VIRGINIO SPARAVIGNA 2018 ASANA E PERCEZIONE PERCEZIONE ORDINARIA E PROFONDA INTENSITA’ E CONCENTRAZIONE RIFLESSIONI DENTRO GLI ASANA Aumentare la pressione o diminuirla. Alla fine la pressione normale sboccia, bisogna attivarla., altro appare. L'attivazione stessa già conduce nella continuità. Nella vita ordinaria la consapevolezza della pressione non è attiva. È attraverso la modulazione cosciente della pressione che la continuità giunge ovunque, non sono io che mi autoproprago. Quando la pressione normale sboccia allora la natura stessa assume l'aspetto della continuità, solo allora sono in grado di percepire ogni variazione di pressione presente nella Natura e di capirne i sensi. Solo allora le pressioni della natura cessano di manipolarmi e io posso abbracciarle in modo cosciente. Il mio abbraccio è una pressione viva e cosciente. Sembra di dover alleggerire ogni volta un peso,un peso enorme. Sembra di dover mutare l'illusione di concretezza di cui sembro essere fatto. Lascio che il peso agisca. La maggior parte degli asana stimolano la percezione diffusa, la mente osserva il manifestarsi dell'impossibile. La mente di solito è in contatto quasi esclusivo con la percezione identitaria e la percezione puntiforme del mio io. Tutto ciò che alla mente pare inanimato in realtà è immerso nella percezione diffusa. La percezione diffusa è la percezione profonda. Quindi gli asana possono facilitare il contatto del corpo con la percezione profonda. Anche il corpo, considerato come non percettivo e mera sede di operazioni meccanico-biologiche è in realtà immerso nella percezione profonda. Gli asana facilitano il contatto con il corpo che è condensato nella percezione profonda. La percezione non è generata dal mio io. La percezione è tanto indipendente dall'io quanto dagli aggregati che creano l'io. Gli aggregati, e l'io stesso è un aggregato, filtrano la percezione. la percezione è sempre attiva mentre un aggregato può cessare di essere attivo. Il tempo è un requisito dell'io e l’io è un aggregato. La percezione vede gli aggregati come atemporali. La percezione ordinaria è difficile da vivere poichè in essa tutto è apparentemente troppo definito, distante, opposto, spesso offensivo, estremizzato. Eppure la realtà è diversa dalla percezione ordinaria: le manifestazioni per quanto molteplici sono del tutto compenetrate, intensamente unite, nessuna diversità o unità può sorgere tanto intenso è il reciproco amore. In altre parole la realtà ordinaria sembra mettere in scena una farsa dotata di credibile fisiologia. Come ciò possa succedere io non lo so. Ma come mi sono già detto e ripetuto mille volte <<le manifestazioni per quanto molteplici sono del tutto compenetrate, intensamente unite, nessuna diversità o unità può sorgere tanto intenso è il reciproco amore>>. La percezione ordinaria e quella profonda sono <<del tutto compenetrate e unite >> loro stesse. È la continuità ad esistere, ma io la percepisco con fatica. Di solito mi muovo tra una percezione profonda e una ordinaria, consapevole del fatto che la continuità tra esse mi è nota solo in minima parte. Le due percezioni sono una unica percezione che via via vedo unificarsi, ono io che lentamente ne colgo la continuità. L'utilità poco nota degli asana sta nella loro capacità di far accedere a un qualche tipo di continuità percettiva ogni singola componente dell'involucro. Io non sono una unità organica ma un insieme di esseri-manifestazioni a loro volta raggruppati in più aree, la prima delle quali è l'involucro a cui si riferisce l'attività di quella manifestazione che io chiamo, appunto <<io>>. Gli asana stimolano l'accesso alla continuità di ogni singolo essere-manifestazione dell'involucro. L'azione degli asana è tanto più notevole se ci si rende conto di quanto ogni essere sia immerso in un continuo intenso stato di desiderio ed emozione. Gli asana riescono a interrompere l'attività egemone di quei desideri e avvicinare ogni essere alla continuità senza generare alcuna opposizione tra lo stato di continuità e quello di desiderio. I desideri di cui parlo sono desideri fortissimi quali il desiderio di respirare, di nutrirsi, di eccitarsi sessualmente, di avere contatti piacevoli, il desiderio di poter riposare, sono i desideri che mettono in moto la stessa vita dell'involucro. Il desiderio non è una struttura opposta alla manifestazione della continuità anche se così spesso agisce.(Grande mistero) La pratica degli asana aiuta ad avvertire la presenza dell'ego personale come una delle tante presenze attive in sè stessi. Così facendo, l'ego si ritrova sempre più frequentemente a percepire la sua presenza inclusa in un'area in cui sono incluse altre presenze con lui fortemente interrelate, l'area di cui parlo è lei stessa una presenza diversa dall'ego. L'esercizio degli asana, quando funziona, dischiude la percezione di un'area fluttuante inclusiva dell'ego e di molte altre presenze corporee-del corpo, il corpo solo in parte può essere detto proprio corpo. Gli asana non impediscono l'agire dell'io personale, gli asana stimolano l'agire libero, non filtrato dall'ego, di tutte le presenze attive nell'involucro e molto oltre. Gli asana aiutano a stabilire una durevole percezione di quella strana materia di cui sono composte tutte le manifestazioni, strana perchè essa, proprio come in sogno, può essere di tutto, trasformarsi in tutto, manifestarsi in tutto allo stesso momento. Questa materia è nè unitaria nè molteplice se vissuta dall'interno e non descritta con parole o concettualizzata. Il proprio corpo e la propria manifestazione sono quella stessa materia. La vita ordinaria è una manifestazione che apparentemente è priva della caratteristica compresenza e mutevolezza di quella materia. Il proprio corpo è il luogo in cui in modo più acuto e doloroso viene sperimentata quella privazione, o, detto altrimenti, non viene percepita quella materia ma, all'opposto, viene vissuta una normalità corporea di lentissimo mutamento se non quasi ristagno, nonchè una netta separazione in parti della propria manifestazione, - la percezione del corpo- a sua volta nettamente staccata dalle altre manifestazioni circostanti. Si tratta di un vero e proprio stabile frazionamento e isolamento diluito nel trascorrere del tempo e nella percezione dello spazio. Gli asana applicano la propria azione alla << parte>> perchè essa possa funzionare come la materia non ordinaria. La loro azione consiste in un controllato cambiamento di stato della <<parte>> su cui l'asana viene applicato. L'asana non è l'immagine della posizione detta <<asana>> ma è la anomala pressione e lo stiramento che vengono esercitati sulla <<parte>>, mente compresa. La pressione esercitata può avvenire tramite muscoli, respirazione, concentrazione, in modo tra di loro separato o coordinato reciprocamente. Si utilizza un mutamento di pressione per consolidare la sensazione di un cambiamento di stato interiore da stato ordinario a stato speciale, particolare. La continua ripetizione dell'asana può, a seconda delle predisposizioni individuali, trasformare la particolarità dell'esercizio nel contatto con la continutà, non è facile, è, anzi, molto difficile che ciò avvenga. Il cambiamento di stato è minimo e avviene sul piano corporeo, la mente è << corpo >>. Si utilizza nient'altro che il corpo. Si possono utilizzare anche stimoli visivi, quali immagini e sonori in abbinamento agli asana ma bisogna fare attenzione all'impatto mentale ed ipnotico che talvolta immagini e suoni possono causare. Se il mio corpo ordinario non fosse così strutturalmente teso da essere praticamente immobile qualsiasi mutamento dell'ambiente agirebbe come un asana e mi condurrebbe quasi naturalmente nella continuità. La velocità del corpo ordinario è quella dell'alimentazione e dell'assorbimento del cibo. Il cibo dell'alimentazione è composto dal mio corpo, da ciò che mangio, dall'esistenza di ciò che mangio, dall'assorbimento del cibo nel mio corpo e al di fuori di esso, da ciò che avviene a un essere vivente o inanimato per diventare cibo, dagli strumenti che utilizzo per prepararmi il cibo. In una logica di cibo, posso dire che l'intero cosmo sia collegato al mio ciclo alimentare e addirittura che il cosmo sia alimentazione, il tempo del cosmo sia il tempo dell'alimentazione su scala cosmica, almeno nella realtà ordinaria. Naturalmente nella quotidianità io non mi accorgo di essere a mia volta parte del ciclo alimentare di altri esseri animati e inanimati. Nell'immediato si ha la percezione che è il mutamento di pressione provocato dall' esecuzione dell'asana ,all'interno del corpo, a indurre alcuni mutamenti. Poi, a un tratto, mi ritrovo ad avere il mio corpo ordinario fuso con altro, diventato in parte pianta, in a parte fuoco invisibile, in parte lo sento presente ma è completamente e intensamente altro, leggero, intenso, la sua presenza riduce notevolmente la presenza del mio io. La circolazione alimentare si è integrata in altro. Ora sono entrambi manifestazioni -circolazione alimentari e altro-compresenti. Gli asana sono uno strumento molto particolare poichè sono capaci di interagire contemporaneamente sia con la percezione minimale prodotta nel cervello, altrimenti detta percezione dell'individualità, dell'ego, sia con la percezione diffusa e profonda che è l'esistente stesso. Normalmente si percepisce con facilità l'esistenza della percezione individuale mentre non si avverte la percezione diffusa-profonda. La pratica degli asana può favorire l'incontro con la percezione diffusa se la persona in qualche modo è già predisposta a questo incontro. La pratica degli asana in se stessa non garantisce l'incontro con la percezione diffusa-profonda. Eppure se gli asana agiscono verso la profondità è solo perchè sono stati inventati da persone consapevoli del fatto che tutto è percezione, compreso il corpo e la mente ordinari che invece sembrano dotati di una materia fisica concreta. Il corpo e la mente ordinari sono costituiti da percezioni. QUALCOSA SI È DISGREGATO-DISUNITO, DA CIÒ APPARE LA REALTÀ ORDINARIA IN TUTTA LA SUA COMPLESSITÀ e continuità. Come sempre ciò che è disgregato e ciò che si unisce sono uniti in modo impercepibile e continuo nella percezione ordinaria. Gli asana si applicano anche alla mente, per mente intendo il senso dell'io prodotto nel cervello, il sesto senso. L'io è un rappresentare qualcosa senza tener conto dell’esistente in sè, al contrario della percezione che è l’esistente in sè. QUANDO LA PERCEZIONE NON È PIÙ RAPPRESENTATA DA ALCUN SENSO ALLORA DIVENTA INTENSISSIMA, IN QUEL MOMENTO LA COMPRESENZA DEL SENSO E DELLA PERCEZIONE INTENSISSIMA SI PRESENTA NELLA CONTINUITÀ. NELLA CONTINUITÀ. RAPPRESENTAZIONE, SENSO E INTENSITÀ SI UNISCONO, COOPERANO, INTENSIFICANO. L'INTENSIFICAZIONE DELLA PERCEZIONE È LA LORO STESSA INTENSIFICAZIONE, IN ALTRE PAROLE L'INTENSIFICAZIONE DELLA PERCEZIONE È L'INTENSIFICAZIONE DELLA REALTÀ ORDINARIA NELLA CONTINUITÀ DELLA SUA STESSA UNIFICAZIONE. GLI ASANA SERVONO PROPRIO A OPERARE LA CONTINUITÀ DELLA INTENSIFICAZIONE DELLA REALTÀ ORDINARIA. Gli asana aiutano a percepire il senso dell'io come un essere che non impedisce la percezione profonda. Con una certa esagerazione posso dire che tra me e la percezione spesso si frappone l'io. Gli asana aiutano l'io a unirsi alla percezione profonda. Raramente il senso dell'io si manifesta sin dalla nascita nell'unione con la percezione profonda. Tutti i luoghi del corpo hanno un egual valore e potenziale percettivo, gli organi di senso, mente compresa, non sono più percettivi di una sola singola cellula. Con questo valore percettivo gli asana tentano di stabilizzare un contatto. Spesso la percezione profonda si rivela durante la vita in modo improvviso, come si rivela così se ne va. Gli asana, tramite minime modificazioni dello stato corporeo, aiutano a rendere la percezione profonda stabile e, infine, a rivelarne la sostanziale continuità con la percezione ordinaria - che è la percezione ottenuta mediante gli organi di senso. Come l'esistente in sé è costituito esclusivamente dalla percezione così il corpo ordinario è costruito dalle emozioni, le emozioni e il senso dell'io si compongono incessantemente, quello che compongono è una realtà la cui materialità ha la concretezza di un sogno. Le emozioni compongono il senso dell'io; la carne, il sangue, la sabbia, la luce, sono costruite dalle emozioni. Laddove il senso dell'io vede corpi la percezione vede foreste lussureggianti, laddove l'io vede morte o vita la percezione vede manifestazioni intessute di amore e vicinanza. le emozioni producono il senso dell'io , le emozioni si distaccano dal senso dell'io così che quel braccio, quel polmone, quel suono, quella terra diventano insolitamente vivi, liberi,percettivi e intensi senza essere subordinati ad alcun senso di individualità oppure di organismo. Gli asana stimolano, senza creare alcun senso di opposizione alla realtà ordinaria, il corpo nella sua dimensione ordinaria, ovvero il corpo percepito dal senso dell'io prodotto dal cervello, in modo che le emozioni di cui il corpo è costituito, lentamente entrano in contatto oltre che con la percezione ordinaria del corpo anche con la percezione profonda. Il senso dell'io e la percezione profonda non originata da alcun organo di senso entrano in contatto. Le emozioni cessano di immedesimarsi col proprio automatismo funzionale senza rifuggirlo. Gli asana contribuiscono a creare un varco tra la realtà e il sogno ordinario- la percezione-realtà ordinaria è un sogno in cui il corpo ordinario fluisce nelle proprie emozioni. Il corpo può essere allo stesso tempo il luogo della percezione profonda e il luogo del senso dell'io-cervello. La loro continuità sembra quasi una unione ma persiste anche nella percezione profonda il movimento. Il corpo può essere mosso dall'io e dalla percezione profonda contemporaneamente. Gli asana possono facilitare enormemente la compresenza del senso dell'io e della percezione profonda. La salute di cui gli asana si occupano è proprio quella causata dalla compresenza dei sensi umani e dalla percezione profonda. Non si tratta della salute ordinaria, è una salute indifferente alla vita, alla morte e alla sofferenza ordinari. La pratica corretta degli asana comincia quando si arriva alla consapevolezza che la percezione ordinaria, ovvero il mondo creato dalla sensibilità umana, è modulabile, modificabile, non costretto ad esistere sotto la forma di un continuo scorrere di automatismi inconsapevoli. Non si dovrebbero praticare gli asana credendo che è l'io a deciderli o inventarli, non si dovrebbe duplicare all'infinito il proprio io immedesimandosi col proprio senso dell'io. ASANA NATURALE - CONCENTRAZIONE del corpo-mente, lo stato in cui avviene la continuità, la compresenza fra sensibilità ordinaria e percezione profonda è uno stato di concentrazione tanto mentale che fisica. Più la concentrazione corpo-mente è fluida e spontanea, meno essa viene percepita come uno stato speciale. A volte essa è presente in modo talmente spontaneo da provocarmi stupore, quasi incredulità. Lo stato di concentrazione corpo-mente è una condizione naturale, come l'essere affamato, assetato o altro. La concentrazione corpo-mente può essere provocata intenzionalmente con relativa facilità se si ha la fortuna di conoscerla naturalmente, nel caso opposto posso utilizzare varie pratiche psicofisiche e .... vedere quel che succede, facendo attenzione a non auto-ipnotizzarmi o auto-suggestionarmi. Io ho conosciuto entrambe le pratiche. La percezione ordinaria lentamente muta tramite gli asana che esercitano una pressione complessa e molteplici tensioni su più aree del corpo contemporaneamente. Gli asana non si applicano su singoli punti del corpo ma su aree estese del corpo tramite pressione diretta e tensione delle parti corporee. Per gli asana il corpo nella sua totalità è un unico sofisticato organo di senso in continuo mutamento. Tramite gli asana si massggiano contemporaneamente tutti gli organi interni distogliendoli dalla apparente automaticità dei loro agire. Tramite gli asana ogni membro del corpo si distacca dalla tenace tensione che lo lega alla propria funzionalità e automatismo e così facendo ogni membro del corpo entra in un particolare tipo di concentrazione e percettività mai sperimentata prima. Il corpo scopre di essere qualcosa di estremamente molteplice ed unito. In questa scoprire il corpo tende a perdere completamente qualsiasi identità e appare la consapevolezza di essere una materia quasi sognante per la quale è possibile assumere in determinate circostanze qualsiasi tipo di manifestazione. L'esserci della manifestazione, per quanto non arbitrario ma causale, viene legato a una forte percezione di non concretezza della stessa, ovvero la manifestazione è presente ma la sua realtà non ha niente di definitivo e ineluttabile e, in tal svuotamento della realtà, va compresa la perdita del senso di individualità. L’ individualità, l'io, il senso dell'ego, acquistano il loro senso se il loro essere è materialmente definito, certo, inevitabile e necessario altrimenti l'individualità cessa la propria esistenza e il suo senso diventa impercettibile, marginale. In ogni caso mai scordare, spesso mi ripeto,che la natura,-percezione ordinaria deve fare il suo corso, non va evitata. Gli asana,pur lasciando il senso dell'io libero di muoversi, permettono agli altri esseri-manifestazione che compongono-contengono il corpo ( e poi l'involucro) di manifestarsi. Attenzione, i nuovi arrivati si manifestano ma non dispongono di un io. Nella realtà ordinaria, il senso dell'io prodotto dal cervello orienta la manifestazione. Le manifestazioni degli altri esseri cui ho appena accennato sono percepibili dall'io in modo continuo-profondo ma nella realtà ordinaria è il senso dell'io che determina l'ambiente percettivo di riferimento. (Ho l'impressione che ogni manifestazione ha un suo turno per determinare prima o poi una vita-ambiente-percettivo, che poi questo avvenga nel tempo e nello spazio è un'altra storia). Gli asana contribuiscono alla riunificazione con la naturale continuità stimolando tanto il senso dell'io ordinario che le altre manifestazioni da cui sono composto. Nella percezione ordinaria, quella prodotta dal senso dell'io, la mia manifestazione sembra unica e si racchiude in una penosamente limitata sensorialità, materialità e naturalità che lui stesso ha costruito. Nella riunificazione della natura continua tutte le manifestazioni non sono più limitate dal senso dell'io e si riunificano grazie ad una azione congiunta di amore e intensità e concentrazione che scaturisce dalle manifestazioni che mi compongono. Il mio abituale ambiente ordinario composto di tecnica ed oggetti non è più utile. Per quanto per ora ne sappia, chi cerca la riunificazione definitiva che è quella in cui il senso dell'io è costantemente ridotto alle dimensioni di una piccola comparsa, deve aspettare il trapasso e impegnarsi tutta una vita. Ogni dettaglio della realtà ordinaria è simbolico, appare per indicare altrove e per sottrarre la percezione ordinaria ad un'assurda tautologia esistenziale. La realtà dell'io che percepisce e la realtà che l’io percepisce sono le realtà di un sogno, ovvero chi percepisce fa parte di un sogno più ampio di lui-lei stesso. La peculiare caratteristica di questo infinitamente complesso sogno è che la sua esistenza viene costantemente alimentata da impulsi esterni al sogno. Per svegliarsi dal sogno bisogna percepire il sogno come tale e non volerne alimentare l'esistenza basata sugli automatismi della esistenza interiore ed esteriore dell'io percettivo della realtà ordinaria. Per far ciò bisogna giungere alla percezione non alimentata dal senso dell'individualità dell'io. All'interno del sogno ogni dolore, ogni sofferenza, ogni tortura, ogni gioia sono potentissime rappresentazioni emotive di qualcosa di non reale che possiede solo il margine di esistenza, appunto, di un sogno. Come in un sogno le sofferenze e le gioie non lasciano ferite al risveglio. Ma chi si risveglia e quando si risveglia? Lo stato di sogno che è la realtà ordinaria, è uno stato che per qualche motivo a me ignoto la percezione profonda assume e del quale la stessa percezione cerca prima o poi di liberarsene lungo un percorso di tranquillità e