VIRGINIO SPARAVIGNA 2018







ASANA E PERCEZIONE
PERCEZIONE ORDINARIA E PROFONDA
INTENSITA’ E CONCENTRAZIONE
RIFLESSIONI





DENTRO GLI ASANA
Aumentare la pressione o diminuirla.
Alla fine la pressione normale sboccia, bisogna attivarla.,
altro appare.
L'attivazione stessa già conduce nella continuità.
Nella vita ordinaria la consapevolezza della pressione
non è attiva.
È  attraverso la modulazione cosciente della pressione che la continuità
giunge ovunque, non sono io che mi autoproprago.
Quando la pressione normale sboccia allora la natura stessa
assume l'aspetto della continuità,
solo allora sono in grado di percepire ogni variazione di pressione
presente nella Natura e di capirne i sensi.
Solo allora le pressioni della natura cessano di manipolarmi e
io posso abbracciarle in modo cosciente. Il mio abbraccio è una pressione viva e
cosciente.
Sembra di dover alleggerire ogni volta un peso,un peso enorme.
Sembra di dover mutare l'illusione di concretezza di cui sembro essere fatto.
Lascio che il peso agisca.

La maggior parte degli asana stimolano la percezione diffusa, la mente osserva il manifestarsi
dell'impossibile. La mente di solito è in contatto quasi esclusivo con
la percezione identitaria e la percezione puntiforme del mio io.
Tutto ciò che alla mente pare inanimato in realtà è immerso nella percezione
diffusa. La percezione diffusa è la percezione profonda.
Quindi gli asana possono facilitare  il contatto del corpo con la percezione profonda.
Anche il corpo, considerato come non percettivo e mera sede di operazioni meccanico-biologiche
è in realtà immerso nella percezione profonda.
Gli asana facilitano il contatto con il corpo
che è condensato nella percezione profonda.

La percezione non è generata dal mio io. La percezione è tanto
indipendente dall'io quanto dagli aggregati che creano l'io.
Gli aggregati, e l'io stesso è un aggregato, filtrano  la percezione.
la percezione è sempre attiva mentre un aggregato
può cessare di essere attivo.
Il tempo è un requisito dell'io e l’io è un aggregato.
La percezione vede gli aggregati come atemporali.

La percezione ordinaria è difficile da vivere poichè in essa tutto è apparentemente
troppo definito, distante, opposto, spesso offensivo, estremizzato.
Eppure la realtà è diversa dalla percezione ordinaria:
le manifestazioni  per quanto molteplici sono del tutto
compenetrate, intensamente unite, nessuna diversità o unità
può sorgere tanto intenso è il reciproco amore.
In altre parole la realtà ordinaria sembra mettere in scena  una farsa dotata di
credibile fisiologia. Come ciò possa succedere io non lo so. Ma come mi sono già
detto e ripetuto mille volte <<le manifestazioni  per quanto molteplici sono del tutto
compenetrate, intensamente unite, nessuna diversità o unità
può sorgere tanto intenso è il reciproco amore>>.
La percezione ordinaria e quella profonda sono <<del tutto compenetrate e unite >>
loro stesse.
È la continuità ad esistere, ma io la percepisco con fatica. Di solito mi muovo tra una percezione
profonda e una ordinaria, consapevole del fatto che la continuità tra esse mi è nota
solo in minima parte. Le due percezioni  sono una unica percezione che via via
vedo unificarsi, ono io che lentamente ne colgo
la continuità.

L'utilità poco nota degli asana  sta nella loro capacità di far accedere a un qualche tipo di
continuità percettiva ogni singola componente dell'involucro.
Io non sono una unità organica ma un insieme di esseri-manifestazioni a loro volta
raggruppati in più aree, la prima delle quali è l'involucro a cui si riferisce
l'attività di quella manifestazione  che io chiamo, appunto <<io>>.
Gli asana stimolano l'accesso alla continuità di ogni singolo essere-manifestazione
dell'involucro. L'azione degli asana è tanto più notevole se ci si rende conto
di quanto ogni essere sia immerso in un continuo intenso stato di desiderio ed emozione.
Gli asana riescono a interrompere l'attività egemone di quei desideri e avvicinare ogni essere
alla continuità senza generare alcuna opposizione tra lo stato di continuità e quello di
desiderio. I desideri di cui parlo sono desideri fortissimi quali il desiderio di respirare,
di nutrirsi, di eccitarsi sessualmente, di avere contatti piacevoli, il desiderio
di poter riposare, sono i desideri
che mettono in moto la stessa vita dell'involucro. Il desiderio non è una struttura opposta
alla manifestazione della continuità anche se così spesso agisce.(Grande mistero)

La pratica degli asana aiuta ad avvertire la presenza dell'ego personale
come una delle tante presenze attive in sè stessi.
Così facendo, l'ego si ritrova sempre più frequentemente a percepire la sua
presenza inclusa in un'area in cui sono incluse altre presenze
con lui fortemente interrelate, l'area di cui parlo è lei stessa una
presenza diversa dall'ego.
L'esercizio degli asana, quando funziona,
dischiude la percezione di un'area fluttuante inclusiva dell'ego
e di molte altre presenze corporee-del  corpo, 
il corpo  solo in parte può
essere detto proprio corpo.
Gli asana non impediscono l'agire dell'io personale,
gli asana stimolano l'agire libero, non filtrato dall'ego,
di tutte le presenze attive nell'involucro e molto oltre.

Gli asana aiutano a stabilire una durevole percezione di quella strana materia di
cui sono composte tutte le manifestazioni, strana perchè essa, proprio come in sogno,
può essere di tutto, trasformarsi in tutto, manifestarsi in tutto
allo stesso momento. Questa materia è nè  unitaria  nè molteplice se vissuta dall'interno
e non descritta con parole o concettualizzata. Il proprio corpo e la propria manifestazione
sono quella stessa materia.
La vita ordinaria è una manifestazione che apparentemente è priva della caratteristica
 compresenza e mutevolezza di quella materia.
Il proprio corpo è il luogo in cui in modo più acuto e doloroso viene sperimentata
quella privazione, o, detto altrimenti, non viene percepita quella materia
ma, all'opposto, viene vissuta una normalità corporea di lentissimo
mutamento se non quasi ristagno, nonchè una netta separazione in parti della propria
 manifestazione, - la percezione del corpo- a sua volta nettamente staccata
 dalle altre manifestazioni circostanti. Si tratta di un vero e proprio stabile
 frazionamento e isolamento diluito nel trascorrere del tempo e nella percezione
 dello spazio.
 Gli asana applicano  la propria azione alla << parte>> perchè essa
 possa funzionare come la materia non ordinaria.
 La loro azione consiste in un controllato cambiamento di stato della <<parte>>
 su cui l'asana viene applicato.
 L'asana non è l'immagine della posizione detta <<asana>> ma è la anomala pressione e lo
 stiramento che vengono esercitati sulla <<parte>>, mente compresa.
 La pressione esercitata può avvenire tramite muscoli, respirazione, concentrazione,
 in modo tra di loro separato o coordinato reciprocamente.
 Si utilizza un mutamento di pressione per consolidare la sensazione di
 un cambiamento di stato interiore da stato ordinario a stato speciale, particolare.
 La continua ripetizione dell'asana può, a seconda delle predisposizioni individuali,
 trasformare la particolarità dell'esercizio nel contatto con la continutà, non è facile,
 è, anzi, molto difficile che ciò avvenga.
Il cambiamento di stato è minimo e avviene sul piano corporeo, la mente è << corpo >>.
Si utilizza nient'altro che il corpo. Si possono utilizzare anche stimoli visivi, quali immagini
e sonori in abbinamento agli asana ma bisogna fare attenzione
 all'impatto mentale ed ipnotico che talvolta immagini e suoni possono causare.
Se il mio corpo ordinario non fosse così strutturalmente teso da essere
praticamente immobile qualsiasi mutamento dell'ambiente agirebbe come un asana e mi
condurrebbe quasi naturalmente nella continuità.
La velocità del corpo ordinario è quella dell'alimentazione e dell'assorbimento del cibo.
Il cibo dell'alimentazione è composto dal mio corpo, da ciò che mangio, dall'esistenza
di ciò che mangio, dall'assorbimento del cibo nel mio corpo e al di fuori di esso, da
ciò che avviene a un essere vivente o inanimato per diventare cibo, dagli strumenti
che utilizzo per prepararmi il cibo. In una logica di cibo, posso dire che l'intero cosmo
sia collegato al mio ciclo alimentare e addirittura che il cosmo sia alimentazione, il tempo
del cosmo sia il tempo dell'alimentazione su scala cosmica, almeno nella realtà ordinaria.
Naturalmente nella quotidianità io non mi accorgo di essere a mia volta parte del ciclo
alimentare di altri esseri animati e inanimati.

Nell'immediato si ha la percezione che è il mutamento di pressione provocato dall'
esecuzione dell'asana ,all'interno del corpo, a indurre alcuni mutamenti.
Poi, a un tratto, mi ritrovo ad avere  il mio corpo ordinario fuso con altro,
diventato in parte pianta, in a parte fuoco invisibile, in parte lo sento presente
ma è completamente e intensamente altro, leggero, intenso, la sua presenza
riduce notevolmente la presenza del mio io.
La circolazione alimentare si è integrata in altro. Ora sono entrambi manifestazioni
-circolazione alimentari e altro-compresenti.

Gli asana sono uno strumento molto particolare poichè sono capaci di interagire
contemporaneamente sia con la percezione minimale prodotta nel cervello, altrimenti
detta percezione dell'individualità, dell'ego, sia con la percezione diffusa e profonda che
è l'esistente stesso. Normalmente si percepisce con facilità l'esistenza della
percezione individuale mentre non si avverte la percezione diffusa-profonda.
La pratica degli asana può favorire l'incontro con la percezione diffusa se la persona
in qualche modo è già predisposta a questo incontro.
La pratica degli asana in se stessa non garantisce l'incontro con la percezione
diffusa-profonda.
Eppure se gli asana agiscono verso la profondità è solo perchè sono stati
inventati da persone consapevoli del fatto che tutto è percezione, compreso
il corpo e la mente ordinari che invece sembrano dotati di una materia fisica concreta.
Il corpo e la mente ordinari sono costituiti da percezioni.

QUALCOSA SI È DISGREGATO-DISUNITO, DA CIÒ APPARE LA REALTÀ ORDINARIA
IN TUTTA LA SUA
COMPLESSITÀ e continuità. Come sempre ciò che è disgregato e ciò che  si unisce sono
uniti in modo impercepibile e continuo nella percezione ordinaria.
Gli asana si applicano anche alla mente, per mente intendo il senso dell'io
prodotto nel cervello, il sesto senso.
L'io è un rappresentare qualcosa  senza tener conto dell’esistente in sè, al contrario
della percezione che è l’esistente in sè.
QUANDO LA PERCEZIONE NON È PIÙ RAPPRESENTATA DA ALCUN SENSO ALLORA
DIVENTA INTENSISSIMA, IN QUEL MOMENTO LA COMPRESENZA DEL SENSO E DELLA
PERCEZIONE INTENSISSIMA SI PRESENTA NELLA CONTINUITÀ. NELLA CONTINUITÀ.
RAPPRESENTAZIONE, SENSO E INTENSITÀ SI UNISCONO, COOPERANO, INTENSIFICANO.
L'INTENSIFICAZIONE DELLA PERCEZIONE È LA LORO STESSA INTENSIFICAZIONE,
IN ALTRE PAROLE L'INTENSIFICAZIONE DELLA PERCEZIONE È L'INTENSIFICAZIONE
DELLA REALTÀ ORDINARIA NELLA CONTINUITÀ DELLA SUA STESSA
UNIFICAZIONE. GLI ASANA SERVONO PROPRIO A OPERARE LA CONTINUITÀ DELLA
INTENSIFICAZIONE DELLA REALTÀ ORDINARIA.
Gli asana aiutano a percepire il senso dell'io  come un essere che non impedisce la percezione
profonda.  Con una certa esagerazione posso dire che tra me e la percezione  spesso si frappone l'io.
Gli asana aiutano l'io a unirsi alla percezione profonda. Raramente il senso dell'io
si manifesta sin dalla nascita nell'unione con la percezione profonda.

Tutti i luoghi del corpo hanno un egual valore e potenziale percettivo,
gli organi di senso, mente compresa, non sono più percettivi di una sola singola cellula.
Con questo valore percettivo gli asana  tentano di stabilizzare un contatto.
Spesso la percezione profonda si rivela durante la vita in modo improvviso, come
si rivela così se ne va.
Gli asana, tramite minime modificazioni dello stato corporeo, aiutano a rendere la percezione
profonda stabile e, infine, a rivelarne la sostanziale continuità con la percezione
ordinaria - che è la percezione ottenuta mediante gli organi di senso.

Come l'esistente in sé è costituito esclusivamente dalla  percezione così il corpo ordinario
è costruito dalle emozioni, le emozioni e il senso dell'io si compongono incessantemente,
quello che compongono è una realtà la cui materialità ha la concretezza di un sogno.
Le emozioni compongono il senso dell'io; la carne, il sangue, la sabbia, la luce, sono
costruite dalle emozioni.
Laddove il senso dell'io vede corpi la percezione vede foreste lussureggianti,
laddove l'io vede morte o vita la percezione vede manifestazioni intessute
di amore e vicinanza. le emozioni producono il senso dell'io , le emozioni
si distaccano dal senso dell'io così che quel braccio, quel polmone,
quel suono, quella terra diventano insolitamente vivi, liberi,percettivi e intensi
senza essere subordinati ad alcun senso di individualità oppure di organismo.
Gli asana stimolano, senza creare alcun senso di opposizione alla realtà ordinaria,
 il corpo nella sua dimensione ordinaria, ovvero il
corpo percepito dal senso dell'io prodotto dal cervello,
in modo che le emozioni di cui il corpo è costituito, lentamente entrano
in contatto oltre che con la percezione ordinaria del corpo anche con la percezione profonda.
Il senso dell'io e la percezione profonda non originata da alcun organo di senso
entrano in contatto. Le emozioni cessano di immedesimarsi col proprio automatismo
funzionale  senza rifuggirlo.
Gli asana contribuiscono a creare un varco tra la realtà e il sogno ordinario-
la percezione-realtà ordinaria è un sogno in cui il corpo ordinario fluisce nelle proprie emozioni.

Il corpo può essere allo stesso tempo il luogo della percezione profonda e il luogo del senso
dell'io-cervello. 
La loro continuità sembra quasi una unione ma persiste anche nella percezione profonda 
il movimento. Il corpo può essere mosso dall'io e dalla percezione profonda contemporaneamente.
Gli asana possono facilitare enormemente la compresenza del senso dell'io
e della percezione profonda.
La salute di cui gli asana si occupano è proprio quella causata dalla compresenza dei
sensi umani e dalla percezione profonda. Non si tratta della salute ordinaria,
è una salute indifferente alla vita, alla morte e alla sofferenza ordinari.
La pratica corretta degli asana comincia quando si arriva alla consapevolezza che la
percezione ordinaria, ovvero il mondo creato dalla sensibilità umana, è modulabile,
modificabile, non costretto ad esistere sotto la forma di un continuo scorrere di
automatismi inconsapevoli. Non si dovrebbero praticare gli asana credendo che è
l'io a deciderli o inventarli, non si dovrebbe duplicare all'infinito il proprio io
immedesimandosi col proprio senso dell'io.

