inchinandosi raccoglie  fra le mani un gregge di stelle, depone la prepotenza, si dilegua con un bagliore.
Il cuore si confonde con lo stormo di luci. Volano fra le paludi inabissandosi nelle nebbie immote. Il vortice interno risuona impalpabile, leggero.

 

Secondo volo

Volare fra i canti, sereno, frugale, senza un segno, sciogliere le chiome, caduta nel cielo, aria assente, leggero oltre il corpo, salire sul cuore, incontrare le terre, senza nome di, cantare lo slancio senza il tuo nome,  vagare  nelle mani,  vegetazioni irrisolte, stabili nell’oscurità, risorse dei tuoi cuori, notte, attimi d’incertezza donati, riposo  ora ombre, salire nel tuo silenzio, le correnti si mischiano nel nulla, il vortice dei silenzi fra le mani, colate di calore al risveglio, la sua pioggia riempie la vita, seguire respiri, incontro. Il cuore è stabile, il volere si dirige altrove, aria mattutina gela  fra i palmi delle mani, ora ritorno con i cuori, palpitare.  Salire nel cuore del tuono, ottenere l’abbraccio, l’impulso ricevuto si  fa strada, non lascia impronte , spingere oltre le stelle, torrenti  impulsivi, dopo il risveglio, breve, quasi autoritario, un bacio.

 

 

Inerpicarsi

Il cuore insegue la gioia dell’incontro. Risale la  strada delle montagne, i ghiacciai si sono ripresi il loro terreno; la neve,  inesauribile nel suo amore, nutre il gelo, accoglie il mio ventre. Il gelo riposa nelle ossa, chiede spazio alla luna, si lascia trascinare nel torrente montano, fino al primo lago dove affonda, poi si avvolge nella terra, ripiegato molte volte in un impulso di cristallo. Il sentimento si posa  sui pendii innevati, l’estate germoglia fra le chiome fiorite di neve, tremori  impulsivi si inerpicano nei sentieri, cristalli animati si colorano di fiori acquiferi, altri animali volano, la montagna si apre .

Il silenzio decide. Il silenzio è una fonte avvolta nella vegetazione. Aperta al cielo ogni giorno, ogni notte, indifferente al suo destino, depositata su un fondo vibrante, calore immesso nei cuori, cuori generati dal calore, l’impulso è il tuo calore nel cuore, silenzio di fonte, fronde rumorose, fiorite, fasciate dal cielo. Il cielo si riassorbe lontano dalla terra. Gli oceani brillano allontanandosi, avvolti dallo spazio filtrano il loro canto, espellono il contatto, uno scarto appena percepito, la vita e la morte si mischiano reciprocamente, cancellati dal nuovo silenzio, accolti senza alcuna promessa.

 

Cenni

Terreno d’acqua, laguna tremante, orizzonte apre i cieli, la vita irrora . L’animazione decide  i suoi impulsi , la terra cade, gioco sottile , attenzione, slancio , leggerezza dell’ apparire.

 

 

In superficie

Inodore, semplice luminescenza, sciogliere  la terra, preparare le stelle, ore profondamente incise nel ritmo, altri luoghi si  raggruppano, emerge  un getto, incontrollabile,  freme,  trascina via, dispersione nell’ombra, nomi ricomposti, gesti attrattivi, scivolare nell’acqua, lungo il gelo, tuffo dopo tuffo, polvere di sabbia, in attimi, incontri ripetuti. Aprire le montagne, frugare la terra in cerca di sorrisi, le nuvole tracciano la storia,  liquido inorganico compone rarefatti impulsi, quasi-cuori mangia-spazio respiranti calore. Presenze, turbini senza complici,  giostre di attimi fatali, sapori direzionali, a tratti braccia forti e docili,  la voce insistente, e poi. Fiori sospinti dalle maree, liquide forze tracciano vie negli organismi, i loro perimetri,  setacciano involucri emozionali, ricompongono flussi, somiglianze inaspettate, gli incontri cellulari germogliano, fluttuano nelle pietre, orientano animali impauriti. La sete, la fame, ogni richiamo , immergere nel vento.