continuità, non di dramma. <<La percezione profonda>> e <<gli impulsi>> sono parole che indicano la stessa realtà profonda, intrinsecamente inspiegabile tramite le parole, tento l’evocazione. Il risveglio dalla realtà-ordinaria-sogno non è simile al risveglio dal sonno ordinario. Si tratta di un processo per lo più continuo anche se può talvolta essere molto veloce, che prende le mosse da intuizioni e visioni che vengono vissute in modo non organizzato ma saltuario e raramente vengono correttamente comprese. In ogni caso l'intensità di quelle visioni, intuizioni è tale da avviare un processo inizialmente solo in parte consapevole e in gran parte inconsapevole che porta il senso dell'io a liberarsi dalla propria ordinaria completa immedesimazione con la realtà ordinaria e a risvegliarsi alla percezione-impulsi non legata all'agire del senso dell'io. In questo articolatissimo ed estremamente vario processo di risveglio l'utilizzo degli asana è sia un ottimo strumento per risvegliare l'autonomia percettiva del corpo dalla preponderanza percettiva dell'io-ego sia un ottimo strumento per ricondurre il senso dell'io alla sua effettiva attività corporea che non è quella di produzione di una percezione sognante in cui dimenticarsi di essere lui stesso corpo in un corpo, sia un ottimo strumento per trasformare in modo continuo, privo di traumi e opposizioni emotivi, il corpo mentalizzato e sognante ordinario nel corpo originario. Il corpo non mentalizzato non è personale e la sua sensibilità è incredibilmente diversa da quella del corpo sognante. Il senso della vista, dell'udito, del tatto dell'ego, non sono le caratteristiche principali della percezione non sognante e tuttavia vi possono ancora essere presenti. la realtà-sogno in cui ci troviamo è già estremamente strutturata prima della propria nascita, dopo la nascita il cervello produce un senso dell'io che produce realtà sognante. La stessa materia di cui è composto il cervello è realtà sognante almeno fin quando la realtà sognante non comincia a risvegliarsi. Percezione sognante e percezione profonda convivono anche perchè in realtà la percezione sognante per quanto molto attiva non crea strutture concrete, ma di questa caratteristica se ne rende conto solo la percezione profonda. Gli asana agiscono direttamente sui corpi sognanti tentando di modificarli nel senso della interiorità e profondità. Se le modificazioni hanno realmente luogo il risveglio comincia a farsi strada in modo auto-organizzantesi. La percezione profonda mi appare estremamente intensa e amorevole, apparentemente molteplice, gli esseri che la costituiscono sono estremamente uniti, vicini amorevolmente l'un l'altro a tal punto da non poter parlare nè di molteplicità nè di unità. Nel sogno della percezione ordinaria l'intensità e la concentrazione sono molto ridotte. L'amorevolezza della percezione profonda è anch'essa svanita, al suo posto troneggia la circolazione alimentare ovvero qualsiasi apparizione è unita alle altre perchè prima o poi ne diventacibo. L'amore ordinario non ha la facoltà di avvicinare e unificare se non in rarissimi casi, gli esseri presenti acquistano una definizione e una differenziazione apparentemente privo di qualsiasi traccia di una qualche continuità intima e perenne reciproca. Non so come sia potuta scaturire una percezione ordinaria-sogno così in apparenza estremamente diversa se non opposta alla percezione profonda. Eppure, se pur immersi nel sogno ordinario, è possibile cominciare a percepire la compresenza delle due percezioni e, con maggior difficoltà, talvolta la realtà ordinaria si manifesta nella sua vera natura di sogno in presenza della percezione profonda. Più è presente la percezione profonda è più si dissolve il senso di realtà e concretezza proprio della realtà ordinaria. Alla fine il sogno non sarà che un sogno. L'intuizione che anima gli asana è che modificazioni particolari della percezione ordinaria rivelano la presenza della percezione profonda e rivelano la compresenza e compenetrazione fra le due. Gli asana aiutano a stabilizzare e ad approfondire la percezione profonda quando essa è già in qualche modo manifesta nella percezione ordinaria. Poi viene il momento in cui il senso dell'io sembra spegnersi e qualcosa esce dal corpo pur facendone parte. Quel qualcosa è la mente che si accorge di poter esistere senza essere vincolata alla funzione del senso dell'io. Non si tratta del risveglio della mente, è semplicemente la continuazione del risveglio. La mente non produce il senso dell'io, il senso dell'io è prodotto dal cervello. L'attività del senso dell'io in qualche modo cancella impedisce tanto alla mente quanto al corpo di essere svegli. Al di sotto scorre questa quasi misteriosa e multi-profondità costituita da percezione intensa, impulsi e concentrazione intensa che possiede manifestazioni definibili come fisiologiche che effettivamente si manifestano al dissolversi della realtà percettiva ordinaria . Personalmente applico gli asana in due modi : il primo modo è un esercizio di sviluppo di pressione tramite tensione su ogni singola cellula, il secondo modo è l'incessante stimolo, tramite tensione applicata sulle aree del corpo che per prima acquistano la propria indipendenza funzionale dal centro di organizzazione sensoriale dell'io ordinario: queste aree per me sono state cuore-torace, basso ventre, stomaco-intestino, mani, piedi, articolazioni delle ginocchia e braccia, testa. Inoltre il mio modo di applicare gli asana fa molto attenzione a come la realtà ordinaria nel momento in cui pratico gli asana, ovvero se la realtà mi si presenta o non mi si presenta tramite impulsi. Per impulsi intendo la percezione di un qualche tipo di fusione tra il mio corpo ordinario e qualche sensazione di energia, si tratta di impulsi che sviluppano una loro intelligenza d'azione la quale si sostituisce al mio io ordinario. Questi impulsi non sono sempre presenti e quando non lo sono lascio che sia la pressione esercitata tramite gli asana a sviluppare la propria via. Nella pratica degli asana, sin dai momenti iniziali del training, lascio che sia la concentrazione a condurre e non il mio io sensoriale. La concentrazione di cui parlo ha già una profondità sufficientemente intensa da rendere la via degli asana non individuale e impersonale in modo da evitare di condurre i benefici e i piaceri derivanti dalla pratica al mio io e di lasciarli ricadere sul loro destinatario naturale che è tutto l'ambiente. Gli asana mi aiutano a trascorrere lunghi periodi in cui la mia esistenza non è concentrata sul mio io-sensoriale ma sulla intensità diffusa che avverto essere l'ambiente e via via essere-tessere una percezione profonda sempre più nitida e sorprendentemente significativa e vivente. Per quanto mi riguarda è il mio stesso io sensoriale a desiderare-volere collegarsi alla più intensa e significativa percezione profonda perchè da sempre il mio io sensoriale non ha riconosciuto nella realtà ordinaria una realtà così stabilmente automatica, amorosa e uniforme nella propria concentrazione da essere accettabile e credibile. Inoltre il mio io sensoriale spesso percepisce impulsi e tracce che conducono altrove dalla propria esistenza ordinaria. Il mio io sensoriale, come quello di tutti, è completamente immerso nella continuità, il suo limite è strutturale, ovvero la funzione dell'io sensoriale è principalmente di riferire la realtà percepita a una solo percipiente mentre la realtà percepita dovrebbe raggiungere senza ostacoli l'intero ambiente che è la vera origine e il vero destinatario delle sensazioni. Ma tra l’ambiente (profondità della percezione) e la realtà ordinaria sembra esistere un misterioso scalino. L'io sensoriale solo in modo secondario e spesso in modo estremamente confuso e indecifrabile non riferisce la realtà percepita a sè stesso. Gli asana sono un notevole aiuto a incrementare la debole capacità dell'io sensoriale di riferire la realtà percepita a tutto l'ambiente. Se davvero avviene un incremento della capacità di riferire le percezioni all'ambiente anziché al proprio io appare un nuovo habitat. In me e in tutti gli esseri umani la funzione ordinaria dell'io sensoriale ha determinato lo sviluppo di una certa generale corporeità umana. Più l'organismo umano riferisce solo a se stesso il percepito e più la sua struttura diventa tesa, fragile, debole e, a eccezione dell'io, incapace di consapevole percezione. Il nostro organismo è parte dell'ambiente di cui però si riesce a vedere e percepire in modo profondo veramente poco. Nonostante le limitazioni dell'io sensoriale siamo comunque integratissimi nell'ambiente e non ne rappresentiamo una eccezione o deriva. (In realtà siamo integrati in un sogno-verso-risveglio dal sogno). Utilizzo gli asana per riuscire a svegliarmi, utilizzo gli asana per diventare un organismo che oltre a essere io-sensoriale sia anche parte dell'ambiente percipiente. Mi muovo in un sogno eppure tutto sembra così reale. Mi afferro e delicatamente tendo e comprimo. Così facendo, inaspettatamente il sogno si attenua e lentamente svanisce. A volte gli impulsi mi guidano, mi spingono ad abbracciarmi, afferrarmi, capovolgermi, e poi mi nutrono di immobilità. Non sono io a muovermi e comprimermi, è l'ambiente che si rigenera e si risveglia al tempo stesso, riunendosi, finalmente. Non è per niente facile. (Quindi siamo molteplici, uniti, molti di noi sono in fase sognante). Nella percezione profonda siamo singoli esseri tenacemente legati l'un l'altro da una fortissima corrente di intensità-amore-concentrazione . Perchè questa corrente non sia sognabile mi è ignoto. Eppure anche nel sogno e nella realtà ordinaria voglio agire in conformità alla percezione profonda in cui non è possibile l'esistenza di una individualità, piuttosto esiste una complessa fisiologia in cui la singola manifestazione e la sua intima connessione con le altre manifestazioni è l'esistente. L'esistente non è nè unico nè molteplice nè individuale. Ed è con quell'esistente che voglio interagire attraverso gli asana. Attraverso il sogno della percezione ordinaria si vede emergere la realtà profonda. Questo è il senso della visione della percezione profonda. Così si manifestano comunicazione e trasformazione, risveglio. (Le parole evocano) Il sogno è una rete di sensazioni che inevitabilmente rimandano l'una verso l'altra. La pace, la vita, la realtà non sono parte di quella rete sognante ma sono percepibili dall'interno di essa. Nella rete del sogno ogni parte è prodotta contemporaneamente da ciò che lei stessa sta producendo ma nessuna parte percepisce la contemporaneità del processo. La contemporaneità del processo di generazione della rete del sogno ne esclude una possibile evoluzione, dalla rete è possibile solamente svegliarsi. La rete è composta da parti e ogni singola parte è una tensione e la tensione è un impulso privato della sua capacità di equilibrio-intensità. L'impulso è già una presenza non sognante e non mi è noto come possa perdere la sua capacità di equilibrio-intensità nè so come affiorino le tensioni. La tensione, nel sogno, si articola in numerosissime tensioni che si generano reciprocamente e si isolano nello stesso processo di generazione. La tensione non può mai essere in equilibrio, annullarsi nell'equilibrio, e da qui accedere all'intensità estrema tipica della percezione profonda. Con l'utilizzo degli asana si può interferire tanto nel processo di generazione delle tensioni che nella loro immobilità-opposizione tensionale. L'interferenza può indebolire, mai cancellare, la struttura sognante quanto basta affinchè le molteplici manifestazioni reali coinvolte nella struttura sognante si distacchino dal sogno e ricomincino a riconoscersi. Bisogna tener presente che il sogno sembra estremamente reale ma non lo è, le tensioni sono reali ma è ciò che creano come effetto-di-realtà, la varietà degli esseri, delle energie, della materia, sono completamente illusorie. Le tensioni sono manifestazioni non sognanti ma il loro operare genera sogni. Le tensioni non hanno un funzionamento automatico anche se così appare dall'interno della percezione ordinaria. Le tensioni vivono all'interno del proprio sogno non riuscendone a liberarsene. Gli impulsi e molte altre manifestazioni della percezione profonda sono percepibili anche vivendo in parte all'interno della rete del sogno proprio perchè le tensioni sono loro stesse reali e manifestazioni della percezione profonda. Quando alcune tensioni cominciano a rendersi conto che la realtà che producono è un sogno irreale esse si liberano dal proprio sdoppiamento, scoprono di essere loro stesse parte della percezione profonda e di non essere più vincolate alla permanenza nella irrealtà della percezione ordinaria (la rete del sogno). Nel sogno l'utilizzo consapevole della modulazione della tensione psicofisica produce notevoli risultati ai fini del risveglio. La modificazione della pressione corporea operata dai cosiddetti asana di meditazione, modifica il livello di concentrazione della percezione ordinaria a tal punto da provocare una disorganizzata e intensa produzione di immagini relative al passato, presente e al futuro, capace di spingere letteralmente fuori dall'io mentale prodotto dal cervello, le tensioni che, private all'improvviso del senso di individualità, possono tranquillamente osservare l'illusorietà del sogno e l'intensità crescente della percezione profonda cui appartengono. Non è facile che ciò avvenga..... Gli asana hanno lo scopo di intensificare le tensioni che costruiscono il sogno della mia e altrui esistenza. Le tensioni, una volta intensificate cessano di unire per separazione che è il loro modo di generare il sogno e si uniscono nell'intensità, mutano la loro stessa fisiologia poichè cessano di essere tese e trovano un equilibrio nella intensità estrema e concentrata. Non so dire se esiste prima l'intensità o se esistono prima le manifestazioni in equilibrio o se, più semplicemente, esistono in contemporaneità. e unite. Intensificare le tensioni è un processo pieno di sorprese durante il quale vengono percepite la presenza e l'agire di moltissimi esseri visibili e invisibili. Il loro agire non lo riferisco a me stesso, al mio organo di senso-io ma lo riferisco a tutta la realtà sognante in cui sono immerso. Per evocare il risveglio posso agire direttamente sul senso-io tramite immagini, suoni, realizzazioni di immagini,suoni o ripetendo continuamente << svegliati>>. Io insisto tanto utilizzando il corpo che il senso dell'io nella continua sollecitazione del risveglio. Il problema dell'utilizzo del corpo è che prima o poi si stanca, invecchia. Il problema con l'utilizzo del senso dell'io è che la percezione della realtà generata dal senso dell'io può essere tale da scoraggiare qualsiasi tentativo di evocazione del risveglio. In ogni caso so che le realtà delle manifestazioni non sognanti e dell'intensità sono ben visibili attraverso il sogno. Dunque aspetto che prima o poi siano loro stesse a raggiungermi sapendo che l'attesa non è banale inattività. Gli asana sono uno degli strumenti che l'elemento del sogno ha per risvegliare il dormiente. Il dormiente è una manifestazione reale che si estende naturalmente nel sogno, non si dirige verso l'intensità ( oppure oltre l'intensità si dirige anche) verso le tensioni, si trasforma in tensioni. Le tensioni uniscono tramite separazione, ciò che uniscono e separano. Sull'operare delle tensioni si agisce tramite calma, tranquillità, amore, allentamento/trasformazione della pressione fisica ordinaria Gli asana disuniscono gli elementi sognanti separandoli dalla loro funzione tensionale. Il senso dell'io, l'ego, può avere un ruolo molto attivo in tutte queste attività e questo suo attivarsi in senso inverso alle tensioni genera impulsi che separano con dolcezza la manifestazione dormiente dall'io sognante. Gli impulsi sono le tensioni trasformate in equilibrio ed intensità. Un elemento sognante come il senso dell'io può generare impulsi reali, esiste continuità anche tra il sogno è la realtà. La calma, la pace la tranquillità e l'amore di cui ho parlato poco più sopra evocano e generano il rallentamento e la cessazione dell'automatismo separatore (così appare all’interno del senso dell’io) delle tensioni, si tratta di sostenere la calma, la pace la tranquillità e l'amore in situazioni normalmente insostenibili in modo che le tensioni in atto non continuino a sviluppare altre tensioni, ulteriori separazioni. Personalmente preferisco chiamare senso dell'io ciò che comunemente è chiamato mente. Chiamo mente ciò che si percepisce quando ci si trova al di fuori del senso dell'io, ovvero quando non si percepisce sè stessi dal di dentro ma ci si trova al di fuori del senso dell'io, al di fuori di sè. Quella mente è priva di individualità propria ma percepisce in maniera molto più vasta, acuta e profonda del senso dell'io. Quella mente è la stessa che incontrano all'uscita dal proprio senso dell'io tutti gli esseri. È una mente e molte menti allo stesso tempo, è parte della vita che si incontra al risveglio. Quella mente è stabile e gli impulsi che la attraversano e compongono si unificano in una meravigliosa intensità indescrivibile. Almeno così appare dall'interno del mondo del sogno quando la percezione usa ancora le manifestazioni del sogno per comunicare pur trovandosi allo stesso momento nel sogno e nel risveglio. Il senso dell'io si rende conto del risveglio e della presenza di una profondissima percezione ad esso esterna e avverte l'intero processo tanto nella forma della conoscenza che nella forma di una propria trasformazione fisiologica radicale. Le due forme sono compresenti solo se si agisce al di fuori della propria individualità e senza episodi traumatici. Allora, solo allora, la continuità diventa qualcosa di vivo, diventa lei stessa un impulso, una manifestazione, come la mente, come il cuore non individuale. Io non mi sono creato nè sono io che mi distruggo, provoco sofferenze e, infine, muoio. È l'incessante automatismo del sogno che produce il mio io, la mia transitoria esistenza e infine la mia morte. A me va bene così, <<mia>> non è neanche la vita poichè essa la suscita e decide l'automatismo. Non intendo alimentare io stesso l'automatismo, non voglio proprio farlo, la percezione è troppo più intensa e profonda stando lontano dall'io e dal sogno. Per qualche motivo anche gli automatismi scorrono verso la percezione profonda e nella percezione profonda. Il senso del mio io acquista pace e tranquillità nel vedere, sapere e vivere direttamente la presenza della percezione intensa in cui il senso dell'io trova e troverà la sua collocazione-trasformazione incurante della perdita della propria individualità che solo illusoriamente ha posseduta. Il senso dell'io stesso è sogno, ma le tensioni, gli automatismi che lo creano, generan, non sono un sogmo. Il senso dell'io è fatto per alimentare in qualche modo il misterioso aspetto automatico degli impulsi. Se il sogno cessa di agire in modo automatico, ovvero cessa di fare alcunchè che prolunghi il sogno allora il senso dell'io crea delle buone condizioni per cessare l'automatismo separatore delle tensioni in modo che gli impulsi possano ritrovare la pace, la continuità, il risveglio. Il senso dell'io, per quanto sia un elemento non reale è comunque costituito di percezione ed è attraverso la percezione, ritrovando la strada per la percezione profonda che il senso dell'io può trovare la propria via alla continuità che passa inevitabilmente nel non generare altri sogni (ma far comunque scorrere i sogni già attivati). Il senso dell'io attraverso il non generare altri sogni e attraverso il lasciar scorrere quelli presenti cambia, muta, si unisce agli impulsi-manifestazioni in equilibrio, può unire a queste ultime le tensioni-impulsi non in equilibrio (che lo hanno generato). L'io è a tutti gli effetti l'unico organo sensoriale che l'essere umano possiede. Quando l'io si risveglia compaiono immediatamente e progressivamente nuove fisiologie, le percezioni diventano molto più intense. La vista, l'udito, il tatto, la stessa mente, sono fenomeni che l'organo di senso io genera. Il loro (....) insieme non costituisce la totalità dell'os-io, l'io-os (organo di senso dell’io) è qualcosa di più. L'io-os genera il cervello, in