ASANA NATURALE - CONCENTRAZIONE del corpo-mente,
lo stato in cui avviene la continuità, la compresenza fra sensibilità ordinaria e
percezione profonda è uno stato di concentrazione tanto mentale che fisica.
Più la concentrazione corpo-mente è fluida e spontanea, meno essa viene percepita come
uno stato speciale. A volte essa è presente in modo talmente spontaneo
da provocarmi stupore, quasi incredulità.
Lo stato di concentrazione corpo-mente è  una condizione naturale,
come l'essere affamato, assetato o altro.
La concentrazione corpo-mente può essere provocata intenzionalmente
con relativa facilità se si ha la fortuna di conoscerla naturalmente,
nel caso opposto  posso  utilizzare  varie pratiche psicofisiche e ....
vedere quel che succede, facendo attenzione a non auto-ipnotizzarmi o auto-suggestionarmi.
Io ho conosciuto entrambe le pratiche.

La percezione ordinaria lentamente muta tramite gli asana che esercitano una
pressione complessa e molteplici tensioni su più aree del corpo contemporaneamente.
Gli asana non si applicano su singoli punti del corpo ma su aree estese del corpo tramite
pressione diretta e tensione delle parti corporee.
Per gli asana il corpo nella sua totalità è un unico sofisticato organo di senso in continuo
mutamento.
Tramite gli asana si massggiano contemporaneamente tutti gli organi interni distogliendoli
dalla apparente automaticità dei loro agire.
Tramite gli asana ogni membro del corpo si distacca dalla tenace tensione che
lo lega alla propria funzionalità e automatismo e così facendo ogni membro del corpo
entra in un particolare tipo di concentrazione e percettività mai sperimentata prima.
Il corpo scopre di essere qualcosa di estremamente molteplice ed unito.
In questa scoprire il corpo tende a perdere completamente qualsiasi identità e
appare la consapevolezza di essere una materia quasi sognante per la quale
è possibile assumere in determinate circostanze qualsiasi tipo di manifestazione.
L'esserci della manifestazione, per quanto non arbitrario ma causale, viene legato
a una forte percezione di non concretezza della stessa, ovvero la manifestazione
è presente ma la sua realtà non ha niente di definitivo e ineluttabile e, in tal svuotamento
della realtà, va compresa la perdita del senso di individualità.
L’ individualità, l'io, il senso dell'ego, acquistano il loro senso se il loro
essere è materialmente definito, certo, inevitabile e necessario altrimenti
l'individualità cessa la propria esistenza e il suo senso diventa impercettibile, marginale.
In ogni caso mai scordare, spesso mi ripeto,che la natura,-percezione ordinaria deve fare il suo corso, non va evitata.

Gli asana,pur lasciando il senso dell'io libero di muoversi,
permettono agli altri esseri-manifestazione che compongono-contengono
 il corpo ( e poi l'involucro)
di manifestarsi. Attenzione, i nuovi arrivati si manifestano ma non dispongono
di un io.
Nella realtà ordinaria, il senso dell'io prodotto dal cervello orienta la manifestazione.
Le manifestazioni degli altri esseri cui ho appena accennato sono percepibili dall'io
in modo continuo-profondo ma nella realtà ordinaria  è il senso dell'io che determina l'ambiente
percettivo di riferimento. (Ho l'impressione che ogni manifestazione ha un suo
turno per determinare prima o poi una vita-ambiente-percettivo, che poi
questo avvenga nel tempo e nello spazio è un'altra storia).
Gli asana contribuiscono alla riunificazione con la  naturale continuità  stimolando tanto
il senso dell'io ordinario che le altre manifestazioni da cui sono composto.
Nella percezione ordinaria, quella prodotta dal senso dell'io, la mia manifestazione sembra unica
e si racchiude in una penosamente  limitata sensorialità, materialità e naturalità che
lui stesso ha costruito.
Nella riunificazione della natura continua tutte le manifestazioni non sono più limitate dal senso dell'io
e si riunificano grazie ad una azione congiunta di amore e intensità  e concentrazione che scaturisce
dalle manifestazioni che mi compongono. Il mio abituale ambiente ordinario composto
di tecnica ed oggetti non è più utile.
Per quanto per ora ne sappia, chi cerca la riunificazione definitiva che è
quella in cui il senso dell'io è costantemente ridotto alle dimensioni di una piccola
comparsa, deve aspettare il trapasso e impegnarsi tutta una vita.

Ogni dettaglio della realtà ordinaria è simbolico, appare per indicare altrove e per
sottrarre la percezione ordinaria ad un'assurda tautologia esistenziale.
La realtà dell'io che percepisce e la realtà che l’io percepisce sono
le realtà di un sogno, ovvero chi percepisce fa parte di un sogno più ampio di lui-lei
stesso.
La peculiare caratteristica di questo infinitamente complesso sogno è che
la sua esistenza viene costantemente alimentata da impulsi esterni al sogno. Per svegliarsi dal sogno bisogna percepire il sogno come tale
e non volerne alimentare l'esistenza basata sugli automatismi della
esistenza interiore ed esteriore  dell'io percettivo della realtà ordinaria. Per far
ciò bisogna giungere alla percezione non alimentata dal senso dell'individualità dell'io.
All'interno del sogno ogni dolore, ogni sofferenza, ogni tortura, ogni gioia sono
potentissime rappresentazioni emotive di qualcosa di non reale che possiede solo
il margine di esistenza, appunto, di un sogno. Come in un sogno le sofferenze e le gioie
non lasciano ferite al risveglio. Ma chi si risveglia e quando si risveglia?
Lo stato di sogno che è la realtà ordinaria, è uno stato che per qualche
motivo a me ignoto la percezione profonda assume e del quale la stessa percezione
cerca prima o poi di liberarsene lungo un percorso di tranquillità e continuità,
non di dramma.

<<La percezione profonda>> e <<gli impulsi>> sono parole che indicano la stessa realtà profonda, intrinsecamente inspiegabile tramite le  parole, tento l’evocazione. Il risveglio dalla realtà-ordinaria-sogno non è simile al risveglio dal sonno ordinario.
Si tratta di un processo per lo più continuo anche se può talvolta essere molto
veloce, che prende le mosse da intuizioni e visioni che vengono vissute in modo
non organizzato ma saltuario e raramente vengono correttamente comprese.
In ogni caso l'intensità di quelle visioni, intuizioni è tale da avviare un processo
inizialmente solo in parte consapevole e in gran  parte inconsapevole che porta il senso
dell'io a liberarsi dalla propria ordinaria completa immedesimazione con la realtà
ordinaria e a risvegliarsi alla percezione-impulsi non legata all'agire del senso dell'io.
In questo articolatissimo ed estremamente vario processo di risveglio
l'utilizzo degli asana è sia un ottimo strumento per risvegliare  l'autonomia
percettiva del corpo dalla preponderanza percettiva dell'io-ego sia un
ottimo strumento per ricondurre il senso dell'io alla sua effettiva attività corporea
che non è quella di produzione di una percezione sognante in cui dimenticarsi
di essere lui stesso corpo in un corpo, sia un ottimo strumento per trasformare
in modo continuo, privo di traumi e opposizioni emotivi, il corpo mentalizzato e
sognante ordinario nel corpo originario. Il corpo non mentalizzato non è
personale e la sua sensibilità è incredibilmente diversa da quella del corpo sognante.
Il senso della vista, dell'udito, del tatto dell'ego, non sono le caratteristiche
principali della percezione non sognante e tuttavia vi possono ancora essere presenti.

la realtà-sogno in cui ci troviamo è già estremamente strutturata prima della
propria nascita, dopo la nascita il cervello produce un senso dell'io che
produce realtà sognante. La stessa materia di cui è composto il cervello è realtà
sognante almeno fin quando la realtà sognante non comincia a risvegliarsi.
Percezione sognante e percezione profonda convivono anche perchè in realtà
la percezione sognante per quanto molto attiva non crea strutture concrete,
ma di questa caratteristica se ne rende conto solo la percezione profonda.
Gli asana agiscono direttamente sui corpi sognanti tentando di modificarli
nel senso della interiorità e profondità. Se le modificazioni hanno realmente
luogo  il risveglio comincia a farsi strada in modo auto-organizzantesi.

La percezione profonda mi appare estremamente intensa  e amorevole,
apparentemente molteplice, gli esseri che la costituiscono sono
estremamente uniti, vicini amorevolmente l'un l'altro a tal punto
da non poter parlare nè di molteplicità nè di unità.

Nel sogno della percezione ordinaria  l'intensità e la concentrazione sono molto ridotte. L'amorevolezza della percezione profonda è anch'essa svanita, al suo posto troneggia
la circolazione alimentare ovvero qualsiasi apparizione è unita alle altre
perchè prima o poi ne diventacibo. L'amore ordinario non ha la facoltà di avvicinare
e unificare se non in rarissimi casi, gli esseri presenti acquistano una definizione
e una differenziazione apparentemente privo di qualsiasi traccia di una
qualche continuità intima e perenne  reciproca. Non so come sia
potuta scaturire una percezione ordinaria-sogno così in apparenza estremamente
diversa se non  opposta alla percezione profonda.
Eppure, se pur immersi nel sogno ordinario, è possibile cominciare a percepire
la compresenza delle due percezioni e, con maggior difficoltà, talvolta la realtà ordinaria
si manifesta nella sua vera natura di sogno in presenza della percezione profonda.
Più è presente la percezione profonda è più si dissolve il senso di realtà e
concretezza proprio della realtà ordinaria. Alla fine il sogno non sarà che un sogno.
L'intuizione che anima gli asana è che modificazioni particolari della
percezione ordinaria rivelano la presenza della percezione profonda e rivelano
la compresenza e compenetrazione fra le due.
Gli asana aiutano a stabilizzare e ad approfondire la percezione profonda
quando essa è già in qualche modo manifesta nella percezione ordinaria.

Poi viene il momento in cui il senso dell'io sembra spegnersi e qualcosa esce
dal corpo pur facendone parte. Quel qualcosa è la mente che si accorge
di poter esistere senza essere vincolata alla funzione del senso dell'io.
Non si tratta del risveglio della mente, è semplicemente la continuazione del
risveglio. La mente non produce il senso dell'io, il senso dell'io
è prodotto dal cervello.
L'attività del senso dell'io in qualche modo cancella impedisce tanto alla mente quanto
al corpo di essere svegli.
Al di sotto scorre questa quasi misteriosa e multi-profondità costituita da percezione intensa, impulsi e concentrazione intensa che possiede manifestazioni definibili come fisiologiche
che effettivamente si manifestano  al dissolversi della realtà percettiva ordinaria .

Personalmente applico gli asana in due modi :
il primo modo è un esercizio di sviluppo di pressione tramite tensione su ogni singola cellula,
il secondo modo è l'incessante stimolo, tramite tensione applicata
sulle aree del corpo che per prima acquistano la propria indipendenza
funzionale dal centro di organizzazione sensoriale dell'io ordinario: queste aree per me sono state cuore-torace, basso ventre, stomaco-intestino, mani, piedi, articolazioni delle ginocchia e braccia, testa.
Inoltre il mio modo di applicare gli asana  fa molto attenzione a come la realtà ordinaria
nel momento in cui pratico gli asana, ovvero se la realtà mi si presenta o non mi si
presenta tramite impulsi. Per impulsi intendo la percezione di un qualche tipo di fusione
tra il mio corpo ordinario e qualche sensazione di energia, si tratta di impulsi
che sviluppano una loro intelligenza d'azione la quale si sostituisce al mio io ordinario.
Questi impulsi non sono sempre presenti e quando non lo sono lascio che sia la pressione
esercitata tramite gli asana a sviluppare la propria via.
Nella pratica degli asana, sin dai momenti iniziali del training, lascio che sia la concentrazione
a condurre e non il mio io sensoriale. La concentrazione di cui parlo ha già una
profondità sufficientemente intensa da rendere la via degli asana non individuale
e impersonale in modo da evitare di condurre i benefici e i piaceri derivanti dalla
pratica al mio io e di lasciarli ricadere sul loro destinatario naturale che è tutto
l'ambiente. Gli asana mi aiutano a trascorrere lunghi periodi in cui la mia esistenza non è
concentrata sul mio io-sensoriale ma sulla intensità diffusa che avverto essere l'ambiente
e via via essere-tessere una percezione profonda sempre più nitida e
sorprendentemente significativa e vivente.
Per quanto mi riguarda è il mio stesso io sensoriale a desiderare-volere collegarsi alla
più intensa e significativa percezione profonda  perchè da sempre il mio io sensoriale
non ha riconosciuto nella realtà ordinaria una realtà così stabilmente automatica, amorosa e uniforme nella propria concentrazione da essere accettabile e credibile.
Inoltre il mio io sensoriale spesso percepisce impulsi e tracce che conducono altrove dalla
propria esistenza ordinaria.
Il mio io sensoriale, come quello di tutti, è completamente immerso nella continuità, il
suo limite è strutturale, ovvero la funzione dell'io sensoriale è principalmente
di riferire la realtà percepita a una solo percipiente mentre la realtà percepita dovrebbe
raggiungere senza ostacoli l'intero ambiente che è la vera origine e il vero destinatario delle sensazioni. Ma tra l’ambiente (profondità della percezione) e la realtà ordinaria sembra esistere un misterioso scalino.
L'io sensoriale solo in modo secondario e spesso  in modo estremamente confuso e
indecifrabile non riferisce la realtà percepita a sè stesso.
Gli asana sono un notevole aiuto a incrementare la debole capacità dell'io sensoriale
di riferire la realtà percepita a tutto l'ambiente.
Se davvero avviene un incremento della capacità di riferire le percezioni
all'ambiente anziché al proprio io appare un nuovo habitat.
In me e in tutti gli esseri umani la funzione ordinaria dell'io sensoriale
ha determinato lo sviluppo di una certa generale
corporeità umana. Più l'organismo umano riferisce solo a se stesso il percepito
e più la sua struttura diventa tesa, fragile, debole e, a eccezione dell'io, incapace
di consapevole percezione. Il nostro organismo è parte dell'ambiente di cui però
si riesce a vedere e percepire in modo profondo veramente poco.
Nonostante le limitazioni dell'io sensoriale siamo comunque integratissimi nell'ambiente e
non ne rappresentiamo una eccezione o deriva.
(In realtà siamo integrati in un sogno-verso-risveglio dal sogno).
Utilizzo gli asana per riuscire a svegliarmi, utilizzo gli asana per diventare un organismo
che oltre a essere io-sensoriale sia anche parte dell'ambiente percipiente.