In superficie: comete traccianti compaiono nello sguardo, primule estive flettono draghi impazienti, ruotano nelle mani crepitanti energie, sorrisi frugali catturano materia , la dirigono, formazioni nascenti  sul crinale, salsedine nel ventre. Richiesta, voci  affermano , il momento  degli insetti e del calore, pioggia  scorre nelle paludi affollate,  luci saldano i loro impulsi in reticolati gelatinosi, solidi attimi, sguardi congiunti.

 

Radicare

La radice si stende. Saggia la morbidezza del cosmo, si fonde, torna in se stessa scaturendo da una nuova fonte, incontra flussi viventi, ne è attraversata. Grandi  e mobili animazioni scorrono, affondano nella radice, altrove. La radice si adagia fra il tempo e lo spazio sì da creare lo slancio, il tremito percorre  le sue linfe, intrecci di venti modellano cascate fluenti di viventi. Gli orizzonti cedono i loro colorati spessori alla radice sempre nascente, sprofondata, immersa in una mobile inconsistente impulsività.
Il contatto col cielo decide la radice degli occhi, il corpo spinge il soffio dei venti attraverso un nuovo ventre, il vortice delle radici cancella le tracce, dense note marine chiazzano l’aria appena emersa, richiamano un fluire che dura, nel cuore, fra le mani.
Il passaggio degli invisibili cancella la memoria, ingombra la mente, scioglie i tessuti. Giunge così un buon momento per la concentrazione, la radice mostra il suo slancio, disperde la vita fra le chiome del bosco, sospinge la marea tra i canali fioriti, cumuli d’impulsi appaiono ovunque, germina un’insolita primavera, estranea al tempo.
Il destino rivela  i suoi piani, poi giunge il silenzio imbarazzato dell’inutile attesa. Ciò che risplende non è luminoso, non è visibile, è  molto  presente, così presente da dissolvere la presenza stessa.

 

Doni

I cuori si destano in ogni istante per ricevere il tempo e il luogo del tuo apparire.  Morbido paesaggio di affetti sonori, la pioggia incombe, profondità  immersa. Osservare il sole sciogliersi in se stesso, bruciare nel vento da lui generato,  prenderti nel suo corpo, inghiottirti per poi lasciarti andare, attimo dopo attimo ti unisci con i cosmi, al  fuori di ogni natura, tranquillità e silenzio, ineluttabile quotidianità. Scivola nel cuore notturno,   l'intensità incide l’ombra, si rompono gli involucri uno dopo l’altro. Fra immense montagne, fondali fioriti, senza testimoni, presenze serpeggiano.

 

Brevi note

Gli involucri si muovono l’uno rispetto all’altro in modo osmotico e dovrebbero essere capaci di percepirsi reciprocamente con estrema chiarezza e dettaglio tranne nel caso frequentissimo in cui un ’area di involucri  si isola percettivamente rispetto ad alcuni, o molti, altri involucri. Da un punto di vista fisico-meditativo-mentale, in una sola parola percettivo, la necessità del non isolamento reciproco degli involucri ha enormi conseguenze ed implicazioni sulle pratiche ed abitudini fisiche, emotive, mentali e molto altro.
Qualsiasi disciplina che non scaturisca naturalmente dall’interno dei propri involucri, agisce costruendo aree di reciproco isolamento fra involucri e sviluppando il funzionamento di alcuni involucri a discapito di altri sì da creare un processo di deformazione percettiva. Attenzione: la deformazione della percezione provoca sempre lo sviluppo di poteri, quei poteri, a loro volta, agiscono sempre isolando eccessivamente alcune zone della percezione da altre.

 

Guardare

Guardare, avvicinare lo sguardo, non vedere, avvertire  una pressione che inghiotte,  ore trascorse immerso, senza riflettere, presenze unite nell’intensificarsi, luce in piena, odori rigonfi, polmoni, la quiete giunge, avvolge le esplosioni di vortici, decisioni fondono il sangue, il cuore preme, si unisce, imprime lo sguardo dello slancio, afferra  la propria dispersione, gioia nella notte. Al contatto si disseccano le presenze, polvere nutrimento e poi aria, ovunque fiumi inodori,   in piena,  sprofondati  nei cuori, ogni flusso diventa respiro, senza passato.
Neve innevata abbraccia la  sorgente, si scuote, una esistenza trascorre, la pelle sboccia.