parte, e il cervello gestisce la maggior parte delle attività dell'io-os. Ma l'io-os esiste prima del cervello e dopo il cervello stesso, in altre parole l'io-os precede la nascita e continua ad esistere dopo la morte. L'io-os è un complicatissimo processo aggregatore che parte dalla costrizione della percezione all'interno di percorsi ripetitivi. A questo processo si aggregano ulteriori processi che conducono alla comparsa delle numerose manifestazioni della realtà ordianaria (il sogno). L'io-os esiste prima del cervello come effetto di una certa causa. Quella causa è un determinato fluire degli impulsi diventati tensioni, nel caso dell'io si tratta di un confluire e rifluire infinitamente ripetitivo delle tensioni. Per quanto l'io-os sembri essere l'unica fonte di percezione nella realtà ordinaria gli impulsi fremono al suo interno e al suo esterno e possono tanto essere percepiti direttamente quanto trasmettere percezione profonda extra-ordinaria attraverso i modi propri della sensibilità dell'io-os, p.es. nella forma di immagini,suoni, tatto, ecc. Gli asana possono facilitare la percezione degli impulsi e del mondo in cui gli impulsi vivono. L'io-os non è altro che l'effetto prodotto da fluttuazioni di impulsi, le fluttuazioni di impulsi sono impulsi loro stessi che o si intensificano unendosi nella intensità o si indeboliscono unendosi nella unione-separazione sognante che è la percezione ordinaria. Quest'ultima però, a differenza della intensità, non è reale, è un effetto evanescente che persiste solo attraverso l'incessante ripetizione svolta dagli impulsi-tensione. Io non so perchè gli impulsi a un certo punto si uniscano tramite separazione generando l'effetto realtà ordinaria, ma so che la realtà ordinaria non è totalmente condizionata dall'agire ripetuto degli impulsi-tensione e la realtà ordinaria può essere in grado di percepire l'intensità e la continuità della intensità stessa, quindi confluire in essa. L'inesistente confluisce nell'esistente, è questo passaggio che risveglia non solo l'io ma gli stessi impulsi. In pratica io sono un sogno che deve risvegliare il proprio sognatore per diventare reale e accedere alla continuità. Io stesso, seppure non sono che un sogno faccio parte dell'esistenza degli impulsi che per destarsi dal loro sogno possono contare sull'agire del proprio sogno. Nella pratica il risveglio si svolge attraverso un continuo fluire tra fisiologie sognanti e fisiologie reali sognanti o non sognanti, dipende dai casi. I sogni, gli io--os, sono esseri viventi solo se si percepisce che l'unica esistenza è quella della percezione. La percezione non oscurata è tale ovunque, anche nel sogno. Concentrazione, amore, comprensione, procedono di pari passo e non sono nemmeno nettamente distinguibili. La via della continuità della percezione passa attraverso la concentrazione, l'amore e la comprensione e tutto ciò che incrementa la percezione aumenta contemporaneamente la concentrazione, l'amore e la comprensione. Si può agire separatamente sulla concentrazione, sull'amore o sulla comprensione per poi vedere estendersi automaticamente gli effetti agli altri due. Se ciò non avviene allora si è finiti fuori strada, si scambia la potenza per intensità, si è intrappolati nell'auto-suggestione. Noi umani abbiamo un solo organo di senso ed è il cervello, tutto il resto è percezione nella forma della continuità. Gli asana interagiscono volutamente con quest'ultima, con la percezione, e inoltre cercano di condurre il cervello nella percezione della continuià. <<una forma della percezione>> è una limitazione della percezione ovvero una continuità percettiva eccessivamente rallentata o addirittura isolata, circoscritta. Il nostro organo di senso, il cervello, produce per lo più forme della percezione raggruppate attorno a una forma principale, quella dell'io-sono. La concentrazione senza intensità e l'intensità senza concentrazione non sono comprensibili. L'intensità non può essere percepita senza concentrazione, senza una enorme concentrazione non mentale, senza una enorme concentrazione prodotta al di fuori dell'organo di senso mentale. Parlare della concentrazione è quasi impossibile poichè parlandone si tende a trasformala in un' azione e possibilità dell'io-os (io inteso come l’organo di senso dell’io). La concentrazione profonda scaturisce solo o al di fuori dell'io-os o per lo meno quando l'io-os cessa la sua azione esclusivamente identitaria. La concentrazione è percezione della continuità delle fisiologie non sognanti, netta percezione degli impulsi, dell'altro cuore, dell'altra mente, ecc. Io non la cerco, è lei che mi trova e che si fa strada. La concentrazione è quel che si dice un talento naturale. Ma fin quando non viene riconosciuta, non agisce. Più che concentrazione sembra un intuito o una quantità di visioni profonde ma rare e spesso viene interpretata attraverso la mente dell'io. La concentrazione è un penetrare continuo oltre il sogno tra i diversi esseri-manifestazioni-fisiologie-impulsi esistenti. Con il continuo penetrare si incontra una intensità sempre maggiore. L'intensità è presente anche nella dimensione sognante ma, come la concentrazione, se non viene percepita e riconosciuta, essa non agisce. La concentrazione e l'intensità fanno parte della dimensione umana in modo molto debole e precario e scoprire la continuità oltre la dimensione umana sognante, implica non solo risvegliarsi ma anche mutare la propria umanità in altro (nella continuità). Ma non è l'io della mente sensibile che muta è l'intera natura che muta. Quando anche l'io-organo di senso comprende l'insieme mutante di cui fa parte esce dalla proprio agire identitario. La concentrazione non è un'attività dell'organo di senso detto io. Essa si attiva di sua stessa iniziativa se, indipendentemente dalla mente prodotta dall'io-os, si è abbastanza concentrati naturalmente, senza sforzo. Spesso ho la sensazione di essere in attesa che la concentrazione si attivi proprio perchè il mio IO, io stesso, nulla può per attivarla. Il fatto stesso di avere l'organo di senso dell'io attivo indebolisce la concentrazione e mi dà la sensazione di essere in attesa che la concentrazione si risvegli o intensifichi. Dato che spesso vivo la concentrazione, quando essa è assente posso mettermi in attesa del suo riattivarsi e lavorare sull'indebolimento degli automatismi da cui scaturisce il mio io-os e gli asana sono un ottimo metodo non mentale per indebolire quegli automatismi. In ogni caso la concentrazione spesso si manifesta spontaneamente e la mente del mio io-os ne vede il riverbero tramite visioni complesse o percezioni di altro tipo, tattili, pressoree, sonore ecc. Quel riverbero non produce conoscenza, piuttosto, se non ostacolato dagli automatismi della mente, intensifica la concentrazione stessa. Non bisogna scordarsi che tutto ciò che è percezione prende anche le forme mentali del proprio io fin quando si è umani. Gli asana rendono il riconoscimento della concentrazione, certo, quando arriva e esalta la natura fisiologica non ordinaria delle manifestazioni che si susseguono. La precisione percettiva che deriva dalla pratica degli asana è particolarmente utile per distinguere la presenza della concentrazione da fenomeni di autosuggestione e autoipnosi, fenomeni particolarmente frequenti quando la concentrazione è una realtà ancora poco nota e l'intensità ancora del tutto ignota nella sua continuità e molteplicità-complessità. VIRGINIO SPARAVIGNA 2016-2018 La molteplicità unisce, 2016 – 2018 1 Non riconoscere come proprio l'io è sicuramente l'aspetto inizialmente più inquietante e di difficile gestione emotiva nella manifestazione della percezione profonda. Il non riconoscimento del ' io è un agire naturale che ognuno ottiene in modo diverso da un altro. La diversità del riconoscimento è causata dalla completa diversità reciproca degli aggregati di impulsi, ogni diversità provoca reazioni e manifestazioni peculiari. Gli aggregati di impulsi producono incessantemente la sensazione della proprietà e individualità dell'io, ovvero del fenomeno per cui l'io è convinto di possedere una individualità. Quando gli aggregati di impulsi, nel loro processo naturale tendono a diminuire la produzione della sensazione della proprietà dell'io, allora la percezione e le sensazioni percepite non si identificano reciprocamente, l'io aderisce agli impulsi stessi lasciando libera la percezione di accedere alla continuità della percezione naturale. L'individualità non viene percepita più come uno stabile possesso o una stabile e ovvia presenza. Il vero mutamento è quello dell'aggregato d'impulsi, la percezione di per sè non muta. Il mutamento dell'aggregato d'impulsi avviene nella continuità. Fin quando nessuna continuità viene vissuta il mutamento che conduce l'aggregato alla percezione non condizionata dagli impulsi dell'aggregato non avviene. Il cuore si addensa nelle nuvole. cola la riva alberata, passione per la pelle, un turbine di vegetazione animata esulta, naviga nell'aria, ruota, ansima innalzandosi, un muro di mattoni appoggiato sulla sabbia, perle dorate. Il fiume non è più un fiume. Il fiume nel fiume. Gli alberi espandono un abbraccio umano. Qui e là. La vegetazione si muove diventa corpo diventa fluido, luce, calma e rapidi mutamenti, senza azione. All'agire manca il sapore della frenesia. Avviene. Un solo slancio unisce qui e là. Non ho deciso io l'essere. L'impulso segue la strada nei suoi canali. L'impulso è sia percezione, è sia generare altri impulsi e così facendo esso si allontana dalla percezione, è sia non generare altri impulsi e così facendo l'impulso riconosce la continuità della percezione. Il ruolo dell'impulso è attivato verso la continuità della percezione solo quando la sua volontà cessa di essere automatica. In ogni caso gli impulsi sono inarrestabili e sorgono liberamente nella continuità della percezione. Quel che cambia - il mutamento - è il sapore dell'agire, la qualità dell'agire [il senso di <<attivato>>]. Ad un certo punto - e si tratta dell'agire non automatico - si agisce o non agendo o agendo con azioni infinitesime. Esiste anche la possibilità di agire tramite una volontà forte e intensa se l'agire è orientato completamente verso la riduzione dell'agire del volere automatico. Infine non esistono regole. Ognuno, a modo suo, sa in modo infallibile quando la continuità della percezione comincia ad essere stabile nell'estendersi oltre la percezione ordinaria. Qualcosa avviene. Nella radura scorre la luce, silenzio interno, incontro nelle mani, vegetazione, animazione, sbocciare non visibile. Il freddo, il caldo. la sosta, un attesa. Una finestra. Un corpo incredulo diviso tra dentro e fuori. Unitone. Le immagini scivolano nella realtà, nè vicine, nè distanti. La luce della notte nel lago. La luce degli alberi. Vento e acqua nell'aria. Accade che mi allontani dall'agire, senza agire, senza un agire che possa definire mio. Sono ancora qua mentre la vivacità del percepire aumenta come una pressione, nelle immagini, nell'invisibile. Esiste uno stato fisiologico, percettivo, in cui ciò che avviene si manifesta al di fuori della relazione ordinaria degli impulsi. Non bisogna aver paura di vivere senza il proprio io, sono in molti a farlo, in natura. E' lì che comincia la continuità che spesso mi sorprende. La stanchezza esasperata mi aiuta a percepire la mobilità del tempo e dei luoghi in cui vivo, il mutamento costante sia della percezione della durata del tempo che della percezione dell'estensione dei luoghi. Spesso durata ed estensione sono presenti ma non attivi, l'esistente si comprime delicatamente . Allora mi arrivano -è un precipitarsi di- troppe risposte per il mio io. Esco da me stesso perchè finalmente le pressioni-impulsi agiscono nella quasi immobilità. Sono gli impulsi l'origine del mio io. Quando gli impulsi oltre all'ordinario agire del fare diventano manifestazione, il mio io cessa di essere una forma di esistenza esclusiva. Qualcosa di molto vivo e presente avviene. Le parole non contengono il senso di << diventare manifestazione >> ma servono a segnalare la presenza di qualcosa di molto particolare. Quando gli impulsi non solo diventano manifestazione ma percepiscono e manifestano la comunicazione continua tra l'attività dell'agire ordinaria e la manifestazione stessa allora gli impulsi diventano anche continuità. E qui la morte si trova unita alla vita. Il modo in cui gli impulsi non generano l'io non ha regola. Un agire intenso può non generare l'io, l'immobilità può non generare l'io, è la continuità nel suo immenso movimento a darmi l'impressione di un risveglio, l'ultimo dono concesso al generare degli impulsi. Poi il sapore umano muta nella continuità. Solo percependo con qualche chiarezza la continuità la vita ordinaria acquista senso. Il primo passo è stato l'aumento della concentrazione il quale da solo mi ha condotto 1-all'arresto della mente volontaria - non di quella involontaria - , 2- alla capacità di controllo sull'ipofisi - parziale, ovviamente - , 3- alla percezione delle conseguenze dell'arresto dell'attività mentale volontaria nel corpo e quindi crescente percezione dell'involucro, aumento dell'intensità della concentrazione, sviluppo della capacità dell'involucro di rimanere in equilibrio tra la propria dissoluzione- che non può essere volontaria- e l'inizio e dell'agire volontario. 4- alla percezione del << riassorbimento>> e del manifestarsi di una intensa luminosità, percezioni che indicano la realtà fisiologica modificata dalla posizione di equilibrio tra dissolvimento dell'involucro e inizio dell'agire volontario dell'involucro. 5- Infine l'intenso aumento di concentrazione dell'involucro conduce l'involucro alla unione fisiologica tra se stesso e la natura, il cosmo, gli altri esseri, la vita e la morte. A questo punto l'involucro non percepisce fenomeni ma scorre tra manifestazioni. Il secondo passo è cominciato quando si e stabilizzata la percezione dell'unità dell'involucro tra se stesso e la natura. In questa fase si acquisisce la capacità di vedere, sentire, palpare, la relazione tra la percezione ordinaria in cui l'ego della volontà è incessantemente attivo e la percezione profonda in cui l'involucro - non l'ego- si è consapevolmente unito al cosmo. Quella relazione è fatta di corrispondenze fisiologiche, ovvero ogni atto della percezione ordinaria modifica la percezione profonda e la fisiologia profonda dell'involucro. E' a questo stadio che ho cominciato a capire in profondità il perchè dell' agire o non agire in un certo modo nella realtà ordinaria. La comprensione non è intellettuale ma fisiologica poichè ogni atto modifica immediatamente in modo percepibile l'involucro. Se voglio non oscurare le manifestazioni, se non voglio distruggere la fisiologia profonda dell'involucro, ora so come comportarmi. Non si tratta di una nuova morale. Chi agisce in questa fase è la natura, è l'unione tra gli esseri che decide se l'involucro deve rimanere attivato in profondità o se devo ritornare a vivere esclusivamente nella realtà ordinaria. Quell'unione con la natura può essere percepita solo dall'involucro ma per via del fatto che l'involucro vive anche nella realtà ordinaria quella percezione prende i colori, le forme, i sapori, il tatto della vita ordinaria e li modifica in parte e li rende in qualche modo comunicabili anche nella realtà ordinaria. Natura permettendo, per esistere in modo sensato, bisogna che rimanga concentrato nelle condizioni emotive che permettono di rimanere nella continuità percettiva tra la percezione ordinaria e quella profonda. Quelle condizioni emotive derivano dal non voler ottenere o trattenere niente per me nella realtà vissuta, derivano dal non generare altri centri di attività che espandano il mio io-corpo, in pratica quelle condizioni emotive sono possibili solo se l'attività degli impulsi non travolge una certa condizione di pace emotiva-fisica-mentale. La concentrazione necessaria per << rimanere nella continuità percettiva tra la percezione ordinaria e quella profonda>> non può essere MIA, deve venire dalla natura, è la natura che decide di essere concentrata. il mio io non ha quella capacità concentrativa. La continuità percettiva avviene solo se l'io si unisce alla natura e continua a riunirsi in modo percepibile anche nella temporalità presente nella percezione ordinaria. Ovviamente continuano ad esserci i momenti in cui quella concentrazione non è possibile. Il corpo si completa nell'estensione tra percezione ordinaria e percezione profonda. Quel che mi significa salute del corpo-mente ha senso solo se entrambe le percezioni sono stabili . Nella manifestazione di un corpo esteso tra percezione ordinaria e percezione profonda, la salute e la felicità nella vita ordinaria non sono condizioni indispensabili. Posso soffrire, posso morire, posso essere oberato da difficoltà che mi impediscono la felicità e tuttavia posso continuare a fluire nella continuità. Il corpo che fluisce tra percezione ordinaria e percezione profonda è un involucro aperto e unito alla natura. Il suo stato è allo stesso tempo mutevole e non mutevole. La continuità del corpo è fatta di manifestazioni che non alterano la natura. Si tratta di manifestazioni rapide e leggere che non hanno le caratteristiche dell'agire e del volere della percezione ordinaria. 