Mi muovo in un sogno eppure tutto sembra così reale. Mi afferro e delicatamente tendo
e comprimo. Così facendo, inaspettatamente il sogno si attenua e lentamente svanisce.
A volte gli impulsi  mi guidano, mi spingono ad abbracciarmi, afferrarmi, capovolgermi,
e poi mi nutrono di immobilità. Non sono io a muovermi e comprimermi, è
l'ambiente che si rigenera e si risveglia al tempo stesso, riunendosi, finalmente.
Non è per niente facile.
(Quindi siamo molteplici, uniti, molti di noi sono in fase sognante).
Nella percezione profonda  siamo singoli esseri tenacemente
legati l'un l'altro da una fortissima corrente di intensità-amore-concentrazione . Perchè questa corrente non sia sognabile mi è ignoto. Eppure anche nel sogno e nella realtà ordinaria voglio agire
in conformità alla percezione profonda in cui non è possibile l'esistenza
di una individualità, piuttosto esiste una complessa fisiologia in cui la singola
manifestazione e la sua intima connessione con  le altre manifestazioni è l'esistente.

L'esistente non è nè unico nè molteplice nè individuale.
Ed è con quell'esistente che voglio interagire attraverso gli asana.

Attraverso il sogno della percezione ordinaria si vede emergere la realtà profonda.
Questo è il senso della visione della percezione profonda.
Così si manifestano comunicazione e trasformazione, risveglio. (Le parole evocano)
Il sogno è una rete di sensazioni che inevitabilmente rimandano l'una verso l'altra.
La pace, la vita, la realtà non sono parte di quella rete sognante ma sono percepibili dall'interno
di essa.
Nella rete del sogno ogni parte è prodotta contemporaneamente da ciò che lei
stessa sta producendo ma nessuna parte percepisce la contemporaneità del processo.
La contemporaneità del processo di generazione della rete del sogno ne
esclude una possibile evoluzione, dalla rete è possibile solamente svegliarsi.
La rete è composta da parti e ogni singola parte  è una tensione e la tensione è un impulso
privato della sua capacità di equilibrio-intensità.
L'impulso è già una presenza non sognante e non mi è noto come possa perdere
la sua capacità di equilibrio-intensità nè so come affiorino le tensioni.
La tensione, nel sogno, si articola in numerosissime tensioni che si generano reciprocamente
e si isolano  nello stesso processo di generazione. La tensione non può mai
essere in equilibrio, annullarsi nell'equilibrio, e da qui accedere all'intensità estrema
tipica della percezione profonda.
Con l'utilizzo degli asana si può interferire tanto nel processo di generazione delle tensioni
che nella loro immobilità-opposizione tensionale. L'interferenza può indebolire, mai cancellare,
la struttura sognante quanto basta affinchè le molteplici manifestazioni reali
coinvolte nella struttura sognante si distacchino dal sogno e ricomincino a riconoscersi.
Bisogna tener presente che il sogno sembra estremamente reale ma non lo è,
le tensioni sono reali ma è ciò che creano come effetto-di-realtà, la varietà degli
esseri, delle energie, della materia, sono completamente illusorie.
Le tensioni sono manifestazioni non sognanti ma il loro operare genera sogni.
Le tensioni non hanno un funzionamento automatico anche se così appare
dall'interno della percezione ordinaria.
Le tensioni vivono all'interno del proprio sogno non riuscendone a liberarsene.
Gli impulsi e  molte altre manifestazioni della percezione profonda sono percepibili
anche vivendo in parte all'interno della rete del sogno proprio perchè le tensioni
sono loro stesse reali e manifestazioni della percezione profonda.
Quando alcune tensioni cominciano a rendersi conto che la realtà che producono è un sogno
irreale esse si liberano dal proprio sdoppiamento, scoprono di essere loro stesse parte della percezione profonda e di non essere più vincolate alla permanenza nella irrealtà della percezione
ordinaria (la rete del sogno).
Nel sogno l'utilizzo consapevole della modulazione della tensione psicofisica produce notevoli risultati ai fini del risveglio. La modificazione della pressione corporea operata dai cosiddetti
asana di meditazione, modifica il livello di concentrazione della percezione ordinaria
a tal punto da provocare una disorganizzata e intensa produzione di immagini relative
al passato, presente e al futuro, capace di spingere letteralmente fuori dall'io mentale
prodotto dal cervello, le tensioni che, private all'improvviso del senso di individualità,
possono tranquillamente osservare l'illusorietà del sogno e l'intensità crescente della
percezione profonda cui appartengono. Non è facile che ciò avvenga.....


Gli asana hanno lo scopo di intensificare le tensioni che costruiscono il sogno della mia
e altrui esistenza. Le tensioni, una volta intensificate cessano di unire per separazione
che è il loro modo di generare il sogno e si uniscono nell'intensità, mutano la loro
stessa fisiologia poichè cessano di essere tese e trovano un equilibrio nella intensità
estrema e concentrata. Non so dire se esiste prima l'intensità o se esistono prima le manifestazioni
in equilibrio o se, più semplicemente, esistono in contemporaneità. e unite.
Intensificare le tensioni è un processo pieno di sorprese durante il quale vengono
percepite la presenza e l'agire di moltissimi esseri visibili e invisibili. Il loro agire non lo
riferisco a me stesso, al mio organo di senso-io ma lo riferisco a tutta la realtà
sognante in cui sono immerso.
Per evocare il risveglio posso agire direttamente sul senso-io tramite immagini, suoni, 
realizzazioni di immagini,suoni o ripetendo continuamente << svegliati>>.
Io insisto tanto utilizzando il corpo che il senso dell'io nella continua sollecitazione
del risveglio. Il problema dell'utilizzo del corpo è che prima o poi si stanca,
invecchia.
Il problema con l'utilizzo del senso dell'io è che la percezione della realtà generata 
dal senso dell'io può essere tale da scoraggiare qualsiasi tentativo di evocazione
del risveglio. In ogni caso so che le realtà delle manifestazioni non sognanti e dell'intensità
sono ben visibili attraverso il sogno. Dunque aspetto che prima o poi siano loro 
stesse a raggiungermi sapendo che  l'attesa non è banale inattività.

Gli asana sono uno degli strumenti che l'elemento del sogno ha per risvegliare
il dormiente. Il dormiente è una manifestazione reale che si estende naturalmente 
nel sogno, non si dirige verso l'intensità ( oppure oltre l'intensità si dirige anche)
verso le tensioni, si trasforma in tensioni. Le tensioni uniscono tramite separazione,
ciò che uniscono e separano.
Sull'operare delle  tensioni si agisce tramite calma, tranquillità, amore,
allentamento/trasformazione della pressione fisica ordinaria
Gli asana disuniscono gli elementi sognanti separandoli 
dalla loro funzione tensionale. 
Il senso dell'io, l'ego, può avere un ruolo molto
attivo in tutte queste attività e questo suo attivarsi in senso inverso alle tensioni
genera impulsi che separano con dolcezza la manifestazione dormiente dall'io sognante.
Gli impulsi sono le tensioni trasformate in  equilibrio ed intensità.
Un elemento sognante come il senso dell'io può generare impulsi reali,
esiste continuità anche tra il sogno è la realtà.
La calma, la pace la tranquillità e l'amore di cui ho parlato poco più sopra
evocano e generano il rallentamento e la cessazione dell'automatismo separatore (così appare all’interno del senso dell’io) delle tensioni, si tratta di sostenere la calma, la pace la tranquillità e l'amore in situazioni normalmente insostenibili in modo che le tensioni in atto non
continuino a sviluppare altre tensioni, ulteriori separazioni. 

Personalmente preferisco chiamare senso dell'io 
ciò che comunemente è chiamato mente.
Chiamo mente ciò che si percepisce quando ci si trova al di fuori del senso dell'io,
ovvero quando non si percepisce sè stessi dal di dentro ma ci si trova 
al di fuori del senso  dell'io, al di fuori di sè. 
Quella mente è priva di individualità propria ma percepisce in maniera
molto più vasta, acuta e profonda del senso dell'io.
Quella mente è la stessa che incontrano all'uscita dal proprio
senso dell'io tutti gli esseri. È una mente e molte menti allo stesso tempo,
è parte della vita che si incontra al risveglio.
Quella mente è stabile e gli impulsi che la attraversano e compongono
si unificano in una meravigliosa intensità indescrivibile.
Almeno così appare dall'interno del mondo del sogno quando la 
percezione usa ancora le manifestazioni del sogno per comunicare pur
trovandosi allo stesso momento nel sogno e nel risveglio.
Il senso dell'io si rende conto del risveglio e della presenza di
una profondissima percezione ad esso esterna e avverte l'intero 
processo tanto nella forma della conoscenza che nella forma
di una propria trasformazione fisiologica radicale.
Le due forme sono compresenti solo se si agisce al
di fuori della propria individualità e senza episodi traumatici.
Allora, solo allora, la continuità diventa qualcosa di vivo,
diventa lei stessa un impulso, una manifestazione, come la mente, come il cuore
non individuale.

Io non mi sono creato nè sono io che mi distruggo, provoco sofferenze
e, infine, muoio. È l'incessante automatismo del sogno che produce 
il mio io, la mia transitoria esistenza e infine la mia morte.
A me va bene così, <<mia>> non è neanche la vita poichè essa
la suscita e decide l'automatismo. 
Non intendo alimentare io stesso
l'automatismo, non voglio proprio farlo, la percezione è
troppo più intensa e profonda stando lontano dall'io e dal sogno.
Per qualche motivo anche gli automatismi scorrono verso la percezione
profonda e nella percezione profonda.
Il senso del mio io
acquista pace e tranquillità nel vedere, sapere e vivere direttamente
la presenza della percezione  intensa in cui
il senso dell'io trova e troverà la sua collocazione-trasformazione 
incurante della perdita della propria individualità che solo
illusoriamente ha posseduta.

Il senso dell'io stesso è sogno, ma le tensioni, gli
automatismi che lo creano, generan,  non
sono un sogmo. Il senso dell'io è fatto per alimentare in 
qualche modo il misterioso aspetto automatico degli impulsi. Se il sogno
cessa di agire in modo automatico, ovvero cessa di fare
alcunchè  che prolunghi il sogno allora il senso
dell'io crea delle buone condizioni per cessare l'automatismo
separatore delle tensioni in modo che gli impulsi possano
ritrovare la pace, la continuità, il risveglio.
Il senso dell'io, per quanto sia un elemento non reale
è comunque costituito di percezione ed è attraverso la percezione,
ritrovando la strada per la percezione profonda che 
il senso dell'io può trovare la propria
via alla continuità che passa inevitabilmente nel non generare altri
sogni (ma far comunque scorrere i sogni già attivati).
Il senso dell'io attraverso il non generare altri sogni e 
attraverso il lasciar scorrere quelli presenti cambia,
muta, si unisce agli impulsi-manifestazioni in equilibrio,
può unire a queste ultime le tensioni-impulsi non
in equilibrio (che lo hanno generato).

L'io è a tutti gli effetti l'unico organo sensoriale che
l'essere umano possiede. 
Quando l'io si risveglia compaiono immediatamente
e progressivamente nuove fisiologie,
le percezioni diventano molto più intense.
La vista, l'udito, il tatto, la stessa mente, sono fenomeni che
l'organo di senso io genera. Il loro (....) insieme non costituisce
la totalità dell'os-io, l'io-os (organo di senso dell’io) è qualcosa di più.
L'io-os genera il cervello, in parte, e il cervello gestisce la 
maggior parte delle attività dell'io-os.
Ma l'io-os esiste prima del cervello e dopo il cervello stesso,
in altre parole l'io-os precede la nascita e continua ad esistere
dopo la morte. L'io-os è un complicatissimo processo aggregatore
che parte dalla costrizione della percezione all'interno di
percorsi ripetitivi. A questo processo si aggregano ulteriori
processi che conducono alla comparsa delle numerose manifestazioni 
della realtà ordianaria (il sogno).
L'io-os esiste prima del cervello come effetto di una certa causa.
Quella causa è un determinato fluire degli impulsi diventati tensioni, 
nel caso dell'io si tratta di un confluire e rifluire infinitamente 
ripetitivo delle tensioni.
Per quanto l'io-os sembri essere l'unica fonte di percezione
nella realtà ordinaria gli impulsi fremono al suo interno e
al suo esterno e possono tanto essere percepiti direttamente
quanto trasmettere percezione profonda extra-ordinaria
attraverso i modi propri della sensibilità dell'io-os, p.es. 
nella forma di immagini,suoni, tatto, ecc.

Gli asana possono facilitare la percezione degli impulsi
e del mondo in cui gli impulsi vivono.
L'io-os non è altro che l'effetto prodotto da fluttuazioni di impulsi,
le fluttuazioni di impulsi sono impulsi loro stessi che o
si intensificano unendosi nella intensità o si indeboliscono
unendosi nella unione-separazione sognante che è la percezione
ordinaria. Quest'ultima però, a differenza della intensità, 
non è reale, è un effetto evanescente che persiste solo attraverso
l'incessante ripetizione svolta dagli impulsi-tensione.
Io non so perchè gli impulsi a un certo punto si uniscano tramite
separazione generando l'effetto realtà ordinaria, ma so che
la realtà ordinaria non è totalmente condizionata dall'agire
ripetuto degli impulsi-tensione e la realtà ordinaria può essere in
grado di percepire l'intensità e la continuità della intensità
stessa, quindi confluire in essa.
L'inesistente confluisce nell'esistente, è questo passaggio
che risveglia non solo l'io ma gli stessi impulsi.
In pratica io sono un sogno che deve risvegliare il 
proprio sognatore per diventare reale e accedere alla
continuità. Io stesso, seppure non sono che un sogno
faccio parte dell'esistenza degli impulsi che per destarsi
dal loro sogno possono contare sull'agire del proprio 
sogno.
Nella pratica il risveglio si svolge attraverso un continuo
fluire tra fisiologie sognanti e fisiologie reali sognanti
o non sognanti, dipende dai casi.

I sogni, gli io--os, sono esseri viventi solo se si percepisce
che l'unica esistenza è quella della percezione.
La percezione non oscurata è tale ovunque, anche nel sogno.

Concentrazione, amore, comprensione, procedono di pari passo
e non sono nemmeno nettamente distinguibili.
La via della continuità della  percezione 
passa attraverso la concentrazione,
l'amore e la comprensione e tutto ciò che incrementa
la percezione aumenta contemporaneamente la concentrazione,
l'amore e la comprensione.
Si può agire separatamente sulla concentrazione,
sull'amore o sulla comprensione per poi vedere estendersi 
automaticamente gli effetti agli altri due.
Se ciò non avviene allora si è finiti fuori strada, si scambia 
la potenza per intensità, si è intrappolati nell'auto-suggestione.

Noi umani abbiamo un solo organo di senso ed è il cervello,
tutto il resto è percezione nella forma della continuità.
Gli asana interagiscono volutamente con quest'ultima, con
la percezione, e  inoltre cercano di condurre il cervello nella 
percezione della continuià.
<<una forma della percezione>> è una limitazione della percezione
ovvero una continuità percettiva eccessivamente
rallentata o addirittura isolata, circoscritta. Il nostro organo
di senso, il cervello, produce per lo più forme della percezione
raggruppate attorno a una forma principale, quella dell'io-sono.