2 Quel che si genera non è nè nuovo nè una vecchia ripetizione, quel che si estingue non si estingue. Così il mio futuro e il mio presente si sono svuotati del passato anche se sembrano un irrealistico ristagno, o addirittura un regresso. La concentrazione progredisce nell'attenzione. L'attenzione sulle parti interne del proprio corpo conduce nella percezione profonda. Avviene il contatto diretta tra fisicità ordinaria e percezione profonda. Non ho una missione, non mi sono scelto, non mi sono voluto, questi impulsi non sono miei. Va bene così. Il contatto mi adagia di nuovo nella percezione ordinaria. La natura ha scelto , quindi gli impulsi vengono di nuovo isolati negli involucri. Ricompare il tempo. Ricompaio io, qua e là, in attesa. Sembra che i miei impulsi non siano più isolati nell'agire. Si comportano come il mare mentre gioca con una fragorosa risacca, cerca la deriva nei propri stessi elementi, li scioglie e così la vita sceglie, la vita salta in un'altro luogo e alcune forme precedono ogni compresione. Quando l'isolamento degli impulsi cede appare il non pensabile, il non immaginabile. E' l'agire isolante che permette all'impulso di manifestarsi. Impulso e isolamento sono una unica entità, una unica azione. Il cedimento della loro azione è una qualità onnipresente nell'ambiente in cui vivo, una qualità la cui presenza non dipende nè dalla mia percezione profonda nè da quella ordinaria. L'azione isolante-impulsiva non è mai assoluta anche se spesso viene percepita come tale. L'azione isolante-impulsiva a un certo punto si indebolisce da sola, può manifestarsi in modo molto debole, può ridursi a una lieve presenza il cui agire non è un ostacolo alla percezione profonda. Sono convinto che ogni persona può accedere all'indebolimento dell'azione isolante-impulsiva secondo proprie personalissime modalità e tempistiche. Modificare la percezione significa - per me - modificare la realtà ( la mia realtà ) e quella realtà è un habitat molto particolare la cui profondità, superfice e continuità vengono unificate o differenziate proprio da quel percepire che solo in un primo lungo momento appare a me come mio ( esclusivamente mio e personale ). Assieme ad ogni percezione si manifesta una fisiologia. Poi, a un certo punto, la percezione profonda si tuffa in quella ordinaria e comincia il processo di unificazione delle percezioni e, ne segue, delle fisiologie. Ma io non ci sarò più quando tutto ciò avverrà perchè sarò stato unificato. Gli impulsi che producono il mio io per ora agiscono incessantemente e quindi tutto ciò che mi appare non può che essere differenziato, anche la percezione profonda sembra altro dalla mia percezione ordinaria. Gli impulsi emergono perchè si differenziano-da e , inoltre, conservano quella differenza-da e spesso si isolano dentro quella differenza-da. La percezione profonda è diffusa, non parte da un punto centrale, per esempio la testa - anche se non posso escludere che per alcuni il suo centro di origine sia nella testa o nel respiro o in entrambi. Per me la percezione profonda è diffusa, una sorta di epidermide non animalesca e non appartenente ad alcun corpo. La sua vitalità è massima quando si fonde con la percezione ordinaria che invece è decisamente concentrata in zone corporee. (Io penso sempre a cosa farei se non potessi vedere, parlare od udire, o tutto ciò insieme. l'unificare serve proprio a superare difficili situazioni di deprivazione sensoriale e, dopo tutto, cos'altro sono? In particolare sono da sempre attratto ad oltrepassare le difficoltà generate da una impossibilità di utilizzo del cervello.) Più frequentemente è la percezione ordinaria ad entrare con le proprie forme, i propri colori e suoni, nella percezione profonda. Quest'ultima sottrae alla percezione ordinaria il movimento ordinario a cui è sempre associato un qualche tipo di pressione. Nella percezione profonda i movimenti possono essere visti e uditi e palpati senza che provochino pressioni o differenziazioni. Tutto, nella percezione ordinaria, può diventare il luogo di un passaggio dalla percezione ordinaria a quella profonda. Le complesse fisiologie che la percezione ordinaria produce possono venire coinvolte in ogni loro parte in intense fasi di circolazione tra la percezione ordinaria e quella profonda. Quelle fasi di circolazione possono essere percepite in molteplici modi e conducono spesso alla esperienze del movimento in assenza di pressione e alla esperienza del mutamento in assenza di differenziazione. Inoltre grazie a quella circolazione si arriva a percepire con chiarezza quali eventi della vita ordinaria conducono alla perdita della percezione profonda. Lo yoga localizza i luoghi di passaggio tra la percezione ordinaria e quella profonda nei chakra. ma la mia esperienza dice che le cose stanno diversamente, che forme concentrate di comunicazione tra dimensione profonda e ordinaria possono svilupparsi ovunque e semmai i chakra dello yoga nella mia esperienza rassomigliano a luoghi di passaggio ricorrenti nella circolazione ordinario-profondità. Ma << ricorrenti>> non significa sempre, non implica una regola, non indica un cammino valido per tutti. La maggior parte dei testi yogici vincola il passaggio tra la percezione ordinaria e quella profonda all'utilizzo del prana e successivamente alla meditazione. In pratica quei testi inducono i praticanti a un uso ossessivo della respirazione e della mente - sì proprio della mente- a discapito del resto della fisiologia strettamente umana e di quelle ad essa più prossime. E' come se qualcuno per la fretta di creare un percorso praticabile da tutti verso la percezione profonda avesse creato un modello potente come suggestione ma del tutto non corrispondente alla realtà dei fatti. In alcuni testi non strettamente yogici ma della tradizione dello schivaismo monista del kashmir si accenna alla possibilità di una dissoluzione- illuminazione di ogni parte del corpo e poi di un comune fluire di quelle illuminazioni in una comune profondità. Ma non si dice come ottenerla. Se dovessi parlare delle mie esperienze in termini yogici direi che non esiste un luogo della percezione ordinaria in cui non si possa sviluppare un sistema di chakra e in cui la continuità tra percezione ordinaria e profonda non scorra con le proprie inafferrabili dinamiche. L'illuminazione, come esperienza, non è che una piccola fase di un interminabile processo i cui momenti sono diversi per ciascuno di noi. Intendo dire che la canalizzazione ( nadi) cui si riferiscono i chakra e l'illuminazione - che è una componente dell'habitat di quella canalizzazione, non sono tappe inevitabili del processo della continuità tra percezione ordinaria e quella profonda. Questo processo avviene liberamente per ciascuno di noi. 3 I cuori in cima agli alberi scivolano dietro la luce. Dentro la corteccia, la schiuma della vita avvolge mani, ansia nel vento, legami nel cuore. Trema il silenzio, accorre, emergono nella foresta, il suolo nel petto, cuore, polmoni, slancio tra le chiome del cielo. Il lago, nel fiume, ornamento di brividi frequenti nei fagiani pomeridiani, i richiami tra i venti, l' intrecciarsi degli alberi con i cieli. Il cielo è la pelle, è il respiro dell'entusiasmo. Le mani trasudano filamenti vegetali. L'aria sta dentro. Sono talmente tanti da incoraggiare il contatto. Il diaframma spinge il mare nel cielo. Nella notte la luna ha trapassato gli alberi. Adesso germogli ovunque. La valle scorre. Nel cuore del fiume. La corrente del fiume altrove. Il respiro compone i suoi rami. Sul pavimento, immerso nell'acqua. Le mani, fiori tesi nel cielo. La luce della pioggia è il silenzio. Il calore del petto nel respiro degli alberi, del cielo, acqua ovunque, intrisa di luci. 8 gennaio 2017 Nel tronco, nella mano scorre, la vita di linfa, luce, dare. Il sole disadorno riflette nella baia. Una sola voce riga il silenzio con graffi e pace insensata. Le radici esplodono. La corsa senz'aria, dentro la roccia, nel fondo dell'oceano, invasione incendiaria, colata di lava ristoratrice tra le mani, il sorriso del cuore senza il tempo, passaggio tra gli alberi, nel cuore del ventre, il canto del vento al posto del cervello. Mi capita di esistere senza che il cervello se ne renda percettivamente conto. Allora divento tutto corpo e il suo muto e incolore percepire restituisce profondità percettiva al cervello. Il corpo se ne sta sempre con la natura. Le visioni che fluiscono tramite il cervello parlano a lungo, diffusamente di quello stare con la natura, con suoni, colori, forme, sensi molto particolari, in qualche modo sensi del tutto privi dell'impronta del mio cervello. L'attività del cervello è quella di sintetizzare differenze che successivamente vengono analizzate e sistematizzate dal corpo. Il corpo unifica l'agire sintetizzante del cervello nella esperienza della vita. La coscienza ordinaria è un prodotto sintetizzato del cervello. Il corpo di cui il cervello è una parte non necessita della coscienza per fornire una esperienza unificata della vita. Il cervello è corpo ed è il luogo fisico attraverso cui gli impulsi dai quali sono costituito determinano la coscienza che il corpo deve unificare. Per il corpo << unificare la coscienza >> significa dare forma ed esistenza fisica alla coscienza. Il cervello ed il corpo sono una unità esattamente come gli impulsi sono una unità. Gli impulsi esistono perchè la loro unione li precede. Ma la unione degli impulsi è diversa dagli impulsi stessi. Corpo e cervello esistono solo nella forma della loro unità anche se nella coscienza ordinaria possono sembrare separati. Eppure io parlo degli impulsi come qualcosa di diverso dalla loro unità ed egualmente parlo del cervello e del corpo come se non fossero uniti. Di questo passo dovrei asserire che la coscienza ordinaria si oppone alla unità della coscienza e che la unità della coscienza non è una forma di coscienza. Solo la percezione profonda mi garantisce l'unità che a questo punto però appare priva di coscienza, di corpo, cervello e colori ordinari. E invece io insisto col dire che in ogni momento della mia esistenza sia possibile accedere ad un'altra fisiologia priva di differenze. Quando la raggiungo sfuggo ai paradossi. A quel punto la vita ordinaria non è un luogo in cui dipanare enormi matasse di irriducibili differenze e opposizioni. Ci posso rimanere con una certa tranquillità. Può sembrare un'operazione intellettuale la creazione di una fisiologia priva di differenze e ciò avviene giusto nello scriverne in questo unico attimo. Per il resto <<la creazione di una fisiologia priva di differenze>> è, per me, un fatto per lo più fisico ed emotivo in cui si affollano innumerevoli pratiche fisiche e addirittura ginniche, molte emozioni e una buona dose di umorismo verso me stesso. (Per me è implicito che dipingere, suonare, scrivere nascano in un luogo dove l'intelletto e il corpo siano ancora indifferenziati. Personalmente mi aspetto che quando dico, per esempio, <<sole>> qualcuno mi porti lo sguardo di una coccinella e non mi indichi l'astro. Se poi l'astro sia una coccinella pelosa ben venga). Una pianta diventa un paesaggio, un corpo diventa una cascata liquida, tutto torna alle terre, la luce crea e quindi il contatto appare come una galassia. L'oscurità è la luminosità delle presenze e anche l'oscurità è contatto. Il contatto delle piante passa per la terra e fiorisce con forme stellari, la pelle è una corrente di corpi che tornano nelle foreste, le foreste fioriscono nelle pietraie assolate, gelide, oppure oscure. Le galassie brillano in questi sassi da cui sgorga una foresta rigogliosa di alberi, cartilagini e carni amorevoli. La comunicazione è dalla loro parte. Il calore tesse il respiro, pelle marina asciuga il sole. Leggero nel vento, polvere di cuore indugia nebbiato. Senza respiro, mani e piedi di pietra, l'attenzione sorge nell'esitazione. L'aria gioca sulla pelle, la vitalba allaccia il ventre. E da dove potrei riceverlo, se non fosse già stato nel presente, presente? Tra lo sguardo e la parola, un abbraccio, la (presenza) tra le pietre. ..un'unica percezione, in parte profonda, interiore, in parte ordinaria,superficiale, entrambi (unica) vivono influenzandosi, ma solo il manifestarsi estremo della percezione ordinaria cancella la percezione di quella profonda.....sin quando l'estremo si rilassa e la percezione profonda riappare. Corpi, menti, cuori, fisiologie variopinte, affollano le percezioni. Le loro unioni ancora sono corpi, menti, cuori, e tuttavia le loro unioni appaiono diverse lungo lo scorrere della continuità. Unire, diversificare, con il solo amore della presenza e non del possedere, o possedere perchè l'unione può possedere con amore e allora le carni dischiudono sottili primavere, vegetazioni incolori. L'esistenza vuole esistere, non mi illude mai l'esistenza del suo volere. ..come io voglio e Il Mio è fatto di vita e di morte, così è la straripante fioritura interna, profonda, nulla teme, unisce (la morte con la vita si uniscono, manifestano). Senza verità, assorto nella vita. 11Marzo Ogni impulso è, rispetto alla quiete, all'equilibrio, un atto estremo. A sua volta una manifestazione estrema può essere ulteriormente estremizzata, di fatto estremizzare l'estremo è il procedere della percezione ordinaria della natura. Il percepire estremo rende quasi invisibile la quiete. La quiete non ha energia nè materia, è viva. Anche la percezione ordinaria non è fatta di materia nè di energia ma è viva. Tutto ciò che sembra apparire in me e fuori di me mi conduce ad essere estremo in qualche modo (non in senso politico o artistico). Anche il rifiuto a seguire ciò che è estremo è qualcosa di estremo. Basta indugiare, la quiete esiste e non è interessata dalla vita e dalla morte ordinarie..e.. non è presente un aspetto fisico, anche, è proprio un vivente. La continuità è il nutrimento. E' importante sapere di non avere colpa - pressione culturale, illusorietà del karma. Allora divento lo spettatore delle trasformazioni della NATURA-PERCEZIONE. Lo spettatore poi scivola, con la natura nei canali della continuità, quando e se appaiono. Altrimenti è l'attesa. Per me, per gli alberi, per la polvere. Gli animali sono gli ultimi arrivati, quelli che ci credono davvero alla differenziazione. E' nella natura del cuore l'attesa.. Molte sono le presenze intense, esse appaiono prima e dopo che la mente conosca i propri automatismi. Nella continuità niente cessa di esistere. Quando si percepisce la interruzione della continuità si indebolisce o interrompe del tutto la continuità - si tratta in entrambi casi di un processo dell'insieme, della natura. Agisce qualcosa di unificante, non una singola manifestazione. Continuità è il passaggio, per esempio, dalla vita percepita all'interno dell'ego alla vita di una unificante manifestazione esterna, quale essa sia. La continuità, quella vivente, quella percepita che è fatta anche di suoni, visioni, manifestazioni, modifica l'ambiente tramite colui o ciò che la sperimenta, vive, ne è attraversato. Non è il percipiente che modifica alcunchè, E' LA CONTINUITÀ CHE AGISCE ED ESERCITA LA PROPRIA BENEFICA AZIONE SU CIÒ CHE CON ESSA ARRIVA IN CONTATTO ATTIVO. IL PERCIPIENTE E' TUTT'’UNO CON L'AMBIENTE, ANCHE SE DI NORMA NON SE NE HA LA CHIARA PERCEZIONE. Le emozioni,nella percezione ordinaria, vivono libere, non sono obbligate alla interazione tra umani. Le emozioni non dipendono dalla mente, il loro flusso è incessante per via della natura umana priva di equilibrio. Il flusso continuo di emozioni, e , ripeto, la mente non le causa, è il segnale più evidente di quanto sia radicato e generativo la estrema tensione interna umana. L'assenza di equilibrio nell'essere umano, fisiologicamente parlando, si concretizza in una natura determinata da un costante flusso di emozioni la cui origine precede la nascita della singola persona e ne crea la prima struttura. Le emozioni stesse sono esseri viventi non in equilibrio. La mente può essere fermata ma non le emozioni. Percepire con chiarezza la differenza tra mente ed emozioni è importante per non praticare tecniche meditative di autosuggestione. Lo scopo di quanto dico è la esistente possibilità di vivere in equilibrio. Ma cosa succede a delle complesse manifestazioni estremamente non equilibrate che trovano una loro continuità verso l'equilibrio? Le espressioni << equilibrio delle emozioni >> << esaurimento degli impulsi >> << continuità tra percezione ordinaria e percezione profonda >> << unificazione della percezione>> sono intercambiali tra di loro. Nessuna di quelle espressioni sottintende l'esistenza di una <<realtà assoluta>>, la necessità della soppressione o limitazione delle emozioni. Semmai << equilibrio delle emozioni >> sottintende la possibilità di esistenza delle emozioni al di fuori del loro automatismo, << esaurimento degli impulsi >> indica la esistenza di fisiologie viventi nella percezione profonda e prive della compressione fisiologica tipica degli impulsi, infine << unificazione della percezione>> indica la realtà dell'esistenza di un percepire fluido ma privo di movimento tra percezione ordinaria e percezione profonda senza che la molteplicità delle fisiologie percepite venga unificata in una nuova ineffabile fisiologia. 4 aprile 2017 Ultimamente sono molto interessato dalla mancanza di equilibrio e dalla forte tensione propria delle manifestazioni della percezione ordinaria. E' la mancanza di equilibrio e forte tensione che rende la manifestazioni della percezione ordinaria così persistente da sembrare reale ( materia, spazio, tempo...), immodificabile. L'equilibrio e l'assenza di tensione esistono ma sembrano un sogno irraggiungibile dall'interno del non-equilibrio ordinario. In realtà il non-equilibrio ordinario si riequilibria da solo se non viene continuamente estremizzato, ma quel che dico è davvero molto difficile da percepire e intuire. Quella difficoltà di percezione è la misura stessa della tensione, del non-equilibrio. E poi ci sono molti fatti controintuitivi....il primo tra tutti è che l'azione, l'agire, può generare tanto ulteriore tensione quanto allentamento della tensione. Una constatazione altrettanto controintuitiva è che ogni emozione della esistenza ordinaria è collegata alla percezione profonda, nel peggiore- e molto frequente- dei casi - per ostacolarla. Questo collegamento può essere trovato e.... è vivo, non è un concetto, possiede sempre un sapore emotivo, è un essere senziente a sé stante. La continuità assume la forma degli alberi, dei fiori, delle montagne, delle paludi, della campagna, dei laghi, dell'oceano, del cielo, di geometrie variopinte, del movimento, del vento. Le emozioni e i sentimenti sono gli impulsi quando vengono percepiti vivi, perchè gli impulsi sono davvero vivissimi, non sono un concetto rappresentativo. E allora sono le emozioni a creare la mente e a creare la percezione della coscienza puntiforme, individualizzata. La mente può coesistere anche con una coscienza non individualizzata, insieme o senza quella individuale, dipende dal gioco delle emozioni. Come le emozioni-sentimenti-impulsi appaiano a una coscienza non individualizzata non può essere detto, può solamente essere vissuto. Le emozioni quando appaiono a una coscienza non individualizzata, che è propria della percezione profonda ma dall'interno della percezione ordinaria, si manifestano nelle forme della realtà ordinaria e con un senso ben diverso del senso della realtà ordinaria che comunque resta attiva nel presente. E' il percipiente che dà il senso - profondità - alla realtà, non il linguaggio che si usa per esprimerla, nè le forme in cui essa si manifesta. Questo vale anche per le ultime parole scritte. Vivere nella realtà ordinaria (alcune) percezioni profonde implica la comunicazione della percezione profonda a tutta la realtà ordinaria. Se è vero che non esiste una effettiva divisione tra realtà-percezione ordinaria e la realtà percezione profonda è vero che un insieme di impulsi-emozioni ordinari che vivono emozioni della percezione profonda comunicano l'emozione profonda all'interno della realtà ordinaria con un sapore peculiare: si manifesta una interazione tra profondità e superficie della percezione -realtà particolarmente utile agli impulsi che da uno stato di chiusura completa nell'involucro ordinario stanno per percepire la profondità ma ancora ne ignorano l'esistenza. La comunicazione della percezione profonda all'interno della realtà ordinaria da parte di una quantità di impulsi dotati anche e soprattutto dell'aspetto dell'individulaità, abbassa la tensione delle emozioni, quella degli impulsi, acquieta l'individualità, libera i corpi e le menti, contribuisce all'unificazione. La comunicazione della percezione profonda all'interno della realtà ordinaria non richiede la produzione di rappresentazioni o linguaggi. Avviene nel silenzio dell'agire quotidiano. La comunicazione della percezione profonda all'interno della realtà ordinaria dall'interno della stessa realtà ordinaria non è una comunicazione operata specialmente da esseri umani a beneficio di altri esseri umani piuttosto è una comunicazione operata da moltissimi organismi per tutte le manifestazioni (organismi, le manifestazioni sono organismi, gli organismi sono manifestazioni). La comunicazione della percezione profonda non opera attraverso l'individualità, piuttosto la avvolge in modo benefico (equilibrio, non-tensione). 9Aprile 2016 Il cervello è il luogo in cui si manifesta la percezione individuale. Nel cervello, in ogni parte da cui il mio involucro è composto e anche in ogni punto del cosmo la percezione è presente nella sua forma non individuale, quella diffusa e priva di limitazioni. La percezione individuale è una percezione limitata e limitante. I suoi limiti e il luogo in cui essa viene percepita, sono determinati dagli impulsi-emozioni. La percezione individuale è una interazione la cui struttura operativa è determinata dagli impulsi-emozioni al di fuori del cervello mentre la percezione stessa della individualità avviene all'interno del cervello. Il cervello può, come qualsiasi componente del mio involucro, percepire anche in modo non individuale, operare in modo non individuale. Il cervello è il luogo dell'operare psicologico, la dimora del fenomeno della psiche, ma il cervello è moltissimo altro. L'importanza attribuita al cervello e alla psiche nel gestire la percezione è decisamente eccessiva. Non c'è un solo frammento del mio involucro che non sia altrettanto importante per la percezione. La psiche inoltre si occupa esclusivamente della percezione individualizzata che è la percezione più confusa a cui io possa accedere anche se è la percezione più immediata che mi si presenta nella vita ordinaria. La percezione non ordinaria non si affronta con la psiche-che è una parte della mente. 10 aprile 2017 Ciò che accade nella percezione profonda appare anche alla percezione ordinaria ma se quest'ultima cerca di ridurne il senso nella propria visione ordinaria allora ne smarrisce il senso e la vitalità si autosuggestiona. Non è la mente individuale che conduce e illumina i sensi delle manifestazioni del profondo ma sono le emozioni a farlo quando non sono più rese automatiche dalla complessa mente-ego-psiche ordinaria. Le emozioni private del loro abituale automatismo tendono all'immobilità, all'equilibrio, all'unificazione, entrano in un particolare condizione atemporale, non più materica nè misurabile pur diventando estremamente precise e intense. La tendenza a mentalizzare la percezione profonda è parte degli automatismi emozionali. Essa si manifesta nel giudizio dato circa l'agire artistico, nel ruolo e nell'utilizzo dato alla facoltà intuitiva nella ricerca matematica e scientifica, nell'alimentare la credenza che la mente-ego-psiche si possa espandere. La mente-ego-psiche non si può espandere oltre i propri limiti ordinari. Una volta che le emozioni profonde entrano nella coscienza individuale bisogna seguire il ritmo naturale secondo il quale la percezione profonda e quella ordinaria si uniscono senza cancellarsi reciprocamente. La loro unione modifica la fisiologia in cui vivo e questa modificazione è tutt'altro che immediata ed esprimibile concettualmente. 12 aprile 2017 Nello stato iniziale della percezione ordinaria PO, la percezione attribuisce tutta la percezione dei fenomeni e la guida del corpo-mente alla psiche e ciò avviene molto spesso anche quando PO invoca l'intervento del sacro e dello spirito nel cosmo. Ad un certo momento, per i più vari motivi, la percezione ordinaria comincia a percepirsi come uno strumento automatico, asfissiante, generante insopportabili tensioni, violenze, emozioni. La percezione ordinaria quando riconosce parte dei propri automatismi cessa di accettarli e cerca di liberarsene. La liberazione dai propri automatismi, conduce infine la percezione ordinaria nella percezione profonda lungo un percorso estremamente complesso e pieno di continue sorprese. Una delle prime e fondamentali sorprese in cui si imbatte la percezione ordinaria avviene quando la PO scopre che la psiche, mente, EGO, non è la origine degli automatismi da cui è afflitta e quindi PO è finalmente capace di arrestare la mente-psiche, farla riposare. Inoltre la PO scopre che essa stessa non è la psiche e ha una libertà di movimento estremamente ampia. A questo punto, la PO quando comincia a staccare gli automatismi percettivi dalla vita della psiche-mente-Ego e quando comincia a riconoscere alcuni dei suoi agili modi di manifestarsi, comincia, molto lentamente ma significativamente, ad allontanarsi dalla percezione ordinaria stessa. La PO comincia a migliorare decisamente la qualità della propria esistenza quando avverte con estrema vivacità la capacità di staccarsi dall'asfissiante condizionamento a cui è sottoposta dalle emozioni e dalle fisiologie che generano gli automatismi: ora può finalmente non temere di vivere con le stesse emozioni e fisiologie che generano i condizionamenti automatici. Il passaggio dalla percezione ordinaria alla percezione profonda implica l'attivazione di un continuo e vivacissimo passaggio tra molteplici fisiologie la maggior parte delle quali sono ignote alla percezione ordinaria. Il superamento dell'automatismo non è una operazione psicologica e mentale, esso è possibile solo scoprendo nuove possibilità e realtà fisiologiche non condizionate dall'operare della mente-psiche. Quest'ultima resta presente ma non interferisce, non psichizza le nuove fisiologie che si manifestano. La trasformazione della percezione ordinaria è quasi tutta controintuitiva per via della estrema tensione in cui è immersa la percezione ordinaria stessa: per via della tensione prima avviene la morte-riduzione della percezione profonda in percezione ordinaria poi, se la tensione decresce, la vita, la percezione profonda riappare. Gli automatismi si estendono fin dove si estenda un organismo. Mi rendo conto che il mio indicare <<organismo>> è una rappresentazione mentale di qualcosa che esiste sotto-forma di indefinibile e sterminata quantità di connessioni. Ma il fatto che io usi la mente mi indica, oltre il semplice fatto che io-percepisco-qualcosa, anche l'esistenza psichica-mentale di connessioni raggruppate in organismi. Quel raggruppamento non blocca l'estensione delle connessioni ma oscura la percezione delle connessioni che vanno oltre il raggruppamento. <<Il raggruppamento>> è un'insieme di azioni percettive in continua trasformazione. <<Il raggruppamento>> oltre ad essere automatizzato dalla propria interna struttura è automatizzato dalla estensione delle connessioni, estensione pressochè indefinibile. A questo punto mi trovo nella necessità di dover affrontare la indefinibilità della estensione delle connessioni: io so che la loro indefinibilità è una mia rappresentazione mentale della loro esistenza che però non me ne ostacola la vivida percezione. Quando percepisco ciò che non è possibile rappresentare mentalmente so che sono uscito dall'automatismo della esistenza ordinaria. La percezione dell'automatismo dell'esistenza ordinaria è un fenomeno e una realtà mentale-psicologica ordinaria che avviene ancora all'interno del <<raggruppamento>> di connessioni. A un certo punto della esistenza percettiva è evidente che devo scegliere se dirigermi verso la conoscenza o la percezione - con queste parole intendo dire a: la conoscenza è ciò che credo di sapere tramite la percezione ordinaria-interna-mentale b: la percezione è ciò che divento nella percezione non ordinaria ovvero mi trasformo in una estensione di connessioni non raggruppate e prive di individualità. Come essere mentale mi sembra una fantasia impossibile una esistenza priva di individualità-identità, non caratterizzata da raggruppamenti di connessioni, mi vedo - con smarrimento- smembrato in una quantità di pezzi corporei incapaci di qualsiasi relazione vitale. Al contrario quando si manifestano le fisiologie in cui sono assenti raggruppamenti di connessioni capaci di delimitare un interno ed un esterno guardo ( chi guarda?) al mio-essere-mentale con ansia e affetto, cerco di farlo uscire dal proprio automatismo. Qualcosa di mentale e qualcosa di non mentale convivono in un continuum la cui definizione appaga la psiche ma appare priva di pace, di equilibrio ed amore alla percezione non ordinaria. La percezione non ordinaria non vive di bisogni, impulsi, identità, tensioni. Al momento in cui scrivo non mi sento obbligato a compiere alcuna scelta tra l'esistenza mentale carica di desideri, emozioni, impulsi e la percezione profonda.. La spinta alla scelta un tempo era molto forte ma ho sempre avvertito con chiarezza che quella spinta era un automatismo psicologico, la mia identità psicologica mal sopportava -quando e se riconosceva-la intensa presenza non mentale e non identitaria che spesso si manifestava a me. Sono stato fortunato, poichè quella scelta, se effettuata, conduce a autolesionistiche e allucinatorie forme di autosuggestione e di comportamenti sado-masochistici contro le proprie ed altrui emozioni-sentimenti-desideri. ....e sono stato anche fortunato a non voler trovare a tutti i costi una rappresentazione psicologica-mentale in qualche modo soddisfacente di ciò che mentale proprio non è. So che quella rappresentazione sarebbe stata del tutto falsificante rispetto a ciò che la percezione non mentale è. Il solo modo per entrare in contatto con la percezione non mentale è essere assorbito dalla-e fisiologie in cui appare la percezione non mentale. Anche il termine <<fisiologia-e>> è una rappresentazione, me ne rendo conto, ma lo uso per indicare il fatto MOLTO IMPORTANTE, che fin quando si è vivi come esseri umani la percezione non mentale avrà ancora un sorprendente e assurdo , rispetto alla percezione ordinaria, apparire fisiologico-del tutto diverso dal concetto di una realtà assoluta o da fenomeni estatici o da uno strato comune di archetipi inconsci. Le << realtà assolute>> le <<divinità>> le <<estasi>> gli <<inconsci collettivi>> gli <<archetipi>> sono ancora manifestazioni dell'agire percettivo ordinario, identitario, psicologico e mentale. Certo nel loro ambito possono eventualmente essere utili. Non sono certo io a decidere cosa la mia volontà sia. Sono le manifestazioni a determinare l'apparizione e le continue trasformazioni della mia realtà mentale. E le manifestazioni sono al tempo stesso non mentali e mentali. La loro relazione certo mi trascende e d'altra parte la vicinanza alla loro interazione mi ha notevolmente disinteressato verso i destini della mia psiche. La vivacità e della percezione, non ha regole nè leggi. Che la vivacità della percezione conducano il gioco. La psiche ed io osserviamo con gioia e stupore. 18 aprile La mia mente non trova niente in cui immedesimarsi nella percezione profonda. Quando la percezione profonda è attiva io, come mente e con la mente-psiche, la osservo oltre a essere percezione profonda io stesso senza io-ego. Ma la percezione profonda non trasmette alcun senso di immedesimazione o individualità al mio ego. La sua benefica presenza, per quanto sia intensa, rimane all'esterno della mia psiche. L'estasi già è stata consumata al primo apparire della percezione profonda. In quel momento l'intensità della presenza della percezione profonda generava forme di estasi nella mia psiche. Ora la mia fisiologia è stata in qualche modo modificata dalla percezione profonda, la sua intensità giunge e la psiche non è più capace di mentalizzarla nella forma di azione estatica. Al contrario, è la mente che lentamente comincia ad accogliere nelle sue funzioni manifestazioni della percezione profonda in cui non può immedesimarsi, non può trasformale in alcun modo. E così cominciano ad apparire numerosi fenomeni che la psiche-mente-ego può avvertire ed eventualmente vedere o udire, toccare, ma in cui non riconosce alcun un soggetto agente. Vi riconosce delle azioni ma non sa chi le compie, ne le può trattenere per sè. La percezione è le emozioni. Non esiste l'insieme delle emozioni. Il loro modo di mantenersi in azione è crearmi. Ma per farlo sono obbligate a rendermi cosciente. E in effetti non hanno alcun reale potere sulla coscienza se non quello di stordirla con la loro incessante azione. Ma è la loro incessante azione a consumarsi da sola. Una volta consumate, anche loro diventano coscienza. Tutto ciò avviene progressivamente. Prima o poi la coscienza se ne accorge, ovvero diventa attivamente cosciente. Il suo agire sta nel rimuovere la loro azione, in qualche modo. In un primo tempo la sua azione sembra l'immobilità e l'intensità, poi si manifesta la coscienza del profondo. -In altre parole ho appena cercato di rappresentare come la percezione per quanto possa essere tanto profonda e vivace quanto ordinria e opaca sia sempre e solo la stessa percezione-. Quando le manifestazioni interiori e quelle esteriori si mischiano la continuità è sicuramente attiva. Il fatto che l'esperienza della continuità s'interrompe, si reallenta o ridiventa del tutto assente significa che delle tensioni-emozioni sono di nuovo in azione - questa considerazione è applicabile a qualsiasi manifestazione di percezione. Le manifestazioni aumentano d'intensità lontano dalla vista, dall'udito e dal tatto, cominciano a manifestarsi quando l'interiorità e l'esteriorità si uniscono- ma non si tratta solo dell'interiorità ed esteriorità dell'ego individuale. Le infinite componenti della realtà ordinaria filtrano la percezione profonda fino a renderla puntiforme, minimale,la rinchiudono e limitano all'interno del cervello. Le numerose componenti della Realtà ordinaria appaiono una per una nella percezione profonda, sembrano voci, grappoli di emozioni, scene di vita complete, tutte dotate di autonomia e individualità. Ognuna di esse produce la realtà ordinaria, il singolo punto di coscienza-percezione, la sua fisiologia individuale. A un certo momento la molteplicità delle manifestazioni si unisce pur rimanendo molteplice. E'...qualcosa che può solamente essere vissuto, dirlo non ha molto senso dall'interno della percezione ordinaria. In qualche modo la percezione ordinaria è l'esterno prima che l'esterno stesso si manifesti come continuità. Nella continuità, la molteplicità, i mutamenti, non generano diversità ma hanno una presenza costantemente unificante. La continuità è l'interno. E' la presenza dell'ego che rende la percezione della vita -come della morte -penosa. Non è un fatto scontato che la percezione debba essere obbligatoriamente puntiforme, concentrata per lo più nel cervello e mediata dalla esistenza dell'ego. La percezione non ha bisogno per esistere di alcuna mediazione fisiologica o formale. Tali mediazioni e fisiologie esistono numerose e operano limitando la percezione, penosamente.( E' un fatto naturale, come) è un fatto altrettanto naturale che sia altrimenti. Mentre la diversità che si incontra nella percezione ordinaria è un agire che produce separazione, nella percezione ordinaria la diversità produce unificazione. (Nella percezione profonda la molteplicità delle manifestazioni è unificante poichè le manifestazioni sono prive di identità). La diversità nella percezione ordinaria trasforma ogni percezione in un oggetto, in una entità separata dal percipiente poichè il percipiente è una individulaità che non può percepire alcuna unificazione . (La trasformazione in oggetto ha luogo nella psiche, nel cervello, ancor prima che nella vera e propria produzione di oggetti). Se dall'interno della percezione ordinaria la propria individualità comincia a percepirsi unificata con altri esseri o cose senza identificarsi con essi allora la percezione ordinaria si sta interiorizzando, sta scivolando nella percezione profonda. Nel passaggio tra percezione ordinaria e profonda capita spesso che entrambe le percezioni siano compresenti in modo attivo. Allora si scopre che alcune percezione ordinarie tentano di entrare nella percezione profonda addirittura senza trasformarsi ma vengono respinte dalla propria stessa natura. In questo stato ibrido, le percezioni ordinarie si rendono ben conto della presenza della percezione profonda, ma ancora non la comprendono nè la amano: per avvicinarla credono che il solito agire ordinario basato sul proprio volere e potere sia corretto e invece scoprono e finalmente imparano per esperienza diretta che tramite il volere, il potere e l'immedesimazione non si accede alla continuità verso-la-percezione-profonda. L'ego, il proprio io, la propria individualità, sono solo alcune delle percezioni ordinarie presenti fra quelle (numerosissime) esistenti. Un essere umano è una entità composta da molte entità ciascuna dotata sia di una notevole autonomia sia della capacità di dialogo con le altre entità. Per la correttezza dovrei dire che un essere umano è la relazione che scaturisce dalla interazione tra molte entità. In natura non esiste alcuna entità autonoma, esistono solo relazioni tra relazioni, per questo motivo ho detto in passato che la materia della percezione ordinaria e la materia dei sogni è identica. Se non mi sento individualizzato, e invece mi vivo come compresenza di molteplici entità, non faccio che avvertire la nostra-mia realtà. IO sono un coro, ma le voci del coro sono comunque libere e indipendenti tanto di cantare per il coro-io che per se stesse. Via via che l'Ego tenta di dissolversi nella continuità le molteplici entità possono comunque voler agire con l'ego e ricrearlo in ogni istante. La dissoluzione dell'Ego è definitiva quando anche tutte le molteplici entità che lo generano-rigenerano si dissolvono. Dissolversi significa essere in equilibrio, cedere la propria tensione. Essere in equilibrio significa esistere-diverso-da ma unificato-unificante. 28 maggio E' un errore, a volte inevitabile, ritenere che l'andare o il rimanere dipenda da me. (Guardo in me il movimento ma qui in me si manifesta e prevale l'immobilità dell'esserci-non quello filosofico...che fatica avvertire il peso della storia delle e sulle parole). La manifestazione della presenza (l'immobilità,l'esserci) non sono io. Nell'interno, entrata, sicuro, arrivo senzauninizio, poi è vero, l'interno esiste, immagini, suoni, di nulla se non presenze premute lievi, nell’aria il soffio, il soffio risuona, suona, suono continuo legatounito. Appare tra le braccia, stretto nelle cosce, prezioso gesto di ginocchia, alberi, foglie lunari, cieli incastonati di linfa, piantagioni di carni amorevoli, il sonno legato al petto, petto-tamburo dai molti occhi. Semplicemente oggi-ora. Lo chiamo perchè non sia vicino, unito ma non vicino. Le ossa dissolvono nella fioritura esplosa, la corrente affonda nel petto, lega la voce in un fascio-cespugli-sterpi, semiarido di gioia, luna incerta richiamo attendo ventoinsegue rapideonde. Il cuoreunicounito. Nel pettodentro, quello non mio. Inseguo insegue. Nell'esterno si entra, ma si entra anche nell'interno. L'interiorità è... un luogo in cui si entra, non è un concetto, un quantitàdiqualità, un attrezzo etico. Nei luoghi dell'interiorità cio che si manifesta è fatto della materia in cui vive il sogno MA NON E' UN SOGNO! Le esperienze di unione che avverto nello stato ordinario avvengono in modo del tutto inaspettato, si svolgono in istanti e lunghi periodi in cui elementi più diversi della realtà ordinaria combaciano fra di loro assumendo insoliti profondi significati. Durante questi periodi-istanti la mente ordinaria è introversa. La sensazione è quella di disorientamento, entusiasmo, piacere. E tutto ciò muta rapidamente... per lo più gli elementi che combaciano sono talmente diversi tra loro che la loro unione non coinvolge minimamente il pensiero. Il pensiero è il metodo di unificazione dell'Ego ordinario. La realtà e la percezione in cui vivo abitualmente sono ordinari poichè l'Ego li osserva. La stessa realtà percepita senza la partecipazione dell'Ego diventa improvvisamente insolitamente profonda, diversa ma unificante al tempo stesso, gli elementi che la compongono sono a tal punto intimamente connessi da non poter essere detti realmente diversi tra di loro. Dire <<senza la partecipazione dell'Ego>> significa che percepisco senza avvertire la percezione come qualcosa di originato dal mio Ego, non mi vedo più percepire dall'interno della mia testa. E' completamente assente l'IO. E la intensità e profondità della percezione ne traggono un gran beneficio. Essere sorpreso dall'interiorità qua fuori mi cancella. Continuità negli impulsi, impulsi di pressioni, impulsi di immagini. Gli impulsi appaiono verso l'interno e verso l'esterno. A un certo punto le immagini appaiono senza che siano (le immagini stesse) visibili. Percezione di appagamento e decentramento. Appena comincio a fare yoga, ad assumere vari asana e a chiudere gli occhi, compaiono le manifestazioni. Mentre mi afferro e comprimo e sposto, compaiono gli alberi, le foreste, i fiori, le lagune, i fiordi grondanti abeti e immersi in acque di una trasparenza impossibile, altopiani gelati, spiagge incantate, fiori, moltissimi fiori, turbini multicolori che sprigionano intensissime radiazioni. Appaiono arbusti rampicanti ricoperti di fioriture palpitanti, moltissime strade sperdute in campagne luminosissime e rigogliose, deserti sognanti percorsi da venti fortissimi, tragitti in veloce movimento, alberi e montagne che si muovono rapidamente, emergendo dal nulla ma emergendo, fiorendo e trasformandosi in imponenti acquitrini immobili, liquidamente intrisi di clorofilla nutriente, Chi sia io e dove io sia in queste manifestazioni non è di nessun interesse per me. Le manifestazioni mi guidano tra un asana e un altro. A volte le manifestazioni prediligono il movimento altre volte l'immobilità. Una volta terminata la sessione di asana le manifestazioni continuano a comparire per un paio d'ore -a occhi aperti- e le loro apparizioni mi risultano sempre sensate e pertinenti al presente. Queste manifestazioni compaiono sempre quando la mia pressione interna diventa meno tesa del solito indipendentemente dal fatto che io stia facendo o non facendo yoga (noi tutti siamo sistemi costituiti e tenuti in vita da tensioni, le modificazione di quelle tensioni generano i momenti della nostra esistenza. In altre parole siamo grappoli di tensioni. Le tensioni sono appunto TESE, non inclini ad alcun equilibrio che non sia un nuovo stato-relazione tensionale. Siamo naturalmente soggetti, spesso in sogno, anche a vivere momenti di allentamento della tensione delle tensioni. In questi momenti di allentamento naturale delle tensioni possono spontaneamente emergere percezioni della continuità fra realtà ordinaria e profonda). 