La concentrazione senza intensità 
e l'intensità senza concentrazione
non sono comprensibili.
L'intensità non può essere percepita
senza concentrazione,
senza una enorme concentrazione
non mentale,
senza una enorme concentrazione
prodotta al di fuori dell'organo di
senso mentale.
Parlare della concentrazione è quasi impossibile
poichè parlandone  si tende  a trasformala in
un' azione e possibilità dell'io-os (io inteso come l’organo di senso dell’io).
La concentrazione profonda  scaturisce
solo o al di fuori dell'io-os o per lo meno
quando l'io-os cessa la sua azione esclusivamente identitaria.
La concentrazione è percezione della continuità
delle fisiologie non sognanti, netta percezione degli impulsi,
dell'altro cuore, dell'altra mente, ecc.
Io non la cerco, è lei che mi trova e che si fa strada.
La concentrazione è quel che si dice un talento naturale.
Ma fin quando non viene riconosciuta,
non agisce. Più che concentrazione sembra un intuito o una
quantità di visioni profonde ma rare e spesso 
viene interpretata attraverso la mente dell'io.
La concentrazione è un penetrare continuo oltre il sogno
tra i diversi esseri-manifestazioni-fisiologie-impulsi esistenti.
Con il continuo penetrare si incontra  
una intensità sempre maggiore.
L'intensità è presente anche nella dimensione sognante
ma, come la concentrazione, se non  viene percepita e
riconosciuta, essa non agisce.
La concentrazione e l'intensità
fanno parte della dimensione umana in modo
molto debole e precario e scoprire la continuità
oltre la dimensione umana sognante,
implica non solo risvegliarsi ma anche mutare la
propria umanità in altro (nella continuità). 
Ma non è l'io della mente sensibile che muta è l'intera natura 
che muta.
Quando anche l'io-organo di senso comprende l'insieme
mutante di cui fa parte esce dalla proprio agire
identitario. 

La concentrazione non è un'attività dell'organo di senso
detto io. Essa si attiva di sua stessa iniziativa se,
indipendentemente dalla mente prodotta dall'io-os,
si è abbastanza concentrati naturalmente, senza
sforzo. Spesso ho la sensazione di essere in attesa che
la concentrazione si attivi proprio perchè il mio IO,
io stesso, nulla può per attivarla.
Il fatto stesso di avere l'organo di senso dell'io attivo
indebolisce la concentrazione e mi dà la sensazione di
essere in attesa che la concentrazione si risvegli
o intensifichi. 
Dato che spesso vivo la concentrazione,
quando essa è assente posso mettermi in attesa
del suo riattivarsi  e lavorare sull'indebolimento 
degli automatismi da cui scaturisce il mio io-os
e gli asana sono un ottimo metodo non mentale
per indebolire quegli automatismi.
In ogni caso la concentrazione spesso si manifesta
spontaneamente e la mente del mio io-os ne vede
il riverbero tramite visioni complesse o percezioni
di altro tipo, tattili, pressoree, sonore ecc.
Quel riverbero non produce conoscenza, piuttosto,
se non ostacolato dagli automatismi della mente,
intensifica la concentrazione stessa.
Non bisogna scordarsi che tutto ciò che è percezione
prende anche le forme mentali del proprio io
fin quando si è umani.
Gli asana rendono il riconoscimento della concentrazione,
certo, quando arriva e  esalta la natura
fisiologica non ordinaria delle manifestazioni
che si susseguono. La precisione percettiva
che deriva dalla pratica degli asana è particolarmente 
utile per distinguere la presenza della concentrazione
da fenomeni di autosuggestione e autoipnosi,
fenomeni particolarmente frequenti quando la
concentrazione è una realtà ancora poco nota
e l'intensità ancora del tutto ignota nella
sua continuità e molteplicità-complessità.














                          VIRGINIO SPARAVIGNA 2016-2018








                         
















































                          La molteplicità unisce, 2016 – 2018


1 Non riconoscere come proprio  l'io è
sicuramente l'aspetto inizialmente più inquietante e di
difficile gestione emotiva nella manifestazione della percezione profonda.
Il non riconoscimento del ' io è un agire naturale che ognuno
ottiene in modo diverso da un altro.
La diversità del riconoscimento è causata dalla completa diversità reciproca
degli aggregati di impulsi, ogni diversità provoca reazioni e manifestazioni
peculiari.
Gli aggregati di impulsi producono incessantemente la sensazione
della proprietà e individualità dell'io, ovvero del fenomeno per cui l'io è
convinto di possedere una individualità.
Quando gli aggregati di impulsi, nel loro processo  naturale tendono a diminuire
la produzione della sensazione della proprietà dell'io, allora la percezione
e le sensazioni percepite non si identificano reciprocamente,
l'io aderisce agli impulsi stessi lasciando libera la percezione
di accedere alla continuità della percezione naturale.
L'individualità non viene percepita più come uno stabile possesso o
una stabile e ovvia presenza.
Il vero mutamento è quello dell'aggregato d'impulsi, la percezione
di per sè non muta. Il mutamento dell'aggregato d'impulsi avviene
nella continuità.  Fin quando nessuna continuità  viene vissuta
il mutamento che conduce l'aggregato alla percezione non condizionata
dagli impulsi dell'aggregato non avviene.

Il cuore si addensa nelle nuvole. 
cola la riva alberata,
passione per la pelle,
un turbine di vegetazione animata esulta,
naviga   nell'aria, ruota,
ansima innalzandosi,
un muro di mattoni appoggiato sulla sabbia, perle dorate.

Il fiume non è più un fiume.
Il fiume
nel fiume.
Gli alberi espandono un abbraccio umano.
Qui  e là.

La vegetazione si muove diventa corpo diventa fluido, luce,
calma e rapidi mutamenti, senza azione.
All'agire manca il sapore della frenesia.
Avviene.
Un  solo slancio unisce qui e là.
Non ho deciso io l'essere.
L'impulso segue la strada nei suoi canali.

L'impulso è sia percezione, è sia generare altri impulsi e così
facendo esso si allontana dalla percezione, è sia non generare altri impulsi e così
facendo  l'impulso  riconosce la continuità della percezione.
Il ruolo dell'impulso è attivato verso la continuità della percezione
 solo quando la sua volontà cessa di essere automatica.
 In ogni caso gli impulsi sono inarrestabili e sorgono liberamente
 nella continuità della percezione.
 Quel che cambia - il mutamento - è il sapore dell'agire, la qualità dell'agire
 [il senso di <<attivato>>].
 Ad un certo punto - e si tratta dell'agire non automatico -
  si agisce o non agendo o agendo con azioni infinitesime.
  Esiste anche la possibilità di agire tramite una volontà forte e intensa
  se l'agire è orientato completamente verso la riduzione dell'agire
  del volere automatico.
  Infine non esistono regole.
  Ognuno, a modo suo, sa in modo infallibile
  quando la continuità della percezione comincia ad essere stabile nell'estendersi
  oltre la percezione ordinaria. Qualcosa avviene.

  Nella radura scorre la luce, silenzio interno, incontro nelle mani,
  vegetazione, animazione, sbocciare non visibile.

  Il freddo, il caldo. la sosta, un attesa.
  Una finestra.
  Un corpo incredulo diviso tra dentro e fuori.
  Unitone.
  Le immagini scivolano nella realtà,
  nè vicine, nè distanti.
  La luce della notte nel lago.
  La luce degli alberi. Vento e acqua nell'aria.

  Accade che mi allontani dall'agire, senza agire,
  senza un agire che possa definire mio.
  Sono ancora qua mentre la vivacità del percepire aumenta
  come una pressione, nelle immagini, nell'invisibile.

  Esiste uno stato fisiologico, percettivo, in cui ciò che avviene si manifesta
  al di fuori della relazione ordinaria degli impulsi.

  Non bisogna aver paura di vivere senza il proprio io, sono in molti a farlo,
  in natura. E' lì che comincia la continuità che spesso mi sorprende.

  La stanchezza esasperata mi aiuta a percepire la mobilità del tempo
  e dei luoghi in cui vivo, il mutamento costante  sia della percezione della
  durata del tempo
  che della percezione dell'estensione dei luoghi.
  Spesso durata ed estensione sono presenti ma non attivi,
  l'esistente si comprime delicatamente .
  Allora mi arrivano -è un precipitarsi di- troppe risposte per il mio io.
  Esco da me stesso perchè finalmente  le  pressioni-impulsi
  agiscono nella quasi immobilità.

  Sono gli impulsi l'origine del mio io.
  Quando gli impulsi oltre all'ordinario agire del fare
  diventano manifestazione, il mio io cessa di essere
  una forma di esistenza esclusiva.
  Qualcosa di molto vivo e presente avviene.
  Le parole non contengono il senso di << diventare manifestazione >>
  ma servono a segnalare la presenza di qualcosa di molto particolare.
  Quando gli impulsi non solo diventano manifestazione
  ma percepiscono e manifestano la comunicazione
  continua tra l'attività dell'agire ordinaria e la manifestazione stessa
  allora gli impulsi diventano anche continuità.
  E qui la morte si trova unita alla vita.

  Il modo in cui gli impulsi non generano l'io non ha regola.
  Un agire intenso può non generare l'io, l'immobilità può
  non generare l'io, è la continuità nel suo immenso movimento
  a darmi l'impressione di un risveglio, l'ultimo dono
  concesso al generare degli impulsi. Poi il sapore umano
  muta nella continuità.
  Solo percependo con qualche chiarezza  la continuità
  la vita ordinaria acquista senso.

  Il primo passo è stato l'aumento della concentrazione il quale da solo
  mi ha condotto
  1-all'arresto della mente volontaria - non di quella involontaria - ,
  2-  alla capacità di controllo sull'ipofisi - parziale, ovviamente - ,
  3- alla percezione  delle conseguenze dell'arresto dell'attività mentale
  volontaria nel corpo e quindi crescente  percezione dell'involucro,
  aumento dell'intensità della concentrazione, sviluppo della capacità
  dell'involucro di rimanere in equilibrio tra la propria dissoluzione-
  che non può essere volontaria- e l'inizio e dell'agire volontario.
  4- alla percezione del << riassorbimento>>  e del
  manifestarsi di una intensa luminosità, percezioni che indicano la
  realtà fisiologica modificata dalla posizione di equilibrio tra
  dissolvimento dell'involucro e inizio dell'agire volontario dell'involucro.
  5- Infine l'intenso aumento di concentrazione dell'involucro conduce l'involucro alla unione
  fisiologica tra se stesso e la natura, il cosmo, gli altri esseri,
 la vita e la morte. A questo punto l'involucro non percepisce fenomeni
 ma scorre tra manifestazioni.

  Il secondo passo è cominciato quando si e stabilizzata la percezione dell'unità
  dell'involucro tra se stesso e la natura. In questa fase si acquisisce la capacità
  di vedere, sentire, palpare, la relazione tra la percezione ordinaria  in cui l'ego della volontà
  è incessantemente attivo e la percezione profonda in cui l'involucro - non l'ego- si è
  consapevolmente unito al cosmo. Quella relazione è fatta di corrispondenze fisiologiche,
  ovvero ogni atto della percezione ordinaria modifica la percezione profonda e la
  fisiologia profonda dell'involucro. E' a questo stadio che ho cominciato a capire in profondità
  il perchè dell' agire o non agire in un certo modo nella realtà ordinaria.
  La comprensione non è intellettuale
  ma fisiologica poichè ogni atto modifica immediatamente in modo percepibile
  l'involucro. Se voglio non oscurare le manifestazioni,  se non voglio distruggere
  la fisiologia profonda dell'involucro, ora so come comportarmi.
  Non si tratta di una nuova morale. Chi agisce in questa fase è la natura, è l'unione tra
  gli esseri che decide  se l'involucro deve rimanere attivato
  in profondità o se devo ritornare a vivere esclusivamente nella realtà ordinaria.
  Quell'unione con la natura può essere percepita solo dall'involucro ma per via
  del fatto che l'involucro vive anche nella realtà ordinaria quella percezione
  prende i colori, le forme, i sapori, il tatto della vita ordinaria e li modifica
  in parte e li rende in qualche modo comunicabili anche nella realtà ordinaria.

 Natura permettendo, per esistere in modo sensato,
 bisogna che rimanga concentrato nelle condizioni emotive
  che permettono di rimanere  nella continuità percettiva tra la percezione ordinaria
  e quella profonda.
  Quelle condizioni emotive derivano dal non voler ottenere o trattenere
  niente per me nella realtà vissuta, derivano dal non generare altri centri di
  attività che espandano il mio io-corpo, in pratica quelle condizioni emotive
  sono possibili solo se l'attività degli impulsi non travolge una certa condizione di
  pace emotiva-fisica-mentale.
  La concentrazione necessaria  per << rimanere  nella continuità percettiva tra la
  percezione ordinaria
  e quella profonda>> non può essere MIA, deve venire dalla natura, è la natura che decide
  di essere concentrata. il mio io non ha quella capacità concentrativa.
  La continuità percettiva avviene solo se l'io si unisce alla  natura e continua a
  riunirsi in modo percepibile anche nella temporalità presente nella percezione
  ordinaria.
  Ovviamente continuano ad esserci i momenti in cui quella concentrazione non è possibile.

  Il corpo si completa nell'estensione tra percezione ordinaria e percezione profonda.
  Quel che mi significa salute del corpo-mente ha senso solo se entrambe le percezioni
  sono stabili .
  Nella manifestazione di un corpo esteso tra percezione ordinaria e percezione profonda,
  la salute  e la felicità nella vita ordinaria non sono condizioni indispensabili.
  Posso soffrire, posso morire, posso essere oberato da difficoltà che
  mi impediscono la felicità e tuttavia posso continuare a fluire nella continuità.
  Il corpo che fluisce tra percezione ordinaria e percezione profonda è un
  involucro aperto e unito alla natura. Il suo stato è allo stesso tempo mutevole
  e non mutevole. La continuità del corpo è fatta di manifestazioni che non alterano la natura.
  Si tratta di manifestazioni rapide e leggere che non hanno le caratteristiche dell'agire
  e del volere della percezione ordinaria.


 2 Quel che si genera non è nè nuovo  nè  una vecchia ripetizione, quel che si estingue
 non si estingue.
 Così il mio futuro  e il mio presente si sono svuotati del passato  anche se sembrano
 un irrealistico ristagno, o addirittura un regresso.

 La concentrazione progredisce nell'attenzione. L'attenzione sulle parti interne del proprio corpo
 conduce nella percezione profonda. Avviene il contatto diretta tra fisicità ordinaria
 e percezione profonda.
 Non ho una missione, non mi sono scelto, non mi sono voluto,
 questi impulsi non sono miei. Va bene così.