13 giugno Le manifestazioni, visioni, della natura che mi avvolgono non hanno a che fare con l'estasi nè attraggono azioni di identificazione. Sono certamente benefiche ovvero effettive percezioni del profondo, e quindi le lascio scorrere indisturbate da ciò che in me vorrebbe impossessarsene. Le mostro nei miei disegni a grafite o colore e nei video perchè so che esse sono capaci di agire a distanza addirittura se oggettificate. Vale il principio della continuità. Ovviamente, almeno per me, la presenza di quelle manifestazioni stimola un certo dialogo, spesso critico, con una parte degli insegnamenti yogici tradizionali e le loro iconografie. IO Non sono la causa di niente, tanto meno di me stesso, forse sono la comparsa in qualche sofferenza, io-sofferente. Per il resto avverto l'attenzione intensa di quel punto di percezione sospeso nel cervello, un certo stupore per uno spettacolo senza fine al quale addirittura io non aderisco più. È IMPORTANTE rendermi conto di quanto la percezione di unità, unificazione, sia del tutto slegata dalla forma stessa con la quale appare la percezione. In altre parole il senso di unità può comparire tanto nella classica rappresentazione del vuoto quanto nel movimento più caotico e frenetico immaginabile. Non esistono vincoli alla percezione dell'unità e ai luoghi in cui essa si manifesta. Non esiste, nella percezione profonda, una unità migliore o più completa di un'altra unità. Non ho bisogno di immaginare un vuoto in cui niente sia ancora sorto e in cui l'unità sia assoluta e contrapporlo-non-contrapporlo a una successiva fase di comparsa del cosmo. È L'UNITÀ LA MIA GUIDA, NON LE FASI DELLA GENESI. L'unità può essere ovunque ed è ovunque, considerazione che rende inutile affaticarmi alla ricerca dell'inizio del cosmo perduto….. Il cosmo è già nell'unità, non può avere un inizio. Ma a questo punto cosa mi resta dell’unità? Che senso ha stabilire un unico principio o un duplice principio se entrambi sono contenuti nell'unificazione? Perchè continuare a correre dietro le forme quando esse sono presenti e unificate al tempo stesso? Se io spesso non percepisco l'unificazione ciò non vuol dire che essa non mi contenga. È la percezione che determina la manifestazione del senso, non il MIO bisogno di determinare il senso come vorrei io-bisogno che anche se non me ne rendo conto, è contenuto nell'unificazione, senza mai esserne parte. SO CHE È IMPOSSIBILE ACCETTARE D'ESSERE IO STESSO UNIFICAZIONE SENZA AVERNE LA PERCEZIONE PROFONDA, MA, QUANDO LA PERCEZIONE PROFONDA È PRESENTE, MI È EVIDENTE CHE LE COSE STANNO PROPRIO COSÌ. L'origine la cerca chi vuol creare una religione e chi vuol creare una scienza. A me resta la costante sorpresa di osservare quanto la percezione ordinaria sembri polarizzata rispetto a quella profonda. Per me avere la percezione di qualcosa significa avvertire con chiarezza come la percezione, sia quella ordinaria sia quella profonda- crei la materia stessa di ciò che percepisce. Percezione, creazione, fisiologia, dissolvenza sono aspetti e qualità del vivente. Se quel che si percepisce non ha la qualità del vivente, dell'essere, allora la percezione è ancora molto debole e confusa. 18 giugno Che la percezione profonda non crei alcuna individualità è estremamente auto-evidente, ma che la percezione ordinaria generi l’individualità è molto meno evidente. La percezione ordinaria precede la mia manifestazione. Io sono espressione della percezione ordinaria. Prima o poi la tensione, le tensioni, si allentano. Dovrebbe succedere, apparirne il motivo. Lo stesso lavorio della percezione profonda potrebbe provocarlo. Laggiù, nella percezione profonda, è presente solo chi ci arriva. pochissimi animali e insetti direi..ma qualcuno c'è, debitamente trasformato. Gli automatismi riveleranno la loro origine nella continuità. Quando la continuità verrà percepita dall’interno degli stessi automatismi allora la loro origine mi apparirà chiara. La percezione ordinaria è senz'altro reale, purtroppo è la realtà che essa percepisce a non essere reale. Come ciò avvenga ancora non lo so e dico questo in modo non banale. Il caldo non è realmente caldo, il freddo non è realmente freddo, la morte non è reale, la vita ordinaria è un sogno, io stesso non esisto nella realtà. La realtà, per quanto ne possa sapere ora, sta nella continuità fra la percezione profonda e quella ordinaria. Questa continuità, se vissuta, trasforma la percezione ordinaria in modo che essa possa vivere il reale, ma questa trasformazione fa sì che la fisiologia rappresentata dalla percezione ordinaria muti completamente. La percezione ordinaria non è più << ordinaria >> quando percepisce la continuità oltre che la propria dimensione ordinaria. La esperienza della continuità è caratterizzata dalla presenza-unione di percezioni di dimensioni in apparenza molto diverse tra di loro. Più è intensa l'esperienza della continuità più la fusione tra le fisiologie profonde ed ordinarie ha luogo in un continuum che va vissuto in prima persona. So solo che quel continuum non ha niente a che fare con l'esperienza dell'assoluto. Tutti gli automatismi esistono prima del mio volere. Non ne ho deciso io la comparsa, il funzionamento, la durata. io eseguo la loro esistenza, io stesso sono il loro prodotto, sono loro. Di fronte all'enorme estensione degli automatismi dubito dell'esistenza di una mia volontà. Noto che gli automatismi, tramite il loro carico di tensioni generano me, io stesso sono una ulteriore tensione che può sfociare in altri esseri diversi da quelli in cui risiedono i miei automatismi più vicini. Ma questo <<sfociare>> mi appare sempre di più come una compresenza con gli, tra gli e degli automatismi, una compresenza che vive in un altro tempo dal mio io e che io non vedo- la compresenza degli automatismi. Anzi io soffro per il fatto di non essere nella compresenza e mi illudo che sia la mia volontà a cercare di raggiungerla. Non mi oppongo agli automatismi, ma certo il loro carico di sofferenza e piaceri non è nè apprezzabile nè credibile. Attendo che la manifestazione della compresenza scaturisca dagli automatismi e non dalla mia pseudo-volontà. In altre parole mi chiedo cosa sia un qualcosa di non automatico ma profondamente ricco di percezione generato dagli automatismi stessi. La risposta la vedo quotidianamente. la vivo, basta che non creda che la volontà sia mia, che riesca a percepire la volontà essere un cammino di molti e allora gli automatismi decidono sia tramite quella volontà sia tramite la mia individualità per infine scivolare in una natura completamente unificata. Gli automatismi non decidono, come ho desiderato, indipendentemente dal mio volere, poichè loro sono me e io sono loro, io sono uno di loro e loro stessi sono individualità. La non contraddizione tra molteplicità e unificazione la trovo in quella particolare natura che non viene minimamente scossa da ciò che io, come automatismo e individualità, produco nella mia percezione ordinaria, anche nel caso in cui la mia percezione ordinaria produca la distruzione stessa della natura ordinaria. (Quella particolare natura è la percezione profonda) Io parlo di percezioni non di pensieri o intuizioni. Quel che dico lo vedo accadere, ne faccio parte. Il senso non è mai completo, compiuto, vivente, autorigenerante, nella percezione ordinaria. È necessaria la compresenza della percezione ordinaria e di quella profonda perchè il senso si manifesti, assumendo la propria autonoma particolarissima fisiologia fatta di manifestazioni, visioni e molto altro. Non posso volere sempre raggiungere la percezione profonda. Spesso la percezione ordinaria vuole scorrere da sola. Io la osservo e quando giunge il momento, raggiungo la percezione profonda. È tutto un insieme di processi, entità, che spinge il flusso che mi appare come me-stesso ad accedere o non accedere alla percezione profonda. Si tratta di una quantità di processi distribuiti nella continuità esistente tra la percezione profonda e quella ordinaria. Nella realtà della vita non esistono quantità, nè processi nè distribuzioni ma fisiologie che mutano reciprocamente i propri stati. Lo stato più mutevole che percepisco è quello ordinario, quello meno mutevole è quello della percezione profonda, in cui le manifestazioni, le fisiologie, non generano nessuna diversità reciproca. Esiste una diffusa intima e immutabile vicinanza. Gli asana praticati lentamente aiutano il mantenimento della percezione profonda e ne facilitano la manifestazione in più modi. Il principale modo facilitante è lo sviluppo di una maggior corrispondenza tra concentrazione e livelli di pressione corporea interna. Oltre una certa corrispondenza-comunicazione tra concentrazione e pressione e viceversa la percezione profonda si mostra naturalmente nella pratica degli asana come in molte altre occasioni. Non c'è nessun sole che sorge ciclicamente, nessuna nascita, per esempio la mia, che davvero avviene, nessun albero è mai morto, nessuna estate segue la primavera, nessun mutamento crea qualcosa di realmente diverso. Non esiste nessuna coscienza che sia realmente cosciente di qualcosa sia in particolare che in generale. Una progressiva concentrazione e quel che è manifesto nella percezione ordinaria si unificano nel senso. La fisiologia del senso scaturisce dalla concentrazione delle molteplici manifestazioni, le molteplici manifestazioni rimangono presenti ma agiscono come un unico sensibilissimo amorevole organismo. È la progressiva concentrazione che rivela il senso dei profondi automatismi che animano la percezione ordinaria, è tramite la concentrazione che gli automatismi cessano di essere ineluttabili e ciclici. A un certo punto il senso diventa autonomo, la concentrazione stabile, la percezione ordinaria e quella profonda avvengono insieme. 13 LUGLIO Io, il cibo, l'aria che respiro, la luce che mi acceca, la mia morte, la luna, gli alberi, i fiori, e molto altro ci uniamo, pur, ciascuno, non perdendo le proprie sembianze. A questo livello di concentrazione non esiste alcun interesse a evocare l'immagine sia di un unico-organismo, sia di una unità. È la semplice presenza del molteplice che unifica. Le apparenze delle manifestazioni della percezione ordinaria rimangono ma la loro presenza sprigiona una fisiologia meravigliosa, impalpabile, estremamente attiva, priva tanto di automatismi quanto di polarità percettive. Lo stesso processo (lo si può vedere, palpare) avviene anche per le molteplici esistenze che non vengono avvertite nella percezione ordinaria umana. Funziona tutto all'incontrario: il molteplice sembra esprimere diversità, in realtà il molteplice unisce. Ecco alcuni avvenimenti: Le braccia sono più leggere dell'aria. La terra è il mio cervello. Una folta, luminosa vegetazione affolla il mio corpo. Quel che sono ...nella laguna, negli alberi, la laguna del cielo (fatta di cieli). Una cane messaggero mi ha guarito il dolore al collo in un attimo - connessioni molteplici. Pa percezione è una proiezione? Sembra proiezione perchè è propagazione, la propagazione è anche percezione. La propagazione unificata aumenta enormemente la concentrazione. CON SEMPLICITÀ - ESISTE ANCHE UN'ALTRA NATURA, LONTANA DA QUELLA ORDINARIA MA ACCESSIBILE DAlla realtà ORDINARIA- IN CUI TUTTI GLI ESSERI ESISTONO IN PIENA COSCIENZA RECIPROCA, COMPLETA AMOREVOLEZZA si usa dire. DOMINA LA SENSAZIONE DI UNITÀ, L'AGIRE DEGLI ESSERI INFINITI CHE APPAIONO SEMBRA UNICO E UNIVOCO. IN REALTÀ OGNUNO È IN COMPLETA SIMBIOSI CON TUTTI, L'ESISTENZA DI UNO NON COMPORTA LA MORTE DI NESSUN ALTRO. AVVERTO IL SENSO DELL'INSIEME, I SUI MOVIMENTI D'INSIEME, CIÒ CHE I SUOI MOVIMENTI SIGNIFICANO. I MOVIMENTI SONO NUMEROSI E SPETTACOLARI, LE EMANAZIONI DI UNITÀ SONO INTENSISSIME. (SONO EMANAZIONI, <<NON UN ESSERE>>). È GIÀ QUI LA CONTINUITÀ. COSÌ VEDO CHE I POLMONI FANNO ANCHE ALTRO CHE RESPIRARE, E COSÌ IL CUORE FA ALTRO CHE PULSARE, NELLE VENE AVVIENE ALTRO CHE CIRCOLAZIONE SANGUIGNA, PER ESISTERE NON SERVE MANGIARE NÈ ESSERE LA MIA PROPRIA INDIVIDUALITÀ. IN QUESTO (MIO) CORPO CI SONO MOLTE ALTRE FISIOLOGIE IN ATTESA DI ATTIVARSI, IN PARTE GIÀ ATTIVE.. NELLA PERCEZIONE ORDINARIA LA TENSIONE PREVALE NEL VISSUTO IMMEDIATO. MA PASSERÀ. LA TENSIONE È LA CAUSA DELL'ASPETTO AUTOMATICO DELLA MIA ED ALTRUI NATURA. LE MANIFESTAZIONI APPAIONO E SCOMPAIONO, MA FIN QUANDO SON PRESENTI DETERMINANO LA PERCEZIONE DI CIÒ CHE È REALE E DI CIÒ CHE NON LO È. Propriamente parlando il corpo è la parte dell'involucro che viene visualizzata nella percezione ordinaria. Il vedere non è una caratteristica propria dell'apparato visivo ordinario, è una possibile attivazione delle manifestazioni. Quando la percezione oltre ad essere ordinaria è anche continua o prossima alla continuità l'involucro comincia ad apparire in altri modi, comincia ad unire involontariamente il proprio apparire a quello di molte altre entità. Questa unione non cancella l'esistenza dell'involucro e ciò è possibile poiche nella continuità si è lontani dalla tensione che genera la percezione ordinaria e prossimi all'equilibrio. Una certa indifferenza verso l'inevitabile mi pare lecita. Felicità e disperazione sono inutili verso l'inevitabile anche se, tuttavia, inevitabili da vivere a volte..... La concentrazione profonda non è la mia risposta alla realtà della gioia-dolore, semplicemente la concentrazione profonda è oltre la felicità-dolore, la concentrazione profonda non ha nemmeno il senso di un sentimento e di conseguenza a volte mi può apparire priva di amore mentre è vero l' incontrario. Come dire.... il vero amore non appaga poichè non è qualcosa di individuale. La vita e la morte ordinari sono aspetti transitori dell'attività delle tensioni. Durante lo svolgimento delle tensioni la coscienza va e viene, aumenta e diminuisce in modo inevitabile fin quando in modo altrettanto inevitabile la coscienza ha il sopravvento sull'inevitabile. In pratica le tensioni diventano coscienti del proprio operare, ovvero diventano meno tese, entrano in equilibrio - un equilibrio del tutto estraneo alla percezione e immaginazione umana. Il solo consiglio che mi posso dare è evitare di accrescere le tensioni, ovvero io stesso, che sono un agglomerato di tensioni, voglio cessare il livello generativo del mio essere tensionale. Un agglomerato tensionale che non produce tensioni continua ad esistere in equilibrio. La necessità della sua estinzione è una eccessiva e tensionale fantasia umana: il riassorbimento conduce a varie fasi di equilibrio non alla soppressione della molteplicità. Come ho già detto molteplicità e dualità radicale non sono ineluttabilmente collegate se non nell'agire tensionale. A un certo punto sparisce la percezione di ogni estensione ma non quella dell'organismo, dell'organico - quello che più spesso chiamo <<fisiologico>>. Le tensioni assemblano le proprie manifestazioni in modalità che mi appaiono grottesche. La fame non è fame, il riposo non è dovuto alla stanchezza, la stanchezza indica il limite di una tensione non la necessità del riposo. Il riposo indica la successione di tensioni diverse generate in luoghi diversi dell'involucro-corpo. Ho fame perchè avverto la mia separazione-individualità come radicale, completa, assolutamente vera. Per via della separazione non posso nè dare nè ricevere, posso solo prendere per possedere. Per via della separazione percepisco il mio possesso-potere di altri esseri come origine della mia vita ed energia. Ma non è il possesso che dà la vita, la vita è data dalla simbiosi esistente tra la moltitudine di quegli esseri che sono capaci di equilibrio. L'attività onirica, il bisogno di immagini e di suoni, sono attività che si generano non nel cervello ma in aree dell'involucro che è una struttura ipertesa. Una caratteristica frequente delle strutture ipertese è quella di determinare alcune manifestazioni della percezione ordinaria rimanendo loro stesse completamente impercepibili o, caso anch'esso molto frequente, l'agire delle strutture ipertese fa percepire come esseri distanti e del tutto diversi dal proprio corpo aree che appartengono al proprio corpo. L'involucro è l'insieme dei miei corpi e non solo non ne avverto l'esistenza nè POSSO avvertirne l'esistenza, ma molte parti di esso le scambio per esseri molto distanti e diversi da me. Se potessi avere la percezione completa dell'involucro non riconoscerei più nei miei corpi l'agire di funzioni automatiche quali la respirazione, la circolazione sanguigna, la percezione del caldo, del freddo, della fame, non avrei più necessità di cibo, di riposare e molto altro. La percezione completa del mio involucro comincia ad apparirmi nella continuità della percezione profonda e quando appare noto che il mio involucro non è mio, ciò che sembrava mio diventa di tutti pur io stesso continuando ad esistere e ad avere un corpo. 7AGOSTO Mi ha sempre stupito nella cultura religiosa l'assenza di fisiologie del divino. In altre parole nelle culture religiose non viene riconosciuto una corporeità all' ASSOLUTO il chè, credo, deriva da una grave carenza e ignoranza percettiva degli addetti ai lavori religiosi. Io (per ora) sono convinto che il corpo lo possieda qualsiasi essere appaia; molto frequentemente è un corpo condiviso con molti altri esseri ma comunque il corpo esiste, è manifesto. È anche vero che le manifestazioni del corpo,della molteplicità, dell'unità, di un insieme, di aree di manifestazioni , di canali, coesistono in modo non differenziante nella percezione profonda. Direi anche che se arrivo a percepire con una certa chiarezza cosa fa parte del corpo posso far muovere il corpo con i benefici di un asana anche usando la immaginazione visuale o sonora o tattile o altri tipi di immaginazione. Qui parlo di corporeità normalmente non considerate umane nella percezione ordinaria, ovvero fiori, alberi, paesaggi, vento, ecc. la scelta della corporeità dipende dalla mia percezione momentanea, non sono io che scelgo ma la corporeità presente (posso dire anche le corporeità presenti). Una caratteristica molto notevole dello stato d'incoscienza peculiare della percezione ordinaria è l'impossibilità di viversi in simbiosi completa con ciò che si percepisce. Questa impossibilità è apparentemente strutturale, esistono esperienze innegabili: la necessità del cibo e di uccidere e per ottenerlo, la nascita e la morte, le infinite sofferenze grandi e piccine di cui è piena l'esistenza. Eppure nonostante tutto la mole di esperienze e realtà fisiologiche che negano l'esistenza della simbiosi PACIFICA E AMOREVOLE con gli altri esseri quella simbiosi è ciò che sono. Come singolarità non esisto e se riesco ad esistere nella realtà ordinaria è solo per via di quella simbiosi che non percepisco. Non solo, è per via della simbiosi che non percepisco che io sono così estremamente influenzabile dalle circostanze fisiologiche (p.es. caldo/freddo) e psicologiche(emotività) della esistenza ordinaria. La mia intensità di percezione nella esistenza ordinaria è completamente ampliata o ridotta dalle circostanze ambientali interne ed esterne a me. Non posso pretendere di controllare sempre il mio livello di percezione e anzi, devo accettarne le fluttuazioni. Io stesso sono parte di quelle fluttuazioni anche se non ne ho coscienza, nè conoscenza. La possibilità di concentrarmi non è sempre accessibile e tuttavia la realtà ordinaria che mi appare mentre non sono concentrato non è da evitare nè la voglio evitare. La percezione della simbiosi avviene già nella percezione-realtà ordinaria a livello fisiologico diffuso e ciò presuppone una fisiologia (e quindi una qualità percettiva) non del tutto condizionata dalle tensioni differenzianti tipiche dello stato percettivo ordinario. Lo stato percettivo profondo <<vede>> lo stato percettivo ordinario e manda continuamente informazioni sullo stato ordinario mediante manifestazioni che possono essere comprese e percepite solo fin quando il proprio stato tensionle è inferiore al livello tensionale ordinario. Il livello tensionale ordinario cancella l'esperienza della percezione profonda e le caratteristiche fisiologiche che ne permettono la visione. Il fatto che esista una continuità percettiva e fisiologica tra la percezione profonda e quella ordinaria non dice nulla circa la genesi di entrambi. Per ciò che vivo io al momento, direi che esse appaiono contemporaneamente. Lo stato fisiologico della percezione profonda è perennemente in equilibrio e quindi gli esseri presenti in tale percezione non hanno nessun bisogno di dissolversi fisiologicamente all'aumento dell'intensità della propria concentrazione (come invece succede agli esseri avvolti dalla percezione ordinaria). Si direbbe che la simbiosi esistente sia così intensa da rendere assente la percezione volontaria della propria individualità. Quando dico <<IO>> non intendo aggiungere implicitamente <<MIO>>. Questa frase vuol dire che l'io, come apparizione determinata da elementi in parte coscienti e in gran parte automatici, non deve la sua esistenza al mio volere e quindi non posso definirlo mio nè dal punto di vista della volontà - di apparire o altro- nè dal punto di vista del possesso. Nel vivere mi accorgo che <<IO>> sono il luogo di unione passiva di molti automatismi e di una debole quantità di coscienze. Dalla loro unione scaturisce l'accesso alla percezione profonda, ma quell'unione produce quell'accesso solo se diventa attiva, consapevole della propria limitata coscienza e del naturale impulso degli automatismi ad uscire dalla propria ineluttabilità. L'unione attiva tra coscienza ed automatismo modifica strati fisiologici, ovvero modificando strati fisiologici prima o poi si attiva l'unione tra coscienza ed automatismi. La profonda amorevole simbiosi che è sempre presente nella percezione profonda appare nella percezione ordinaria estremamente mutata. Di fatto il mondo percepito nella realtà ordinaria sembra animato da una simbiosi meccanica, descrivibile da leggi le quali sintetizzano in modo potente gli automatismi con cui la simbiosi unisce l'insieme delle realtà ordinarie. Purtroppo la percezione di una simbiosi automatica, meccanica e descrivibile in termini di leggi è falsa. Come avviene nella percezione profonda anche in quella ordinaria la realtà è animata da molte entità che però al contrario di ciò che avviene nella realtà profonda, si oppongono tra di loro in modo continuo e debolmente cosciente. Le loro opposizioni sono strutturate in impulsi dotati di una certa costanza ed è quella limitata costanza che genera nella percezione ordinaria l'illusione-credenza in stabili leggi e meccanismi naturali. Gli impulsi non sono leggi ma strati di fisiologie in parte coscienti e in parte incoscienti. Quelle fisiologie sono presenti ovunque, in me stesso come in qualsiasi altro essere e manifestazione. La maggior parte delle entità esistenti nella percezione ordinaria risultano reciprocamente invisibili proprio per via della debole coscienza presente e da questa invisibilità deriva una molto limitata consapevolezza della quantità di esseri effettivamente attivi nella realtà ordinaria. Inoltre anche ciò che appare come inanimato ha la propria forma di coscienza attiva. Nella percezione ordinaria è molto difficile avere la percezione di cosa implichi l'attività cosciente di esseri diversi da se stessi, per non dire di cosa implichi l'attività cosciente di esseri inanimati e degli quasi infiniti esseri invisibili. Tuttavia è enorme l'attività così generata e bisogna tener presente che <<attività>> significa sempre modificazione fisiologhe, estinzioni, genesi. Inoltre la corretta comprensione di ciò che appare come automatismo naturale, meccanismo naturale, legge, avviene solamente quando si comprende appieno la percezione che li attiva-genera. Da quella comprensione non deriva alcuna legge o meccanicità naturale. Non esistono i percorsi ineluttabili, i cicli inevitabili, le genesi predefinite e le fini del cosmo stabilite dalle religioni o dalle scienze o dalla logica. L'intimità profonda della fisiologia con se stessa conduce alla simbiosi-amore e conduce alla capacità di modificare la propria fisiologia sena perderne le caratteristiche nella percezione profonda. In una fisiologia possono apparire simultaneamente aspetti ordinari e profondi, quindi risulta possibile vivere una dimensione ordinaria, percepire in modo ordinario e mantenere l'equilibrio della percezione profonda, infine il tutto avviene senza l'indebolimento della coscienza. La possibilità di avere una fisiologia tesa-ordinaria e al tempo stesso in equilibrio-profonda è dovuta al fatto che in realtà la materia non esiste. L'amore e le tensioni non hanno materia, non hanno peso, non hanno energia. È l'agire dell'automatismo che induce l'illusoria ma attiva percezione di una concretezza materica ed energetica. La fisiologia che decide di assumere un aspetto ordinario oltre che profondo effettua la decisione non da sola ma dal profondo della propria immersione simbiotica-amorevole. (Tecnica) La percezione profonda non è nella parte dell'organismo in cui si trova l'ego, è fuori di essa. La percezione profonda si trova nella parte dell'organismo esistente al di là dell'involucro, eppure la percezione profonda è diffusa in tutta la fisiologia prodotta dalla percezione ordinaria. La percezione del-qui-dove-mi-trovo- interno dell’ involucro- è debole. La percezione verso cui scorro più volentieri è l'esterno dell’involucro. All'interno dell'involucro l'attività simbiotica è debolissima. Qui l'unione che percepisco come caldo, freddo ecc., è in realtà una forma di disunione. Prima o poi l'involucro, il suo centro di attività, se ve ne sia uno solo...., viene visto, compreso, de-automatizzato e non può più agire. La percezione profonda dilaga. Ciò di cui sto parlando è il normale funzionamento del macro-organismo composto da manifestazioni quasi infinite,io stesso sono una di quelle manifestazioni. ..dall'interno degli automatismi tutto anela a uscire per attivarsi nella simbiosi profonda. Questo anelito è un processo fisiologico che posso non ostacolare ma non posso accelerare. Io sono , in parte, anche la volontà attiva degli automatismi. Nell'involucro degli automatismi siamo simbiotici nel disunirci. Non esiste una relazione di causa ed effetto tra l'apparire delle manifestazioni proprie della percezione profonda e l'apparire delle manifestazioni proprie della percezione ordinaria. Per entrambe ll focus è la particolare intensità in cui le manifestazioni si uniscono. Per quanto riguarda la percezione ordinaria, non è accettabile ritenere che l'agire dell'automatismo e la riduzione della percezione siano in relazione di causa ed effetto. La percezione ordinaria sicuramente genera ulteriori automatismi ma essa stessa è generata da una intensità per ora a me ignota. In qualche modo la tensione-disunione è una intensità accettabile d'esistenza anche se essa appare limitata all'interno di un involucro. L'involucro è una manifestazione il cui centro di attività, la sua intima essenza fisiologica, non ha l'aspetto e la funzionalità isolante automatica dell'involucro stesso. Il centro di attività dell'Involucro è un complesso di intensità che vogliono generare manifestazioni non in equilibrio e, quindi, stabili nel disequilibrio solo fino a un certo punto. Le intensità in questione sono loro stesse non in equilibrio, le intensità non in equilibrio ....a un certo punto appaiono. Quando le intensità non in equilibrio (tensioni) appaiono all'interno della percezione ordinaria in tutta la loro evidenza, si è prossimi ad un drastico attenuarsi del loro agire automatico. Tale attenuazione avviene nel singolo involucro. Nell'involucro del macro-organismo normalmente chiamato natura l'attenuazione e cessazione degli automatismi coincide con l'esistenza della percezione profonda. Questa coincidenza è attiva in ogni istante e la sua esistenza non cancella la natura ordinaria che continua la propria esistenza. Le entità-manifestazioni in grado di percepire la coincidenza tra percezione ordinaria e quella profonda dispongono di una fisiologia estremamente particolare, una fisiologia in cui non esistono automatismi e tuttavia le intensità che generano gli automatismi stessi sono comunque presenti non come attori-in-potenza, ma attori mutati ma non estinti, sono ancora presenti percezioni ordinarie di immagini, suoni, caldo-freddo, ecc. Ora queste percezioni ordinarie che nella realtà ordinaria disuniscono, uniscono in modo volontario, non automatico. Nella percezione profonda esistono anche moltissime entità la cui fisiologia non ospita le intensità da cui scaturiscono gli automatismi. In generale: non esiste una sola fisiologia individuabile come isolata e indipendente dalle altre. Quel che appare tanto nel visibile che nell'invisibile non è che un aspetto fisiologico di un agire di una fisiologia condivisa di una complessità non credibile e immaginabile nella realtà ordinaria in cui vivo. 2 Aprile 2018 Non posso identificarmi, per fortuna, nella manifestazione presente. La mia fisiologia appare là fuori, ondeggiante, simile a una pianta con movimenti -si, c'è un debole vento- lenti ed acquatici. A questo organismo fa riferimento il mio involucro. Attorno a quest'organismo è presente una meravigliosa distesa di alberi e florida vegetazione. Inutile dire che la simbiosi amorosa è ciò che unicamente sembra animare le creature della visione profonda. Il processo di intensificazione - quello che secondo la tradizione yogica porta al <<self cosmico>> o <<realtà assoluta>>- conduce alla fase iniziale della intensificazione, fase in cui si attiva la comunicazione tra la percezione ordinaria e quell'organismo simile a una pianta presente nella percezione profonda di cui ho appena parlato. Questa intensificazione va rinnovata quasi quotidianamente, alla fine diventa un fatto naturale che avvenga tale quotidiana intensificazione. Lo scopo preciso di questa intensificazione è distogliere e liberare la percezione ordinaria dagli automatismi in cui è strettamente vincolata per condurla al contatto completo con la propria dimensione profonda. La liberazione dovrebbe portare alla comprensione-visione di cosa realmente siano gli automatismi corporei-emozionali-mentali. La percezione ordinaria, mai scordarmelo, ha una propria fisiologia - che muta con l'agire dell'intensificazione. Una volta conseguita una intensità abbastanza stabile ogni parte della fisiologia ordinaria, può diventare un luogo di contatto , passaggio (immersione) con, nella, totalità degli organismi presenti nella percezione profonda, a questo punto si è in luoghi sui quali la tradizione yogica non ha detto nulla. Le numerose vegetazioni poi continuano a mutare e a tornare ad apparire vegetazioni. Le mutazioni sono dovute alla mia fisiologia percettiva ordinaria: come percezione ordinaria qualsiasi percezione profonda viene rappresentata attraverso le rappresentazioni della realtà ordinarie anche se non sono ordinarie ma profonde. A un certo livello di intensità la percezione ordinaria non filtra le percezioni profonde tramite le rappresentazioni ordinarie e un contatto sempre più diverso dall'ordinario avviene. Qualcosa continua ad apparire poichè le fisiologie continuano a coesistere anche in profondità. Si tratta di fisiologie non descrivibili in termini di energie o di cellularità o di materialità (cristalli,liquidi, ecc.). Le fisiologie del profondo le posso provare a descrivere così: fisiologie costituite dalla simbiosi amorosa, sono identiche e diverse allo stesso tempo, sono nel proprio corpo come in quello altrui allo stesso tempo, sono fisiologie intrinsecamente ramificate in modo attivo ovvero completamente cosciente al contrario della mia fisiologia ordinaria completamente inconsapevole delle proprie ramificazioni. Nella percezione simbiotica-amorosa compaiono forme non solo tipiche del mondo terrestre ma anche tipiche di altri mondi. In realtà la vecchiaia dà molta libertà di movimento, gli automatismi tendono a placarsi con più facilità basta accorgersene..... Le due donne mi hanno parlato in una lingua tutta loro e in qualche modo ho capito che non erano le solite creature che volevano sfruttarmi. Mi hanno offerto una veste luminosa e io, con qualche esitazione la ho accettata e indossata. Una luce immensa mi ha inondato, come già successo altre volte, questa volta per la gentilezza delle due donne. Concentrarsi sulla fisiologia dell'amore simbiotico vuol dire distaccarsi dalle proprie sofferenze, speranze, paure,preoccupazioni, percepire che il sè della percezione ordinaria è indipendente dagli automatismi che lo rendono legato alla propria sofferenza ecc, percepire come nell'amore simbiotico la percezione unisce in modo intenso e affettuoso e profondissimo tutto ciò che sempre si teme di perdere. La fisiologia dell'amore simbiotico non è umana anche se è ad essa tenacemente unita dalla continuità della natura. Un punto di percezione che osserva gli automatismi diventare simbiotici-amorosi Io non sono l'io che ha freddo, che ha caldo, che è accecato dalla luce, che gioisce delle piante, sono un semplice punto di percezione che gli automatismi disperdono o intensificano a seconda del loro umore. Osservo gli automatismi diventare amore. Quando gli automatismi diventano amore simbiotico mi hanno raggiunto in profondità perchè finalmente semplicemente percepiscono. Gli automatismi devono trovare la loro via, la loro continuità. Io sono già lì, non devo più andare da nessuna parte. Io chi? Si vive in una dimensione in cui la percezione è completamente oscurata, io so che l'oscuramento svanirà e che io non sono questa dimensione nè la ho in qualche modo propiziata, aiutata. Essa se ne andrà, questo lo so per certo, se non credo di essere io stesso parte di questa dimensione. Il processo di identificazione con la percezione ordinaria si oppone al processo simbiotico-amoroso. Non mi oppongo agli automatismi, li aiuto a dissolversi,come posso, non gli devo nessun tributo di sofferenza ulteriore. Ed è semplicemente la mia? complessa attività fisiologica di non-identificazione che li intensifica-dissolve. Il passaggio dalla percezione ordinaria in cui tutto il percepito viene riferito a un sè, a quella profonda, in cui si percepisce senza alcun riferimento a un sè, è un processo il cui svolgimento non può essere affrettato, forzato. Anche il dissolvimento della percezione ordinaria non può essere forzato, se si tenta di accelerarlo il sè addirittura si rafforza. Una caratteristica notevole della natura ordinaria è che essa non è in equilibrio e il suo processo è un processo distruttivo. (Ciò che sorge nella natura ordinaria non arriva dall'interno della natura ordinaria. Essa esiste e si manifesta non per motivi ad essa intrinseci.) La percezione e la natura ordinarie trovano il loro equilibrio nella continuità con la percezione - e natura- profonda, questo fatto io lo apprendo solo riuscendo a percepire stabilmente la percezione-natura profonda. L'equilibrio della percezione ordinaria comporta la comprensione e la cessazione degli automatismi che la costruiscono incessantemente. Quando la natura ordinaria riappare significa che essa ristagna in un processo di auto-composizione, quando non riappare significa che essa ha trovato la sua via nella continuità. Contrariamente a quel che si crede, il cervello è la parte meno sensibile, meno intelligente, e molto lenta a cambiare del mio involucro-corpo. Gli asana di meditazione sono degli ottimi mezzi per aiutare a modificare il cervello, sempre che si sia sensibili ad essi, sempre che li si possa eseguire, sempre che non li si usi per meditare (!!!!!!!). Ovviamente gli asana di meditazione funzionano molto meglio e in modo più appropriato quando le altre parti del corpo- involucro sono in avanzato stato di risveglio e la percezione profonda è già una presenza quotidiana. In pratica dovrei eseguire un paio di ore di asana di med. al giorno solo per il cervello e poi tutto il resto. In pratica che il cervello faccia quel che gli pare!, ma è importante che mi renda conto di chi rallenti involontariamente il processo di continuità. (Nota Bene che non sto dicendo che la percezione è limitata per l'intervento esclusivo della mente-cervello). La limitazione della percezione deriva dal modo stesso in cui è strutturata e prodotta la natura ordinaria. Chi produca la natura ordinaria non mi è chiaro. Quel che mi pare evidente è che il cervello, come ho già detto, è la parte dell'involucro più offuscata dal punto di vista percettivo e quindi è poco intelligente, poco sensibile, molto resistente al cambiamento. Il funzionamento del cervello produce una strettoia funzionale nella circolazione delle percezioni dell'involucro, le rallenta e le rende spesso inutilizzabili e invisibili. A peggiorare la situazione poi subentra la priorità funzionale che nell'involucro, nella realtà ordinaria,spetta alla mente. La percezione umana ordinaria è quasi solo la percezione della mente e la mente si serve solo del cervello. In realtà moltissime altre parti dell'involucro e, per esempio, dello stesso corpo, sono più sensibili, stabili e intelligenti tanto della mente che del cervello pur non possedendo la priorità funzionale della mente. All'interno dell'involucro la mente e il cervello sono i creatori della percezione della necessità del possesso di una singola individualità da parte della persona. Ovviamente la mente segue il suo automatismo naturale ordinario quando crea la percezione della individualità. Aspetto che le modificazioni facciano il loro corso e cessino. L'attesa ha senso ora poichè il corso delle modificazioni si è rivelato. ESISTE UNA NATURA CHE PUÒ ESSERE MODIFICATA MA RESTA IMMUTATA, QUELLA È LA NATURA DELLA PERCEZIONE PROFONDA. La capacità percettiva del cervello-mente-ego va e viene a seconda delle circostanze. La caratteristica primaria della percezione ordinaria è di essere aleatoria, ANCHE DAL PUNTO DI VISTA FISIOLOGICO. Basta rammentarsene nei momenti peggiori. Le percezioni ordinarie se non vengono sempre estremizzate tornano in equilibrio, ovvero diventano (parte della) percezione profonda, cambiano la loro fisiologia. Il loro mutamento spesso passa attraverso fasi in cui la percezione ordinaria si riduce e offusca ulteriormente. Come mi sono detto altre volte non intendo distruggere la vita dell'ego, cerco di non farla dilargare ovunque :<< il dilagare ovunque>> è il suo automatismo. La richiesta di limitazione arriva dall'ego stesso che finalmente vuole e desidera vivere con le altre nature senza oscurarle percettivamente. Io nasco poichè è stata operata una modificazione della percezione profonda da parte di un insieme di automatismi, di uno o più ego o altro. Questa modificazione non ha effetto sulla percezione profonda ma sulla natura ordinaria in cui appaio. Gli automatismi che mi hanno generato non hanno visto la fisiologia della percezione profonda nè la conoscono. Credono di essere loro stessi gli assoluti creatori della mia esistenza, ma non è così. Senza la fisiologia della percezione profonda non esisterebbe niente a cui applicare una qualche modificazione. Quando non sono assorbito dalle modificazioni della percezione ordinaria, la percezione profonda appare, anche contemporaneamente a quella ordinaria. Sono pochi gli animali che arrivano nella percezione profonda. Abbondano le piante, e i cosiddetti <<inanimati>>, terra, acqua, vento, stelle. La mente sembra costituita da vari livelli di automatismi molti dei quali resistono attivamente a qualsiasi tentativo di modificazione. Quei livelli sono interni ed esterni alla mente stessa, non hanno niente a che fare con qualcosa di inconscio. È interessante notare come attraverso l'attività della mente gli automatismi dilaghino, rapidamente, si estendono creando una intera rete di percezioni, realtà, fisiologie. La mente è così impermeabile alla percezione profonda per via del continuo lavorio dei propri automatismi che attivamente ostacolano i mutamenti fisiologici in grado di percepire la presenza-espansione della percezione profonda. Cosa determini la resistenza attiva contro la dissoluzione della percezione degli automatismi mentali non mi è chiaro. All'interno dell'involucro-mente è evidente che qualsiasi tensione affatichi pesantemente la mente e determini un umore teso, nervoso, aggressivo, depresso, blocca del tutto ogni possibile mutamente fisiologico in direzione della per pro. Ma le tensioni in questione sono tali per l'attività stessa della mente che in molte occasioni della vita la mente non può fare a meno di percepire dolore, sofferenza, tristezza, disperazione. Negare