 Il contatto mi adagia di nuovo nella percezione ordinaria.
 La natura ha scelto , quindi gli impulsi vengono di nuovo isolati negli involucri.
 Ricompare il tempo. Ricompaio io, qua e là, in attesa.
 Sembra che i miei impulsi non siano più isolati nell'agire.
 Si comportano come il mare  mentre gioca con una fragorosa risacca,
 cerca la deriva nei propri stessi elementi, li scioglie e così la  vita
 sceglie, la vita salta in un'altro luogo e alcune forme precedono ogni compresione.

 Quando l'isolamento degli impulsi cede appare il non pensabile, il non immaginabile.
 E' l'agire isolante che permette all'impulso di manifestarsi. Impulso e isolamento
 sono una unica entità, una unica azione. Il cedimento della loro azione è una qualità
 onnipresente nell'ambiente in cui vivo,  una qualità la cui presenza non
 dipende  nè dalla mia percezione profonda nè da quella ordinaria.
 L'azione isolante-impulsiva non è mai assoluta anche se spesso viene percepita
 come tale. L'azione isolante-impulsiva a un certo punto si indebolisce da sola, può
 manifestarsi in modo molto debole, può ridursi a una lieve presenza
 il cui agire non è un ostacolo alla percezione profonda.
 Sono convinto che ogni persona può accedere all'indebolimento
 dell'azione isolante-impulsiva secondo proprie personalissime
 modalità e tempistiche.


 Modificare la percezione significa - per me - modificare la realtà ( la mia realtà ) e quella realtà
 è un habitat molto particolare la cui profondità, superfice e continuità vengono unificate o
 differenziate proprio da quel percepire che solo in un primo lungo momento appare a me
 come mio ( esclusivamente mio e personale ). Assieme ad ogni percezione si manifesta una
 fisiologia.
 Poi, a un certo punto, la percezione profonda si tuffa in quella ordinaria e comincia il
 processo di unificazione delle percezioni e, ne segue, delle fisiologie. Ma io non ci sarò più
 quando tutto ciò avverrà perchè sarò stato unificato.
 Gli impulsi che producono il mio io per ora agiscono incessantemente e quindi tutto
 ciò che mi appare  non può che essere differenziato, anche la percezione profonda
 sembra altro dalla mia percezione ordinaria.
 Gli impulsi emergono perchè si differenziano-da e , inoltre, conservano quella differenza-da
 e spesso si isolano dentro quella differenza-da.

 La percezione profonda è diffusa, non parte da un punto centrale, per esempio la testa -
 anche se non posso escludere che per alcuni il suo centro di origine
 sia nella testa o nel respiro o in entrambi.
 Per me la percezione profonda è diffusa, una sorta di epidermide non animalesca e non
 appartenente ad alcun corpo. La sua vitalità è massima quando si fonde con la
 percezione ordinaria che invece è decisamente  concentrata in zone corporee.

 (Io penso sempre a cosa farei se non potessi vedere, parlare od udire, o tutto ciò insieme.
 l'unificare serve proprio a superare difficili situazioni di deprivazione sensoriale e, dopo tutto,
 cos'altro sono?
 In particolare sono da sempre attratto ad oltrepassare le difficoltà generate da una impossibilità
 di utilizzo del cervello.)

 Più frequentemente è la percezione ordinaria ad entrare con le proprie forme, i propri colori
 e suoni, nella percezione profonda. Quest'ultima sottrae alla percezione
 ordinaria il movimento ordinario a cui è sempre associato un qualche tipo di pressione.
 Nella percezione profonda i movimenti possono essere  visti e uditi e palpati senza che
 provochino pressioni o differenziazioni.
 Tutto, nella percezione ordinaria, può diventare il luogo di un passaggio dalla
 percezione ordinaria a quella profonda.
 Le complesse fisiologie che la percezione ordinaria produce possono venire coinvolte in ogni
 loro parte in intense fasi di circolazione tra la percezione ordinaria e quella profonda.
 Quelle fasi di circolazione possono essere percepite in molteplici modi e conducono
 spesso alla  esperienze del movimento in assenza di pressione e alla esperienza del mutamento
 in assenza di differenziazione. Inoltre grazie a quella circolazione si arriva a percepire
 con chiarezza quali eventi della vita ordinaria conducono alla perdita della percezione
 profonda.
 Lo yoga  localizza i luoghi di passaggio tra la percezione ordinaria e quella profonda
 nei chakra. ma la mia esperienza dice che le cose stanno diversamente, che forme
 concentrate di comunicazione tra dimensione profonda e ordinaria possono svilupparsi
 ovunque e semmai i chakra dello yoga nella mia esperienza rassomigliano a luoghi di passaggio
 ricorrenti nella circolazione ordinario-profondità. Ma << ricorrenti>> non significa  sempre,
 non implica una regola, non indica un cammino valido per tutti.
 La maggior parte dei testi yogici vincola il passaggio tra la percezione ordinaria e quella
 profonda all'utilizzo del prana e successivamente alla meditazione. In pratica
 quei testi inducono i praticanti a un uso ossessivo
 della respirazione e della mente - sì proprio della mente-
 a discapito del resto della fisiologia strettamente umana e di quelle ad essa più prossime.
 E' come se qualcuno per la fretta di creare un percorso praticabile da tutti verso la percezione
 profonda avesse creato un modello  potente come suggestione ma del tutto non corrispondente
 alla realtà dei fatti.
 In alcuni testi non strettamente yogici ma della tradizione dello schivaismo monista del
 kashmir si accenna alla possibilità di una dissoluzione- illuminazione di ogni parte del corpo
 e poi di un comune fluire di quelle illuminazioni in una comune profondità. Ma non si
 dice come ottenerla.
 Se dovessi parlare delle mie esperienze in termini yogici direi che non esiste un luogo
 della percezione ordinaria in cui non si possa sviluppare un sistema di chakra e in cui la continuità
 tra percezione ordinaria e profonda non scorra con le proprie inafferrabili dinamiche.
 L'illuminazione, come esperienza, non è che una piccola fase di un interminabile processo
 i cui momenti  sono diversi per ciascuno di noi.
 Intendo dire che la canalizzazione ( nadi) cui si riferiscono i chakra e l'illuminazione - che è una
 componente dell'habitat di quella canalizzazione, non sono tappe inevitabili del processo
 della continuità tra percezione ordinaria e quella profonda.
 Questo processo avviene liberamente per ciascuno di noi.

3 I cuori in cima agli alberi scivolano dietro la luce.
Dentro la corteccia, la schiuma della vita avvolge mani,
ansia nel vento, legami nel cuore.
Trema il silenzio, accorre, emergono nella foresta,
il suolo nel petto, cuore, polmoni,
slancio tra le chiome del cielo.
Il lago, nel fiume, ornamento di brividi
frequenti nei fagiani pomeridiani,
i richiami tra i venti,
l' intrecciarsi degli alberi con i cieli.
Il cielo è la pelle, è il respiro dell'entusiasmo.
Le mani trasudano filamenti vegetali.
L'aria sta dentro.
Sono talmente tanti da incoraggiare il contatto.
Il diaframma spinge il mare nel cielo.

Nella notte la luna ha trapassato gli alberi.
Adesso germogli ovunque.
La valle scorre.

Nel cuore del fiume.

La corrente del fiume altrove.

Il respiro compone  i suoi rami.

Sul pavimento, immerso nell'acqua.

Le mani, fiori tesi nel cielo.
La luce della pioggia è il silenzio.
Il calore del petto nel respiro degli alberi, del cielo,
acqua ovunque, intrisa di luci.

8 gennaio 2017

Nel tronco, nella mano scorre, la vita di linfa,
luce, dare.
Il sole disadorno riflette nella baia.
Una sola voce riga il silenzio con graffi
e pace insensata.
Le radici esplodono.
La corsa senz'aria, dentro la roccia,
nel fondo dell'oceano,
invasione incendiaria, colata di lava ristoratrice tra le mani,
il sorriso del cuore senza il tempo,
passaggio tra gli alberi, nel cuore del ventre,
il canto del vento al posto del cervello.

Mi capita di esistere senza che il cervello se ne renda
percettivamente conto.
Allora divento tutto corpo e il suo muto e incolore
percepire restituisce profondità percettiva al cervello.
Il corpo se ne sta sempre con la natura.
Le visioni che fluiscono tramite il cervello
parlano a lungo, diffusamente di quello stare con la natura,
con suoni, colori, forme, sensi molto particolari,
in qualche modo sensi del tutto privi
dell'impronta del mio cervello.

L'attività del cervello è quella di sintetizzare differenze che successivamente
vengono analizzate e sistematizzate dal corpo.
Il corpo unifica l'agire sintetizzante del cervello nella esperienza della vita.
La coscienza ordinaria è un prodotto sintetizzato del cervello.
Il corpo di cui il cervello è una parte non necessita della coscienza per fornire una esperienza
unificata della vita.
Il cervello è corpo ed è il luogo fisico attraverso cui gli impulsi dai quali
sono costituito determinano la coscienza che il corpo deve unificare.
Per il corpo << unificare la coscienza >> significa dare forma ed esistenza
fisica alla coscienza.
Il cervello ed il corpo sono una unità esattamente come gli impulsi sono una
unità.
Gli impulsi esistono perchè la loro unione li precede. Ma la unione degli impulsi è diversa dagli impulsi stessi.
Corpo e cervello esistono solo nella forma della loro unità anche se nella coscienza ordinaria possono sembrare separati.
Eppure io parlo degli impulsi come qualcosa di diverso dalla loro unità
ed egualmente parlo del cervello e del corpo come se non fossero
uniti.
Di questo passo dovrei asserire che la coscienza ordinaria
si oppone alla unità della coscienza e che la unità della coscienza
non è una forma di coscienza.
Solo la percezione profonda mi garantisce l'unità
che a questo punto però appare priva di coscienza, di corpo, cervello
e colori ordinari.

E invece io insisto col dire che in ogni momento della mia esistenza
sia possibile accedere ad un'altra fisiologia priva di differenze.
Quando la raggiungo sfuggo ai paradossi.
A quel punto la vita ordinaria non è un luogo in cui dipanare
enormi matasse di irriducibili differenze e opposizioni.
Ci posso rimanere con una certa tranquillità.
Può sembrare un'operazione intellettuale la creazione di una fisiologia priva di differenze e
ciò avviene giusto nello scriverne in questo unico attimo.
Per il resto <<la creazione di una fisiologia priva di differenze>> è, per me, un fatto per lo più
fisico ed emotivo in cui si affollano innumerevoli pratiche fisiche e addirittura ginniche,
molte emozioni e una buona dose di umorismo verso me stesso.
(Per me è implicito che dipingere, suonare, scrivere nascano in un luogo
dove l'intelletto e il corpo siano ancora indifferenziati.
Personalmente mi aspetto che quando dico, per esempio, <<sole>> qualcuno mi
porti lo sguardo di una coccinella e non mi indichi l'astro. Se poi l'astro sia una
coccinella pelosa ben venga).

Una pianta diventa un paesaggio, un corpo diventa una cascata liquida, tutto torna
alle terre, la luce crea e quindi il contatto appare come una galassia.
L'oscurità è la luminosità delle presenze e
anche l'oscurità è contatto.
Il contatto delle piante passa per la terra e fiorisce con forme stellari,
la pelle è una corrente di corpi che tornano nelle foreste, le foreste
fioriscono nelle pietraie assolate, gelide, oppure oscure.
Le galassie brillano in questi sassi da cui sgorga una foresta rigogliosa di alberi,
cartilagini e carni amorevoli.
La comunicazione è dalla loro parte.

Il calore tesse il respiro, pelle marina asciuga il sole.
Leggero nel vento, polvere di cuore indugia nebbiato.
Senza respiro, mani e piedi di pietra, l'attenzione
sorge nell'esitazione.
L'aria gioca sulla pelle, la vitalba allaccia il ventre.

E da dove potrei riceverlo, se non fosse già
stato nel presente, presente?
Tra lo sguardo e la parola,
un abbraccio,
la (presenza) tra le pietre.

..un'unica percezione, in parte profonda, interiore, in parte ordinaria,superficiale, entrambi
(unica) vivono influenzandosi, ma solo il manifestarsi estremo della percezione
ordinaria cancella la percezione di quella profonda.....sin quando l'estremo
si rilassa e la percezione profonda riappare. Corpi, menti, cuori, fisiologie variopinte,
affollano le percezioni. Le loro unioni ancora sono corpi, menti, cuori, e tuttavia le loro
unioni appaiono diverse lungo lo scorrere della continuità.
Unire, diversificare, con il solo amore della presenza e non del possedere,
o possedere perchè l'unione può possedere con amore e allora le carni dischiudono
sottili primavere, vegetazioni incolori.
L'esistenza vuole esistere, non mi illude mai l'esistenza del suo volere.
..come io voglio e Il Mio è fatto di vita e di morte,
così è la straripante fioritura interna, profonda,
nulla teme, unisce (la morte con la vita si uniscono, manifestano).
Senza verità, assorto nella vita.

11Marzo
Ogni impulso è, rispetto alla quiete, all'equilibrio, un atto estremo.
A sua volta una manifestazione estrema può essere ulteriormente
estremizzata, di fatto  estremizzare l'estremo è il procedere
della percezione ordinaria della natura.
Il percepire estremo rende quasi invisibile la quiete.
La quiete non ha energia nè materia, è viva.
Anche la percezione ordinaria non è fatta di materia nè di energia
ma è viva.
Tutto ciò che sembra apparire in me e fuori di me mi conduce
ad essere estremo in qualche modo (non in senso politico o artistico). Anche il rifiuto a seguire
ciò che è estremo è qualcosa di estremo.
Basta indugiare, la quiete esiste e non è interessata
dalla vita e dalla morte ordinarie..e.. non è presente un aspetto fisico, anche,
è proprio un vivente.

La continuità è il nutrimento.
E' importante sapere di non avere colpa - pressione culturale, illusorietà del karma.
Allora divento lo spettatore delle trasformazioni della NATURA-PERCEZIONE.
Lo spettatore poi scivola, con la natura nei canali della continuità,
quando e se appaiono.
Altrimenti è l'attesa.
Per me, per gli alberi, per la polvere.
Gli animali sono gli ultimi arrivati, quelli che ci credono davvero alla differenziazione.
E' nella natura del cuore l'attesa.. Molte sono le presenze intense, esse appaiono
prima e dopo che la mente conosca i propri automatismi.
Nella continuità niente cessa di esistere.
Quando si percepisce la interruzione della continuità
si indebolisce o interrompe del tutto la continuità - si
tratta in entrambi casi di un processo dell'insieme, della natura.
Agisce qualcosa di unificante, non una singola manifestazione.
Continuità è il passaggio, per esempio, dalla vita percepita all'interno dell'ego
alla vita di una unificante manifestazione esterna, quale essa sia.

La continuità, quella vivente, quella percepita che è fatta anche di suoni,
visioni, manifestazioni, modifica l'ambiente tramite colui o ciò che la sperimenta,
vive, ne è attraversato. Non è il percipiente che modifica alcunchè, E'
LA CONTINUITÀ CHE AGISCE  ED ESERCITA LA PROPRIA BENEFICA
AZIONE SU CIÒ CHE CON ESSA ARRIVA IN CONTATTO ATTIVO. IL PERCIPIENTE
E' TUTT'’UNO CON L'AMBIENTE, ANCHE SE DI NORMA NON SE NE HA LA
CHIARA PERCEZIONE.

Le emozioni,nella percezione
ordinaria, vivono libere, non sono obbligate alla interazione tra umani.
Le emozioni non dipendono dalla mente, il loro flusso è incessante per via
della natura umana priva di equilibrio.
Il flusso continuo di emozioni, e , ripeto, la mente non le causa, è il segnale più
evidente di quanto sia radicato e generativo la estrema tensione interna
umana. L'assenza di equilibrio nell'essere umano, fisiologicamente parlando,
si concretizza in una natura determinata da un costante flusso di emozioni la cui origine
precede la nascita della singola persona e ne crea la prima struttura.
Le emozioni stesse sono esseri viventi non in equilibrio.
La mente può essere fermata ma non le emozioni.
Percepire con chiarezza la differenza tra mente ed emozioni è importante
per non praticare tecniche meditative di autosuggestione.
Lo scopo di quanto dico è la esistente possibilità di vivere in equilibrio.
Ma cosa succede a delle complesse manifestazioni estremamente non equilibrate
che trovano una loro continuità verso l'equilibrio?
Le espressioni << equilibrio delle emozioni >> << esaurimento degli impulsi >>
<< continuità tra percezione ordinaria e percezione profonda >>
<< unificazione della percezione>> sono intercambiali tra di loro.
Nessuna di quelle espressioni sottintende l'esistenza di una <<realtà assoluta>>,
la necessità della soppressione o limitazione delle emozioni.
Semmai  << equilibrio delle emozioni >> sottintende la possibilità di esistenza delle
emozioni al di fuori del loro automatismo, << esaurimento degli impulsi >> indica
la esistenza di fisiologie viventi nella percezione profonda e prive della compressione
fisiologica tipica degli impulsi, infine << unificazione della percezione>> indica la realtà
dell'esistenza di un percepire fluido ma privo di movimento tra percezione ordinaria e
percezione profonda senza che la molteplicità delle fisiologie percepite venga
unificata in una nuova ineffabile fisiologia.

4 aprile 2017

Ultimamente sono molto interessato dalla mancanza di equilibrio e dalla forte tensione
propria delle manifestazioni della percezione ordinaria.
E' la mancanza di equilibrio e forte tensione che  rende la manifestazioni della percezione ordinaria così persistente da sembrare reale ( materia, spazio, tempo...), immodificabile.
L'equilibrio e l'assenza di tensione esistono ma sembrano un sogno irraggiungibile
dall'interno del non-equilibrio ordinario.
In realtà il non-equilibrio ordinario si riequilibria da solo se non viene continuamente
estremizzato, ma quel che dico è davvero molto difficile da percepire e intuire.
Quella difficoltà di percezione è la misura stessa della tensione, del non-equilibrio.
E poi ci sono molti fatti controintuitivi....il primo tra tutti è che l'azione, l'agire,
può generare tanto ulteriore tensione quanto allentamento della tensione.
Una constatazione altrettanto controintuitiva è che ogni emozione della esistenza
ordinaria è collegata alla percezione profonda, nel peggiore- e molto frequente- dei casi -
per ostacolarla. Questo collegamento può essere trovato e.... è vivo, non è un concetto,
possiede sempre un sapore emotivo,  è un essere senziente a sé stante.

La continuità assume la forma degli alberi, dei fiori, delle montagne,
delle paludi, della campagna,  dei laghi, dell'oceano, del cielo, di geometrie variopinte,
del movimento, del vento.

Le emozioni e i sentimenti sono gli impulsi quando vengono percepiti vivi, perchè
gli impulsi sono davvero vivissimi, non sono un concetto rappresentativo.
E allora sono le emozioni a creare la mente e a creare la percezione della
coscienza puntiforme, individualizzata.
La mente può coesistere anche con una coscienza non individualizzata,
insieme o senza quella individuale, dipende
dal gioco delle emozioni.
Come le emozioni-sentimenti-impulsi appaiano a una coscienza non individualizzata
non può essere detto, può solamente essere vissuto.
Le emozioni quando appaiono a una coscienza non individualizzata, che è propria
della percezione profonda ma dall'interno della percezione ordinaria, si manifestano nelle
forme della realtà ordinaria e con un senso ben diverso del senso della realtà ordinaria che
comunque resta attiva nel presente.
E' il percipiente che dà il senso - profondità - alla realtà, non il linguaggio
che si usa per esprimerla,
nè le forme in cui essa si manifesta. Questo vale anche per le ultime parole scritte.

Vivere nella realtà ordinaria (alcune) percezioni profonde implica la comunicazione
della percezione profonda a tutta la realtà ordinaria.
Se è vero che non esiste una effettiva divisione tra realtà-percezione ordinaria e
la realtà percezione profonda è vero che  un insieme di impulsi-emozioni ordinari che vivono
emozioni della percezione profonda comunicano l'emozione profonda all'interno della
realtà ordinaria con un sapore peculiare: si manifesta una interazione
tra profondità e superficie della percezione -realtà  particolarmente utile agli impulsi che da uno stato di
chiusura completa nell'involucro ordinario stanno per percepire la profondità ma ancora ne
ignorano l'esistenza.
La comunicazione della percezione profonda all'interno della realtà ordinaria da
parte di una quantità di impulsi dotati anche e soprattutto dell'aspetto
dell'individulaità, abbassa la tensione delle emozioni, quella degli impulsi,
acquieta l'individualità, libera i corpi e le menti, contribuisce all'unificazione.
La comunicazione della percezione profonda all'interno della realtà ordinaria non
richiede la produzione di rappresentazioni o linguaggi. Avviene nel silenzio dell'agire
quotidiano.
La comunicazione della percezione profonda all'interno della realtà ordinaria dall'interno
della stessa realtà ordinaria non è una comunicazione
operata specialmente da esseri umani a beneficio di altri esseri umani piuttosto è una
comunicazione
operata da moltissimi organismi per tutte le manifestazioni (organismi, le manifestazioni
sono organismi, gli organismi sono manifestazioni).
La comunicazione della percezione profonda non opera attraverso l'individualità,
piuttosto la avvolge in modo benefico (equilibrio, non-tensione).

9Aprile 2016

Il cervello è il luogo in cui si manifesta la percezione individuale.
Nel cervello, in ogni parte da cui il mio involucro è composto e anche
in ogni punto del cosmo la percezione è presente nella sua forma
non individuale, quella diffusa e priva di limitazioni.
La percezione individuale è una percezione limitata e limitante.
I suoi limiti e il luogo in cui essa viene percepita, sono determinati
dagli impulsi-emozioni.
La percezione individuale è una interazione la cui struttura  operativa è determinata
dagli impulsi-emozioni al di fuori del cervello mentre la percezione stessa della individualità
avviene all'interno del cervello.
Il cervello può, come qualsiasi componente del mio involucro, percepire anche in modo
non individuale, operare in modo non individuale.
Il cervello è  il luogo dell'operare psicologico, la dimora
del fenomeno della psiche, ma il cervello è moltissimo altro.

L'importanza attribuita al cervello e alla psiche nel gestire la percezione è decisamente
eccessiva. Non c'è un solo frammento del mio involucro che non sia altrettanto importante
per la percezione. La psiche inoltre si occupa esclusivamente della percezione
individualizzata che è la percezione più confusa a cui io possa accedere anche se è
la percezione più immediata che mi si presenta nella vita ordinaria.

La percezione non ordinaria non si affronta con la psiche-che è una parte della mente.

10 aprile 2017
Ciò che accade nella percezione profonda appare anche alla percezione ordinaria ma
se quest'ultima cerca di ridurne il senso nella propria visione ordinaria allora ne smarrisce il senso
e la vitalità  si autosuggestiona.
Non è la mente individuale che conduce e illumina i sensi delle
manifestazioni del profondo ma sono le emozioni a farlo quando non sono più
rese automatiche dalla complessa mente-ego-psiche ordinaria.
Le emozioni private del loro abituale automatismo tendono all'immobilità,
all'equilibrio, all'unificazione, entrano in un particolare condizione atemporale, non più
materica nè misurabile pur diventando estremamente precise e intense.
La tendenza a mentalizzare la percezione profonda è parte degli automatismi emozionali.
Essa si manifesta nel giudizio dato circa l'agire artistico, nel ruolo e nell'utilizzo
dato alla facoltà intuitiva nella ricerca matematica e scientifica, nell'alimentare la credenza
che la mente-ego-psiche si possa espandere.
La mente-ego-psiche non si può espandere oltre i propri limiti ordinari.
Una volta che le emozioni profonde entrano nella coscienza individuale bisogna
seguire il ritmo naturale secondo il quale la percezione profonda e
quella ordinaria si uniscono senza cancellarsi reciprocamente.
La loro unione modifica la fisiologia in cui vivo e questa modificazione è tutt'altro che
immediata ed esprimibile concettualmente.

12 aprile 2017 
Nello stato iniziale della percezione ordinaria PO, la percezione attribuisce tutta la percezione
dei fenomeni e la guida del corpo-mente  alla psiche  e ciò avviene molto spesso
anche quando PO invoca  l'intervento del sacro e dello spirito nel cosmo.

Ad un certo momento, per i più vari motivi, la percezione ordinaria comincia
a percepirsi come uno strumento automatico, asfissiante, generante insopportabili
tensioni, violenze, emozioni.
La percezione ordinaria quando riconosce parte dei propri automatismi cessa di accettarli e
cerca di liberarsene.
La liberazione dai propri automatismi, conduce infine la percezione ordinaria nella percezione
profonda lungo un percorso estremamente complesso e pieno di continue sorprese.
Una delle prime e fondamentali sorprese in cui si imbatte la percezione ordinaria avviene
quando la PO scopre che la psiche, mente, EGO, non è la origine degli automatismi da cui è
afflitta e quindi PO è finalmente capace di arrestare la mente-psiche, farla riposare.
Inoltre la PO scopre che essa stessa non è la psiche e ha una libertà di movimento
estremamente ampia.
A questo punto, la PO quando comincia a staccare gli automatismi percettivi dalla
vita della psiche-mente-Ego e quando comincia a riconoscere alcuni dei suoi agili modi
di manifestarsi, comincia, molto lentamente ma significativamente, ad allontanarsi
dalla percezione ordinaria stessa.
La PO comincia a migliorare decisamente la qualità della propria esistenza
quando avverte con estrema vivacità la capacità di staccarsi  dall'asfissiante condizionamento
a cui è sottoposta dalle emozioni e dalle fisiologie che generano gli automatismi:
ora può finalmente non temere di vivere con le stesse emozioni e fisiologie che generano i
condizionamenti automatici.

Il passaggio dalla percezione ordinaria alla percezione profonda implica
l'attivazione di un continuo e vivacissimo passaggio tra molteplici fisiologie la maggior
 parte delle quali sono ignote alla percezione ordinaria.
 Il superamento dell'automatismo non è una operazione psicologica e mentale,
 esso è possibile solo scoprendo nuove possibilità e realtà fisiologiche non condizionate
 dall'operare della mente-psiche.
 Quest'ultima resta presente ma non interferisce, non psichizza le nuove fisiologie che
 si manifestano.
 

 La trasformazione della percezione ordinaria è quasi tutta controintuitiva per via della estrema tensione in cui è immersa la percezione ordinaria stessa: per via della tensione prima avviene la morte-riduzione della percezione profonda in percezione ordinaria poi, se la tensione decresce, la vita, la percezione profonda riappare.

 Gli automatismi si estendono fin dove si estenda un organismo.
 Mi rendo conto che il mio indicare <<organismo>> è una rappresentazione mentale
 di qualcosa che esiste sotto-forma di indefinibile  e sterminata quantità di connessioni.
 Ma il fatto che io usi la mente mi indica, oltre il semplice fatto che io-percepisco-qualcosa,
 anche l'esistenza psichica-mentale di connessioni raggruppate in organismi.
 Quel raggruppamento non blocca l'estensione delle connessioni ma oscura la percezione
 delle connessioni che vanno oltre il raggruppamento.
 <<Il raggruppamento>> è un'insieme di azioni percettive in continua trasformazione.
 <<Il raggruppamento>> oltre ad essere automatizzato dalla propria interna struttura
 è automatizzato dalla estensione delle connessioni, estensione pressochè indefinibile.
 A questo punto mi trovo nella necessità di dover affrontare la indefinibilità della
 estensione delle connessioni: io so che la loro indefinibilità è una mia rappresentazione
 mentale della loro esistenza che  però non me ne ostacola la vivida percezione.
 Quando percepisco ciò che non è possibile rappresentare mentalmente so che sono
 uscito dall'automatismo della esistenza ordinaria.
 La percezione dell'automatismo dell'esistenza ordinaria è un fenomeno e una
 realtà mentale-psicologica ordinaria che avviene ancora all'interno del <<raggruppamento>>
 di connessioni.
 A un certo punto della esistenza percettiva è evidente che devo scegliere se
 dirigermi verso la conoscenza o la percezione - con queste parole intendo dire  
a:
 la conoscenza è ciò che credo di sapere tramite la percezione ordinaria-interna-mentale

 b: la percezione è ciò che divento nella percezione non ordinaria ovvero
 mi trasformo in una estensione di connessioni non raggruppate e prive di individualità.