l'esistenza di quelle occasioni spesso frequenti e banalissime anche se dalle conseguenze drammatiche è un esercizio mentale che rafforza la mente stessa. La mente non ha luoghi dove <<ritirarsi>> se non nella propria autosuggestione, di male in peggio. Le modificazioni e i livelli mentali mentali che impediscono il rilassamento della mente sono la mente stessa e spesso hanno origine nell'involucro allargato, nel cosmo-natura. La mente, come il cosmo-natura della percezione ordinaria, è un sistema chiuso che si auto-consuma, logora, dissolve. È per via del suo auto-dissolvimento che via via diventa più facile avvertire la presenza della percezione profonda, della continuità esistente tra la percezione profonda e quella ordinaria. Appena la mente si indebolisce è possibile che altre parti del proprio involucro e di quello allargato giungano ripetutamente a contatto con la percezione profonda. Tale contatto provoca modificazioni fisiologiche avvertibili anche dalla mente, dal cervello, entrambi alla lunga ne vengono influenzate a tal punto da essere modificata la realtà fisiologica della mente stessa. Ma non è facile... e comunque una parte importante della qualità-fisiologia paranoide della percezione ordinaria non può fare altro che dissolversi con la natura ordinaria stessa. La mente-natura ha i suoi ritmi non modificabili che devono vivere-essere vissuti. Mai scordarmi che esiste anche la continuità tra percezione ordinaria e profonda. La percezione della mia individualità, è una percezione transitoria, prima o poi svanisce e con essa svanisce la mia fisiologia umana ordinaria. La percezione che non è legata a nessuna identità diventa rapidamente percezione profonda, ovvero percezione slegata da qualsiasi identità, ego individuale. Gli automatismi, ora mi riferisco a quelli noti, possono oscurare la percezione profonda. Contro quegli automatismi posso un pò lottare ma poi devo aspettare che facciano il loro corso, qualsiasi sia la lunghezza temporale e la sofferenza implicita del loro percorso. D'altra parte io sono stato formato, come qualsiasi altro essere, da una tensione che ha alterato un equilibrio della percezione profonda, quella tensione continua a generare tensioni fino al proprio esaurimento o riassorbimento. Dipende dalle circostanze. Non credo sia facile accettare serenamente le realtà del freddo, il caldo, la luminosità, la sonorità, la liquidità, la necessità di cibarsi. È difficile se non impossibile accettare col cervello e la mente il fatto che la realtà ordinaria sia quasi priva di intensità, di materia, energia, che nonostante tutto il dolore e l'affanno che la realtà ordinaria procura essa sia , appunto, fatta solo di percezione e non di materia ( e infine che la materia sia solo una invenzione della percezione ordinaria). Osservo la mente. Per quanto sia debole l'intensità della realtà ordinaria che crea la mente, la mente non è capace di dissolvere quella intensità nè di percepirla come debole. E giustamente la mente si chiede come possa una intensità così debole creare una difficoltà così grossa. OTTIMA DOMANDA. La risposta si auto-rivelerà a tempo debito, insieme al movimento delle nature. Nel frattempo la mente può assistere alle manifestazioni continue della percezione profonda (quando possono essere percepite nella realtà ordinaria senza che gli automatismi mentali blocchino tutto), Già questo <<assistere>> è un indispensabile nuovo stato fisiologico che lentamente muta quello della mente-cervello. Domanda per il mio futuro: << il perchè del ristagno nella percezione ordinaria, in senso individuale e cosmico, (nessuna traccia di ristagno nella percezione profonda) >>, naturalmente mi attendono risposte prive della solita circolarità sistemica. (Non siamo intessuti nella percezione ordinaria da simbiosi amorosa, piuttosto siamo costituiti da parti che si oppongono e ostacolano e infine, molto lentamente integrano, uniscono. ) Alla formazione della percezione ordinaria contribuisce anche la percezione profonda. Ritenere le due percezioni, quella profonda e quelle ordinarie, separate è erroneo, ma nominarle in modo separato serve al dialogo. È utile immaginare un unico organismo di cui gli infiniti esseri fanno parte, tutti, ciascuno con il proprio rispettivo involucro. L'involucro non è un limite per l'essere, esso è perfettamente connesso in modo simbiotico con gli altri organismi di cui è egli stesso parte. L'involucro sembra essere più una funzione-contenitore. Come la percezione profonda in parte crea la percezione ordinaria?, bene, altra buona. domanda. All'interno di questo organismo, quello <<unico>>, l'unico appunto che potrei dire reale in senso ordinario, le interazioni avvengono dando la sensazione tanto di simbiosi che di ristagno e addirittura di opposizione-contrasto. È QUI che entra in gioco l'interazione tra ciò che mi appare come simbiosi amorosa e automatismo dell'opposizione creatrice. (Per << automatismo dell'opposizione creatrice>> intendo gli automatismi che vedo in me e all'esterno di me mentre consumano-creano me e creano l'esterno). Qualcosa deve ineluttabilmente fare la propria strada e mi sembra impossibile mutare il suo percorso. Eppure il suo percorso non è certo un percorso amoroso. Altre domande e aspettare. Domande: cosa impedisce la trasformazione? perchè non basta il dolore, la morte, gli automatismi. Seguire la natura, non precederla (impossibile!). In senso evocativo bisogna trovare <<il seme del reale>> e neutralizzarlo, non essere solamente la conseguenza del <<seme del reale>>. È il <<seme del reale>> a comunicare il desiderio di essere neutralizzato. Circolarità : fin quando mi sento reale non posso fare altro che tornare ad essere reale. La trasformazione è possibile quando la <<vera fisicità>>, che è quella del quasi sogno, sarà sempre presente. La realtà ordinaria è il corpo ordinario e non viceversa. I miei sforzi e gli asana si applicano su quel corpo. La mia intuizione (mia per modo di dire) è mettere in moto l'intera realtà ordinaria con la quale vengo in contatto e che costruisce la mia identità-circolarità. La realtà ordinaria è una realtà che si dipana in un lento percorso di ristagno di se stessa in se stessa. nello stesso atto del ristagno risiede sofferenza ecc. Se altero la pressione della realtà ordinaria in ogni suo possibile aspetto essa cessa naturalmente il ristagno. La natura stessa altera la rigidità della realtà ordinaria favorendo la visione della continuità. La realtà ordinaria è prodotta dalla fusione tra la percezione ordinaria e quella profonda. La prima agisce all'esterno, la seconda all'interno, questo è uno schema. Fluire liberamente tra le due è la vita della fisiologia reale, per ora non sono che parole. Non c'è fretta. Intensità non prevedibile. Le emozioni,le sensazioni, l'intelligenza, spesso mostrano una realtà inevitabile e tautologica, fatta di leggi o circolarità. E questo tipo di realtà umanizzata che io-noi ricreiamo nel mio-nostro habitat sociale e interiore. In realtà io posso essere anche un essere-manifestazione che non è controllato dal cervello e che comunica in modo molto profondo,non finalizzato- limitato verso di me (il se stesso), con le altre manifestazioni. Non esiste solo la fisiologia rilevata della scienza, la fisiologia scientifica si limita alla vita dell'essere umano inteso come essere esclusivamente reattivo. Il corpo umano è costituito dalla fisiologia dell'unione continua e intensa con l'esterno. Nella fisiologia dell'unione non trovo la mia unità operativa e esistenziale al mio interno ma al mio esterno. D'altra parte io, al mio interno, se per corpo intendo quello reattivo ordinario,non sono neanche un corpo completo,sono solamente un membro disarticolato e dolorante di qualcosa di cui ignoro completamente l'esistenza. A un certo punto le terminazioni nervose, l'epidermide e tutto il resto si saldano con ciò che abitualmente chiamo esterno. Prima di quella <<saldatura>> è inevitabile sopportare situazioni di sofferenze o profondo fastidio poichè è la fisiologia umana ordinaria a decidere e a precedermi. Io non ho una responsabilità creatrice rispetto alla mio inevitabile carico di sofferenze o profondo fastidi. La continuità è fortemente presente nella natura come intensità, concentrazione, palpabile collegamento con il vento, le piante, gli altri esseri visibili e invisibili. Quella continuità è presente e percepibile ovunque. Almeno per me quella intensa continuità-presenza e facilmente percepibile fuori dall'ambiente urbano, anche in un semplice parco. Seppellito nel cemento degli appartamenti, delle strade, ecc., la (mia) percezione della continuità viene fortemente disturbata dalla mia stessa reattività umana involontaria ai numerosi elementi deprivanti della percezione di cui è costituito l’inevitabile habitat umano delle cose, della mente, del cuore. Le trasformazioni naturali non intaccano l'intensità della natura, ne fanno parte e questo <<far parte>> è possibile poichè la materia delle trasformazioni è quella del sogno, esiste eppure non limita, cancella senza eliminare. Quel che ho appena detto vale solo se lo percepisco in profondità, altrimenti non è che un esercizio di vana fantasia. Quel che eccita i miei automatismi, che contrae, che oppone, che crea la paranoica visione della realtà ordinaria può provoca anche l' incontrario se la mia fisiologia sia pronta per incontrarsi con la simbiosi amorosa. Nella mia fisiologia scorre il mio corpo, la mia mente, la mia morte come la mia nascita e infine percepisce l'unione, a volte alla nascita, a volte dopo la morte. Le fasi della mia fisiologia restano immutabili una volta che la mia fisiologia sia stata evocata. Ciò che evoca la mia fisiologia all'inizio determina anche la mia capacità percettiva. Successivamente, le fasi che appaiono nella mia fisiologia mi permettono di incontrare la percezione profonda e quest'incontro trasforma la mia percezione, la mia fisiologia, senza comunque poter interferire con il sorgere e il dissolversi delle fasi fisiologiche della nascita, morte , vari corpi, ecc. Per allontanarsi dagli inconvenienti percettivi dell'identità-ego-cervello il mio impegno è indispensabile ma non sufficiente, è necessaria anche una vasta modificazione naturale che, tra l'altro, comprende anche la morte e il dissolversi della percezione identitaria e della fisiologia identitaria. Sono estremamente influenzabile come individualità perchè gli automatismi che costituiscono l'individualità creano letteralmente l'interno e l'esterno dell'individualità stessa. È L'INDIVIDUALITÀ (QUEL CHE LA DETERMINA) CHE PRODUCE LA PERCEZIONE ORDINARIA, NON VICEVERSA. Esiste un flusso percettivo all'interno della individualità che resta sempre all'interno dell'individualità: tutto il percepito viene riferito all'individualità. Esiste un altro flusso percettivo che dall'interno dell'individualità esce dall'individualità stessa e arriva in ciò che esiste oltre l'individualità. In quest'ultimo flusso ciò che percepisco non ha niente a che fare con l'individualità, io stesso mentre percepisco perdo la compattezza dell'individualità e vedo emergere altri centri percettivi non individuali. Quei centri percettivi al momento mi appaiono privi dell'energia e della pesantezza tipiche della fisiologia dell'individualità. Si tratta di centri percettivi non scientificamente osservabili. La caratteristica dell'individualità è di avere una percezione tutta sua distinta e illusoriamente separata dalla percezione continua (della continuità). Se si interrompe il flusso della percezione individualizzante la stessa individualità cessa la propria esistenza, che è illusoria in quanto ciò che esiste è solo l'esistenza non individuale. Una illusione si estingue, non è un fatto irrilevante. Calma, la foresta conduce, i palmeti, il gelo invernale che qui non trovo, le pinete impossibili, le acque in cui si raccoglie e piega e specchia la foresta, le foreste, il sole sempre brillante, il cielo tra i cieli, dune, deserti, laghi immobili, tutti loro conducono. Nella foresta scorre quel che di me e da me si distacca. Non è più visione, finalmente il vivente. A un certo punto per poter ancora parlare di percezione profonda devo parlare di me poichè sono l'unica individualità di cui conosco l'intimità. La percezione ordinaria esperimenta differenze, dolore, infiniti sentimenti, poi cerca l'assoluto. La percezione della continuità è auto-trasformatrice in tutti i sensi ed incredibilmente inclusiva. La percezione ordinaria vive tensioni che svaniscono al subentrare della percezione della continuità. Le infinite manifestazioni della percezione ordinaria devono fare ciascuna la propria strada verso la percezione della continuità. Non ha alcun senso definire eventuali gradi di illusorietà o realtà della percezione ordinaria, essa va lasciata scorrere ed eventualmente se le circostanze sono giuste, la percezione della continuità lentamente si manifesta. La percezione ordinaria non è unica, ne esistono infinite. La percezione della continuità è involontariamente la risposta a tutte le ansie e alle torture vissute dalle percezioni ordinarie, ma ogni singola percezione ordinaria deve scoprire da sola il suo accesso alla percezione della continuità per poterla incontrare, vivere, esserne trasformata. La vita ordinaria e la morte fanno già parte della continuità anche se di solito vengono percepite come momenti opposti a quella. Nella percezione della continuità non esiste un interesse specifico verso l'unità semplicemente perchè la molteplicità presente non viene vissuta come apportatrice di divisione e diversità. Allo stesso modo, nella percezione della continuità la natura, la materia e la percezione non operano alcuna differenziazione reciproca, non sono diverse l'una dall'altra e comunque non coincidono tra di loro. Quanto ho appena detto acquista il suo senso solo se vissuto in prima persona altrimenti non ha alcun senso. 17 marzo 2018 L'acqua scorre, a volte rallenta, occupa i dislivelli del terreno boscoso, del bosco emergente. Non sono il luogo creato dal dolore, dalla malattia, dalla salute, dallo star bene. Semplicemente non sono qualcosa che possa essere indicato. La continuità via via progredisce, mentre, indisturbati, gli automatismi continuano a scorrere. Gli automatismi scolpiscono la percezione come se fosse un loro possesso. La percezione li guarda agire e riesce a non animare le sculture appena sorte. La percezione è libera, gli automatismi continuano ad agire. Gli automatismi non sono interessati al proprio successo a tutti i costi. Gli automatismi non amano il proprio ristagno. Tra automatismo e percezione non esiste una insuperabile differenza. La loro differenza è momentanea. Via via che la continuità prende piede gli automatismi cessano. Solo quando gli automatismi cessano quasi del tutto posso percepire chiaramente il perchè della loro esistenza, ma al momento attuale la mia fisiologia è troppo grezza e limitata per poter giungere a tale chiarezza. (Le parole, per essere evocative come io affermo che siano, devono essere vive, organiche, continuamente intente a intrecciarsi tra di loro. Il loro intrecciarsi è l'intrecciarsi dell'esistenza, le loro differenze segnalano avvenimenti che mai sono ineluttabili. Le parole svolgono la loro esistenza incuranti dei giudizi a cui mi aggrappo. È la mia percezione che si adatta alle parole e non viceversa.) Mi hanno preparato una camera per me e invitato a voce, con precisione, e sono entrato perchè sono cari che avrò per sempre nel cuore. Il cuore, ecco un altro luogo della continuità. L'altro cuore. Gli alberi continuano a fluire da tutto il mio corpo. La mia camera è una bellissima foresta pluviale. Ciò che in modo automatico appare essere una sorta di inferno cosmico nella continuità muta. A un certo momento si è capaci di alcuni comportamenti non automatici che spingono lungo un percorso estremamente complesso in cui si comincia a manifestare anche una percezione non controllata dagli automatismi. Ma non è così facile e probabile che ciò avvenga. Il primo importante conseguimento lo si ottiene quando diventa auto-evidente che la materia della realtà è quella del sogno. Nella continuità il riassorbimento non ha più il senso che avrebbe se vissuto attraverso la concentrazione. Il riassorbimento vissuto nella continuità, si scompone in un continuum privo di temporalità ovvero, all'aumentare delle manifestazioni della continuità, aumenta il dettaglio percettivo del riassorbimento, quando i dettagli percettivi sono molto accurati il tempo e lo spazio perdono senso, diventano illusioni. Solo allora il riassorbimento svanisce ed è sostituito da quell'incredibile messe di vivacissimi dettagli percettivi. La percezione diventa estremamente vasta, profonda, intensa, amorevole. In questa particolare dimensione il contatto-circolazione fra le presenze non ha nessuna caratteristica automatica, nessuna presenza condiziona la manifestazione di un'altra, piuttosto la ama, la vive tutte con gioia ma senza volerlo. L'individualità non è presente perchè l'individualità è il risultato di potenti condizionamenti automatici. Ed è dal mondo dell'individualità che io parlo. Alberi, flora, luci, silenzio, continuano a fluire. Nel mio caso il loro fluire non dipende da tecniche di pranajama. La separazione tra percezione e automatismi è un artefatto funzionale alla comunicazione, ma è una separazione inesistente. La percezione e gli automatismi sono inseparabili, parlo di percezione o di automatismo per indicare quale qualità emerga con più intensità in un certo momento o quante e quali percezione si manifestino in un certo momento. Nella mia realtà non è rilevante la differenza tra reale, immaginario e materiale: la realtà, che si tratti di quella che mi appare nello stato di veglia o durante il sonno, mi appare molto, ma molto spesso fatta sempre di un tessuto assolutamente simile a quello del sogno in cui tutto può accadere in ogni istante senza che niente cessi realmente di esistere. Quel tessuto è appunto l'unione, ma la parola unione non dice tutto, tra percezione e automatismo. La percezione e l'automatismo non sono separabili esattamente come non è separabile la percezione dell'individualità da quella della unione del tutto . Quando dico <<inseparabili>> intendo anche dire che le percezioni di cui parlo sono reali solamente se vissute come inseparabili: l'individualità da sola è una percezione assolutamente falsa della realtà, la percezione dell'unione-del-tutto da sola non è che autosuggestione. A questa inseparabilità non si arriva certo col pensiero, è qualcosa di difficilmente indicabile con le parole, qualcosa che si incontra via via che la continuità appare in modo più specifico. È INDUBBIAMENTE DIFFICILE anche solo provare ad immaginare che ciò che è effettivamente reale ha la caratteristica principale di non essere vivo e di non essere morto allo stesso momento. Il reale è qualcosa che non ha a che fare con la vita e la morte, l'esistenza e la non esistenza, eppure è proprio l'unica realtà manifesta. Nella realtà l'esistenza e l'inesistenza di una manifestazione hanno egual valore prese di per sè stesse, ovvero il valore dell'illusione. Se invece,nella manifestazione, si connettono la vita e morte, l'esistenza e l'inesistenza, la mia individualità come l'assenza della mia individualità, il mio corpo ordinario e quello non ordinario, ecco che la vita e la morte, l'esistenza e la non esistenza, la realtà e l'irrealtà scompaiono, si dissolvono dalla percezione eppure rimangono nella manifestazione. In altre parole nella visione profonda le manifestazioni non seguono la logica -che sembra inevitabile nella percezione ordinaria- della causalità. Nella percezione profonda e in ciò che è reale, tutti gli accadimenti della vita ordinaria sono fatti-manifestazioni privi di causalità e che assumono molteplici sensi, molto sorprendenti, molto intensi. Nella realtà profonda non è la vita che provoca la morte. Tanto la vita che la morte, una volta private dell'apparente relazione di causa-effetto, mutano, diventano altro, pur rimanendo ancora lì, come vita e come morte. Ugualmente la percezione della causalità, una volta svuotata del proprio automatismo operativo, diventa altro pur continuando a mantenere il proprio, come dire, guscio. pag4 --2