 Come essere mentale mi sembra una fantasia impossibile una esistenza priva di
 individualità-identità, non caratterizzata da raggruppamenti di connessioni, mi vedo - con
 smarrimento-  smembrato in una quantità di pezzi corporei incapaci di qualsiasi relazione
 vitale.
 Al contrario quando si manifestano le fisiologie in cui sono assenti raggruppamenti di
 connessioni capaci di delimitare un interno ed un esterno guardo ( chi guarda?) al
 mio-essere-mentale con ansia e affetto, cerco di farlo uscire dal proprio automatismo.
 Qualcosa di mentale e qualcosa di non mentale convivono in un continuum la cui definizione
 appaga la psiche ma appare priva di pace, di equilibrio ed amore alla percezione
 non ordinaria. La percezione non ordinaria non vive di bisogni, impulsi, identità, tensioni.
 Al momento in cui scrivo non mi sento obbligato a compiere alcuna scelta tra l'esistenza
 mentale carica di desideri, emozioni, impulsi e la percezione profonda..
 La spinta alla scelta un tempo era molto forte ma ho sempre avvertito  con chiarezza che
 quella spinta era un automatismo psicologico, la mia identità psicologica mal sopportava  -quando    e se riconosceva-la intensa presenza non mentale e non identitaria che spesso si manifestava a me.
 Sono stato fortunato, poichè quella scelta, se effettuata,
 conduce a autolesionistiche e allucinatorie
 forme di autosuggestione e di comportamenti sado-masochistici contro le proprie
 ed altrui emozioni-sentimenti-desideri.
 ....e sono stato anche fortunato a non voler trovare a tutti i costi una rappresentazione
 psicologica-mentale in qualche modo soddisfacente di ciò che mentale proprio non è.
 So che quella rappresentazione sarebbe stata del tutto falsificante rispetto a ciò
 che la percezione non mentale è.
 Il solo modo per entrare in contatto con la percezione non mentale è essere assorbito
 dalla-e fisiologie in cui appare la percezione non mentale.
 Anche il termine <<fisiologia-e>> è una rappresentazione, me ne rendo conto, ma lo uso
 per indicare il fatto MOLTO IMPORTANTE, che fin quando si è vivi come esseri umani
 la percezione non mentale avrà ancora un sorprendente e assurdo , rispetto alla percezione
 ordinaria, apparire fisiologico-del tutto
 diverso dal concetto di una realtà assoluta o da fenomeni estatici o da uno strato
 comune di archetipi inconsci.
 Le << realtà assolute>> le <<divinità>> le <<estasi>> gli <<inconsci collettivi>> gli
 <<archetipi>> sono ancora manifestazioni dell'agire percettivo ordinario,
 identitario, psicologico e mentale. Certo nel loro ambito possono eventualmente essere
 utili. Non sono certo io a decidere cosa la mia volontà sia.
 Sono le manifestazioni a determinare l'apparizione e le continue trasformazioni
 della mia realtà mentale. E le manifestazioni sono al tempo stesso non mentali e mentali.
 La loro relazione certo mi trascende e d'altra parte la vicinanza alla loro interazione
 mi ha notevolmente disinteressato verso i destini della mia psiche.
 La vivacità e della percezione, non ha regole nè leggi.
 Che la vivacità  della percezione conducano il gioco.
 La psiche ed io osserviamo con gioia e stupore.

 18 aprile
 La mia mente non trova niente in cui immedesimarsi nella percezione profonda.
 Quando la percezione profonda è attiva io, come mente e con la mente-psiche, la osservo
 oltre a essere percezione profonda io stesso senza
 io-ego. Ma la percezione profonda non trasmette
 alcun senso di immedesimazione o individualità al mio ego. La sua benefica presenza, per
 quanto sia intensa, rimane all'esterno della mia psiche.
 L'estasi già è stata consumata al primo apparire della percezione profonda.
 In quel momento l'intensità della presenza della percezione profonda generava
 forme di estasi nella mia psiche.
 Ora la mia fisiologia è stata in qualche modo modificata dalla percezione profonda,
 la sua intensità giunge e la psiche non è più capace di mentalizzarla nella forma di
 azione estatica.
 Al contrario, è la mente che lentamente comincia ad accogliere nelle sue funzioni
 manifestazioni della percezione profonda in cui non può immedesimarsi, non può
 trasformale in alcun modo.
 E così cominciano ad apparire numerosi fenomeni che la psiche-mente-ego
 può avvertire ed eventualmente vedere o udire, toccare, ma in cui non
 riconosce alcun un soggetto agente. Vi riconosce delle azioni ma non sa chi le compie,
 ne le può trattenere per sè.

 La percezione è le emozioni.
 Non esiste l'insieme delle emozioni.

 Il loro modo di mantenersi in azione è crearmi.
 Ma per farlo sono obbligate a rendermi cosciente.
 E in effetti non hanno alcun reale potere sulla coscienza
 se non quello di stordirla con la loro incessante azione.
 Ma è la loro incessante azione a consumarsi da sola.
 Una volta consumate, anche loro diventano coscienza.
 Tutto ciò avviene progressivamente.
 Prima o poi la coscienza se ne accorge, ovvero diventa attivamente cosciente.
 Il suo agire sta nel rimuovere la loro azione, in qualche modo.
 In un primo tempo la sua azione sembra l'immobilità e l'intensità,
 poi si manifesta la coscienza del profondo.
-In altre parole ho appena cercato di rappresentare come la percezione per quanto possa essere tanto profonda e vivace quanto ordinria e  opaca sia  sempre e solo la stessa percezione-.

 Quando le manifestazioni interiori e quelle esteriori si mischiano la continuità
 è sicuramente attiva.
Il fatto che l'esperienza della continuità s'interrompe, si reallenta o
ridiventa del tutto assente significa che delle tensioni-emozioni sono di nuovo in
azione - questa considerazione è applicabile a qualsiasi manifestazione di percezione.


Le manifestazioni aumentano d'intensità lontano dalla vista, dall'udito e dal tatto,
cominciano a manifestarsi quando l'interiorità e l'esteriorità si uniscono- ma non si tratta
solo dell'interiorità ed esteriorità dell'ego individuale.

Le infinite componenti della realtà ordinaria filtrano la percezione profonda fino a
renderla puntiforme, minimale,la rinchiudono e limitano all'interno del cervello.
Le numerose componenti della Realtà ordinaria appaiono una per una nella
percezione profonda, sembrano voci, grappoli di emozioni, scene di vita complete, tutte
dotate di autonomia e individualità. Ognuna di esse 
produce la realtà ordinaria, il singolo punto di coscienza-percezione, la sua fisiologia
individuale.

A un certo momento la molteplicità delle manifestazioni si unisce pur rimanendo
molteplice. E'...qualcosa che può solamente essere vissuto, dirlo non ha molto senso
dall'interno della percezione ordinaria. In qualche modo la percezione ordinaria è
l'esterno prima che l'esterno stesso si manifesti come continuità.
Nella continuità, la molteplicità, i mutamenti, non generano diversità ma hanno
una presenza costantemente unificante. La continuità è l'interno.
 E' la presenza dell'ego che rende la percezione della vita -come della morte -penosa.

 Non è un fatto scontato che la percezione debba essere obbligatoriamente
 puntiforme, concentrata per lo più nel cervello e mediata dalla esistenza
 dell'ego.
 La percezione non ha bisogno per esistere di alcuna mediazione fisiologica o
 formale. Tali mediazioni e fisiologie esistono numerose e operano limitando la percezione,
penosamente.( E' un fatto naturale, come) è un fatto altrettanto naturale
 che sia altrimenti.

Mentre la diversità che si incontra nella percezione ordinaria è un agire che produce
separazione, nella percezione ordinaria la diversità produce unificazione.
(Nella percezione profonda la molteplicità delle manifestazioni è unificante poichè le
manifestazioni sono prive di identità).
La diversità nella percezione ordinaria trasforma ogni percezione in un oggetto, in
una entità separata dal percipiente poichè il percipiente è una individulaità che
non può percepire alcuna unificazione . (La trasformazione in oggetto
ha luogo nella psiche, nel cervello, ancor prima che nella vera e propria produzione di
oggetti).
Se dall'interno della percezione ordinaria la propria individualità comincia a percepirsi
unificata con altri esseri o cose senza identificarsi con essi allora la percezione ordinaria
si sta interiorizzando, sta scivolando nella percezione profonda.
Nel passaggio tra percezione ordinaria e profonda capita spesso che entrambe le percezioni
siano compresenti in modo attivo.
Allora si scopre che alcune percezione ordinarie tentano di entrare nella percezione profonda
addirittura senza trasformarsi ma vengono respinte dalla propria stessa natura.
In questo stato ibrido, le percezioni ordinarie si rendono ben conto della presenza della
percezione profonda, ma ancora non la comprendono nè la amano: per avvicinarla
credono che il solito agire ordinario basato sul proprio volere e potere sia corretto e
invece scoprono e finalmente imparano per esperienza diretta che tramite il volere, il
potere e l'immedesimazione non si accede alla continuità verso-la-percezione-profonda.

L'ego, il proprio io, la propria individualità, sono solo alcune delle percezioni ordinarie
presenti fra quelle (numerosissime) esistenti.
Un essere umano è una entità composta da molte entità ciascuna dotata sia
di una notevole autonomia sia della capacità di dialogo con le altre entità.
Per la correttezza dovrei dire che un essere umano è la relazione che scaturisce
dalla interazione tra molte  entità.
In natura non esiste alcuna entità autonoma, esistono solo relazioni tra relazioni,
per questo motivo ho detto in passato che la materia della percezione ordinaria e la
materia dei sogni è identica.
Se non mi sento individualizzato, e invece mi vivo come compresenza di molteplici
entità, non faccio che avvertire la nostra-mia realtà. IO sono un coro, ma le voci del
coro sono comunque libere e indipendenti tanto di cantare per il coro-io che
per se stesse.
Via via che l'Ego tenta di dissolversi nella continuità le molteplici entità possono
comunque voler agire con l'ego e  ricrearlo in ogni istante.
La dissoluzione dell'Ego è definitiva quando anche tutte le molteplici entità che lo
generano-rigenerano si dissolvono.
Dissolversi significa essere in equilibrio, cedere la propria tensione.
Essere in equilibrio significa esistere-diverso-da ma unificato-unificante.

28 maggio

E'  un errore, a volte inevitabile, ritenere che l'andare o il rimanere dipenda da me.
(Guardo in me il movimento  ma qui in me si  manifesta e prevale l'immobilità
dell'esserci-non quello filosofico...che fatica avvertire il peso della storia delle e sulle
parole).
La manifestazione della presenza (l'immobilità,l'esserci) non sono io.

Nell'interno, entrata, sicuro, arrivo senzauninizio,
 poi è vero, l'interno esiste, immagini, suoni,
 di nulla se non presenze premute lievi, nell’aria il soffio,
 il soffio risuona, suona, suono continuo legatounito.
 Appare tra le braccia, stretto nelle cosce,
 prezioso gesto di ginocchia,
 alberi, foglie lunari, cieli incastonati di linfa,
 piantagioni di carni amorevoli, il sonno legato al petto,
 petto-tamburo dai molti occhi. Semplicemente oggi-ora.
 Lo chiamo perchè non sia vicino, unito ma non vicino.
 Le ossa dissolvono nella fioritura esplosa,
 la corrente affonda nel petto, lega la voce in un
 fascio-cespugli-sterpi, semiarido di gioia, luna incerta richiamo
 attendo ventoinsegue rapideonde. Il cuoreunicounito.
 Nel pettodentro, quello non mio. Inseguo insegue.

 Nell'esterno si entra, ma si entra anche nell'interno.
 L'interiorità è... un luogo in cui si entra,
 non è un concetto, un quantitàdiqualità, un attrezzo etico.
 Nei luoghi dell'interiorità cio che si manifesta
 è fatto della materia in cui vive il sogno MA NON E' UN SOGNO!

 Le esperienze di unione che avverto nello stato ordinario
 avvengono in modo del tutto inaspettato, si svolgono in istanti e lunghi
periodi in cui elementi più diversi della realtà ordinaria combaciano
 fra di loro assumendo insoliti profondi significati. Durante questi periodi-istanti
 la mente ordinaria è introversa. La sensazione è
 quella di disorientamento, entusiasmo, piacere. E tutto ciò muta rapidamente...
per lo più gli elementi che combaciano sono talmente diversi tra loro
che la loro unione non coinvolge minimamente il pensiero.
Il pensiero è il metodo di unificazione dell'Ego ordinario.
La realtà e la percezione  in cui vivo abitualmente sono ordinari
poichè l'Ego li osserva.
La stessa realtà percepita senza la partecipazione dell'Ego
diventa improvvisamente insolitamente profonda, diversa ma unificante al tempo stesso,
gli elementi che la compongono sono a tal punto intimamente connessi
da non poter essere detti realmente diversi tra di loro.
Dire <<senza la partecipazione dell'Ego>>  significa che percepisco
senza avvertire la percezione come qualcosa di originato dal mio Ego, non mi vedo più
percepire dall'interno della mia testa. E' completamente assente l'IO. E la intensità
e profondità della percezione ne traggono un gran beneficio.

Essere sorpreso dall'interiorità qua fuori mi cancella.

Continuità negli impulsi, impulsi di pressioni, impulsi di immagini.
Gli impulsi appaiono verso l'interno e verso l'esterno.
A un certo punto le immagini appaiono senza che siano (le immagini stesse)
visibili. Percezione di appagamento e decentramento.

Appena comincio a fare yoga, ad assumere vari asana e a chiudere gli occhi,
compaiono le manifestazioni.
Mentre mi afferro e comprimo e sposto, compaiono gli alberi,
le foreste, i fiori, le lagune, i fiordi grondanti abeti
e immersi in acque di una trasparenza impossibile,
altopiani gelati, spiagge incantate,
fiori, moltissimi fiori, turbini multicolori che sprigionano intensissime
radiazioni. Appaiono arbusti rampicanti ricoperti di fioriture
palpitanti, moltissime strade sperdute in campagne luminosissime e
rigogliose, deserti sognanti percorsi da venti fortissimi,
tragitti in veloce movimento, alberi e montagne che si muovono
rapidamente, emergendo dal nulla ma emergendo, fiorendo e trasformandosi
in imponenti acquitrini immobili, liquidamente intrisi di clorofilla nutriente,
Chi sia io e dove io sia in queste manifestazioni non è di nessun interesse per me.
Le manifestazioni mi guidano tra un asana e un altro. A volte le manifestazioni
prediligono il movimento altre volte l'immobilità.
Una volta terminata la sessione di asana le manifestazioni continuano a comparire
per un paio d'ore -a occhi aperti- e le loro apparizioni mi risultano
sempre sensate e pertinenti al presente.
Queste manifestazioni compaiono sempre quando la mia pressione interna diventa
meno tesa del solito indipendentemente dal fatto che io stia facendo o non facendo yoga
(noi tutti siamo sistemi costituiti e tenuti in vita da tensioni,
le modificazione di quelle tensioni generano i momenti della nostra esistenza.
In altre parole siamo grappoli di tensioni. Le tensioni sono appunto TESE, non inclini
ad alcun equilibrio che non sia un nuovo stato-relazione tensionale.
Siamo naturalmente soggetti, spesso in sogno, anche a vivere momenti di allentamento della
tensione delle tensioni. In questi momenti di allentamento naturale delle tensioni possono
spontaneamente emergere percezioni della continuità fra realtà ordinaria e profonda).

13 giugno
Le manifestazioni, visioni, della natura che mi avvolgono non hanno a che fare con l'estasi nè attraggono azioni di identificazione.
 Sono certamente benefiche ovvero effettive percezioni del profondo,
e quindi le lascio scorrere indisturbate da ciò che in me vorrebbe impossessarsene.
Le mostro nei miei disegni a grafite o colore e nei video perchè so che esse sono capaci di
agire a distanza addirittura se oggettificate. Vale il principio della continuità.
Ovviamente, almeno per me, la presenza di quelle manifestazioni stimola un certo
dialogo, spesso critico, con una parte degli insegnamenti yogici tradizionali e le loro
iconografie.

IO Non sono la causa di niente, tanto meno di me stesso,
forse sono la comparsa in qualche sofferenza, io-sofferente.
Per il resto avverto l'attenzione intensa di quel punto di percezione sospeso nel
cervello, un certo stupore per uno spettacolo senza fine al quale addirittura io
non aderisco più.

È IMPORTANTE rendermi conto di quanto la percezione di unità, unificazione, sia
del tutto slegata dalla forma stessa con la quale appare la percezione.
In altre parole il senso di unità può comparire tanto nella classica rappresentazione
del vuoto quanto nel movimento più caotico e frenetico immaginabile.
Non esistono vincoli alla percezione dell'unità e ai luoghi in cui essa si manifesta.
Non esiste, nella percezione profonda, una unità migliore o più completa di un'altra unità.
Non ho bisogno di immaginare un vuoto in cui niente sia ancora sorto e in cui l'unità
sia assoluta e contrapporlo-non-contrapporlo a una successiva fase di comparsa del cosmo.
È L'UNITÀ LA MIA GUIDA, NON LE FASI DELLA GENESI.
L'unità può essere ovunque ed è ovunque, considerazione che rende inutile
affaticarmi alla ricerca dell'inizio del cosmo perduto…..
Il cosmo è già nell'unità, non può avere un inizio.
Ma a questo punto cosa mi resta dell’unità?
Che senso ha stabilire un unico principio o un duplice principio se entrambi sono contenuti
nell'unificazione? Perchè continuare a correre dietro le forme quando esse sono
presenti e unificate al tempo stesso?
Se io spesso non percepisco  l'unificazione ciò non vuol dire che essa non mi contenga.
È la percezione che determina la manifestazione del senso,
non il MIO bisogno di determinare  il senso come vorrei io-bisogno che anche se non me ne rendo
conto, è contenuto nell'unificazione, senza mai esserne parte.
SO CHE È IMPOSSIBILE ACCETTARE D'ESSERE IO STESSO UNIFICAZIONE SENZA
AVERNE LA PERCEZIONE PROFONDA, MA, QUANDO LA PERCEZIONE PROFONDA È
PRESENTE, MI È EVIDENTE CHE LE COSE STANNO PROPRIO COSÌ.
L'origine la cerca chi vuol creare una religione e chi vuol creare una scienza.
A me resta la costante sorpresa di osservare quanto la percezione ordinaria sembri
polarizzata rispetto a quella profonda.
Per me avere la percezione di qualcosa significa avvertire con chiarezza come  la
percezione, sia quella  ordinaria sia quella profonda-
crei la materia stessa di ciò che percepisce.
Percezione, creazione, fisiologia, dissolvenza sono aspetti e qualità del vivente.
Se quel che si percepisce non ha la qualità del vivente, dell'essere, allora la percezione
è ancora molto debole e confusa.

18 giugno

Che la percezione profonda non crei alcuna individualità è estremamente auto-evidente,
ma che la percezione ordinaria  generi l’individualità è molto meno evidente. La percezione ordinaria precede la mia manifestazione. Io sono
espressione della percezione ordinaria.

Prima o poi la tensione, le tensioni, si allentano. Dovrebbe succedere, apparirne il motivo.
Lo stesso lavorio della percezione profonda potrebbe provocarlo.

Laggiù, nella percezione profonda, è presente solo chi ci arriva.
pochissimi animali e insetti direi..ma qualcuno c'è, debitamente trasformato.

Gli automatismi riveleranno la loro origine nella continuità.
Quando la continuità verrà percepita dall’interno degli stessi automatismi allora la loro origine
mi apparirà chiara.

La percezione ordinaria è senz'altro reale,
purtroppo è la realtà che essa percepisce a non essere reale.
Come ciò avvenga ancora non lo so e dico  questo in modo non banale.
Il caldo non è realmente caldo, il freddo non è realmente freddo, la morte non è reale,
la vita ordinaria è un sogno, io stesso non esisto nella realtà.
La realtà, per quanto ne possa sapere ora,  sta nella continuità fra la percezione profonda
e quella ordinaria. Questa continuità, se vissuta, trasforma la percezione ordinaria in modo
che essa possa vivere il reale, ma questa trasformazione fa sì che la fisiologia
rappresentata dalla percezione ordinaria muti completamente.
La percezione ordinaria non è più << ordinaria >> quando percepisce la continuità oltre che
la propria dimensione ordinaria. La esperienza della continuità è caratterizzata
dalla presenza-unione di percezioni  di dimensioni in apparenza molto diverse tra di loro.
Più è intensa l'esperienza della continuità più la fusione tra le fisiologie profonde ed ordinarie
ha luogo in un continuum che va vissuto in prima persona.
So solo che quel continuum non ha niente a che fare con l'esperienza dell'assoluto.

Tutti gli automatismi esistono prima del mio volere.
Non ne ho deciso io la comparsa,
il funzionamento, la durata.
io eseguo la loro esistenza, io stesso
sono il loro prodotto, sono loro.
Di fronte all'enorme estensione degli automatismi dubito dell'esistenza  di una mia
volontà.
Noto che gli automatismi, tramite il loro carico di tensioni
generano me, io stesso sono una ulteriore tensione che può sfociare
in altri esseri  diversi da quelli in cui risiedono i miei automatismi più vicini.
Ma questo  <<sfociare>> mi appare sempre di più come una compresenza con gli, tra gli
e degli automatismi, una compresenza che vive in un altro tempo dal mio io e che io non
vedo- la compresenza degli automatismi. Anzi io soffro per il fatto di non essere nella compresenza e mi illudo che sia la
mia volontà a cercare di raggiungerla.
Non mi oppongo agli automatismi, ma certo il loro carico di sofferenza e piaceri
non è nè apprezzabile nè credibile. Attendo che la manifestazione della compresenza
scaturisca dagli automatismi e non dalla mia pseudo-volontà.
In altre parole mi chiedo cosa sia un qualcosa di non automatico ma profondamente
ricco di percezione generato dagli automatismi stessi.
La risposta la vedo quotidianamente.
la vivo,
basta che non creda che la volontà sia mia,
che  riesca a percepire  la volontà essere un cammino di molti
e allora gli automatismi decidono sia tramite quella volontà
sia tramite la mia individualità per infine scivolare
in una natura completamente unificata.
Gli automatismi non decidono, come ho desiderato,
indipendentemente dal mio volere, poichè loro sono me
e io sono loro, io sono uno di loro e loro stessi sono
individualità.

La non contraddizione tra molteplicità e unificazione la trovo in quella particolare
natura che non viene minimamente scossa da ciò che io, come automatismo e  individualità,
produco nella mia percezione ordinaria, anche nel caso in cui la mia
percezione ordinaria produca la distruzione stessa della natura ordinaria.
(Quella particolare natura è la percezione profonda)
Io parlo di percezioni non di pensieri o intuizioni.
Quel che dico lo vedo accadere, ne faccio parte.

Il senso non è mai completo, compiuto, vivente, autorigenerante, nella percezione
ordinaria. È necessaria la compresenza della percezione ordinaria e di quella
profonda perchè il senso si manifesti, assumendo la propria autonoma
particolarissima fisiologia fatta di manifestazioni, visioni e molto altro.
Non posso volere sempre raggiungere la percezione profonda.
Spesso la percezione ordinaria vuole scorrere da sola.
Io la osservo e quando giunge il momento, raggiungo la percezione profonda.
È tutto un insieme di processi, entità, che spinge il flusso che mi appare come me-stesso
ad accedere o non accedere alla percezione profonda.
Si tratta di una quantità di processi distribuiti nella  continuità esistente tra la percezione
profonda e quella ordinaria.
Nella realtà della vita non esistono quantità, nè processi nè distribuzioni ma fisiologie
che mutano reciprocamente i propri stati.
Lo stato più mutevole che percepisco è quello ordinario, quello meno mutevole è quello
della percezione profonda, in cui le manifestazioni, le fisiologie, non generano nessuna
diversità reciproca. Esiste una diffusa intima e immutabile vicinanza.
Gli asana praticati lentamente aiutano il mantenimento della percezione profonda
e ne facilitano la manifestazione in più modi.
Il principale modo facilitante è lo sviluppo di una maggior corrispondenza tra concentrazione
e livelli di pressione corporea interna. Oltre una certa corrispondenza-comunicazione
tra concentrazione e pressione e viceversa la percezione profonda si mostra naturalmente
nella pratica degli asana come in molte altre occasioni.

Non c'è nessun sole che sorge ciclicamente, nessuna nascita, per esempio la mia,
che davvero avviene, nessun albero è mai morto, nessuna estate segue la primavera,
nessun mutamento crea qualcosa di realmente diverso.
Non esiste nessuna coscienza che sia realmente cosciente di qualcosa sia in particolare
che in generale.
Una progressiva concentrazione e quel che è manifesto nella percezione ordinaria
si unificano nel senso. La fisiologia del senso scaturisce dalla concentrazione
delle molteplici manifestazioni, le molteplici manifestazioni rimangono presenti ma
agiscono come un unico sensibilissimo amorevole organismo.
È la progressiva concentrazione che rivela il senso dei profondi automatismi che animano
la percezione ordinaria, è tramite la concentrazione che gli automatismi cessano di
essere ineluttabili e ciclici.
A un certo punto il senso diventa autonomo, la concentrazione stabile, la percezione
ordinaria e quella profonda avvengono insieme.

13 LUGLIO

Io, il cibo, l'aria che respiro, la luce che mi acceca, la mia morte, la luna,
gli alberi, i fiori, e molto altro ci uniamo, pur, ciascuno, non perdendo le proprie
sembianze. A questo livello di concentrazione non esiste alcun interesse
a evocare l'immagine sia di un unico-organismo, sia di una unità.
È la semplice presenza del molteplice che unifica. Le apparenze delle manifestazioni
della percezione ordinaria rimangono  ma la loro presenza sprigiona una fisiologia
meravigliosa, impalpabile, estremamente attiva, priva tanto di automatismi
quanto di polarità percettive.
Lo stesso processo (lo si può vedere, palpare) avviene anche per le molteplici esistenze
che non vengono avvertite nella percezione ordinaria umana.

Funziona tutto all'incontrario:
il molteplice sembra esprimere diversità, in realtà il molteplice unisce.

Ecco alcuni avvenimenti:
Le braccia sono più leggere dell'aria.
La terra è il mio cervello.
Una folta, luminosa vegetazione affolla il mio corpo.
Quel che sono ...nella laguna, negli alberi,
la laguna del cielo (fatta di cieli).
Una cane messaggero mi ha guarito il dolore al collo
in un attimo - connessioni molteplici.

Pa percezione è una proiezione?
Sembra proiezione perchè è propagazione, la propagazione è anche percezione.
La propagazione unificata aumenta enormemente la concentrazione.

CON SEMPLICITÀ - ESISTE ANCHE UN'ALTRA NATURA, LONTANA DA QUELLA ORDINARIA
MA ACCESSIBILE DAlla realtà ORDINARIA- IN CUI TUTTI GLI ESSERI ESISTONO
IN PIENA COSCIENZA RECIPROCA, COMPLETA AMOREVOLEZZA si usa dire.
DOMINA LA SENSAZIONE DI UNITÀ, L'AGIRE DEGLI ESSERI INFINITI CHE APPAIONO
SEMBRA UNICO E UNIVOCO. IN REALTÀ OGNUNO È IN COMPLETA SIMBIOSI CON
TUTTI, L'ESISTENZA DI UNO NON COMPORTA LA MORTE DI NESSUN ALTRO.
AVVERTO IL SENSO DELL'INSIEME,
I SUI MOVIMENTI D'INSIEME,
CIÒ CHE I SUOI MOVIMENTI SIGNIFICANO.
I MOVIMENTI SONO NUMEROSI E SPETTACOLARI,
LE EMANAZIONI DI UNITÀ SONO INTENSISSIME.
(SONO EMANAZIONI, <<NON UN ESSERE>>).

È GIÀ QUI LA CONTINUITÀ. COSÌ VEDO  CHE I POLMONI FANNO ANCHE ALTRO
CHE RESPIRARE, E COSÌ IL CUORE FA ALTRO CHE PULSARE, NELLE VENE AVVIENE
ALTRO CHE CIRCOLAZIONE SANGUIGNA, PER ESISTERE NON SERVE MANGIARE
NÈ ESSERE LA MIA PROPRIA INDIVIDUALITÀ.
IN QUESTO (MIO) CORPO CI SONO MOLTE ALTRE FISIOLOGIE IN ATTESA DI ATTIVARSI,
IN PARTE GIÀ ATTIVE..
NELLA PERCEZIONE ORDINARIA LA TENSIONE PREVALE NEL VISSUTO IMMEDIATO.
MA PASSERÀ. LA TENSIONE È LA CAUSA DELL'ASPETTO AUTOMATICO
DELLA MIA ED ALTRUI NATURA.
LE MANIFESTAZIONI APPAIONO E SCOMPAIONO, MA FIN QUANDO SON PRESENTI
DETERMINANO LA PERCEZIONE DI CIÒ CHE È REALE E DI CIÒ CHE NON LO È.

Propriamente parlando il corpo è la parte dell'involucro che viene visualizzata
nella percezione ordinaria. Il vedere non è una caratteristica propria
dell'apparato visivo ordinario, è una possibile attivazione delle manifestazioni.
Quando la percezione oltre ad essere ordinaria è anche continua o prossima
alla continuità l'involucro comincia ad apparire in altri modi, comincia ad unire
involontariamente il proprio apparire a quello di molte altre entità.
Questa unione non cancella l'esistenza dell'involucro e ciò è possibile
poiche nella continuità si è lontani dalla tensione che genera la percezione ordinaria e
prossimi all'equilibrio.


Una certa indifferenza verso l'inevitabile mi pare lecita.
Felicità e disperazione sono inutili verso l'inevitabile anche se, tuttavia,
inevitabili da vivere a volte.....

La concentrazione profonda non è la mia risposta alla realtà
della gioia-dolore, semplicemente la concentrazione
profonda è oltre la felicità-dolore,  la concentrazione
profonda non ha nemmeno
il senso di un sentimento e di conseguenza a volte mi può apparire
priva di amore mentre è vero  l' incontrario.
Come dire.... il vero amore non appaga poichè non è qualcosa
di individuale.

La vita e la morte ordinari sono aspetti transitori dell'attività
delle tensioni. Durante lo svolgimento delle tensioni la
coscienza va e viene, aumenta e diminuisce in modo inevitabile
fin quando in modo altrettanto inevitabile la coscienza ha il
sopravvento sull'inevitabile.
In pratica le tensioni diventano coscienti del proprio operare,
ovvero diventano meno tese, entrano in equilibrio - un equilibrio del tutto
estraneo alla percezione e immaginazione umana.
Il solo consiglio che mi posso dare è evitare di accrescere le tensioni,
ovvero io stesso, che sono un agglomerato di tensioni, voglio cessare il livello
generativo del mio essere tensionale.
Un agglomerato tensionale che non produce tensioni continua ad esistere
in equilibrio.
La necessità della sua estinzione è una eccessiva e tensionale fantasia umana:
il riassorbimento conduce a varie fasi di equilibrio non alla soppressione
della molteplicità. Come ho già detto molteplicità e dualità radicale non sono
ineluttabilmente collegate se non nell'agire tensionale.

A un certo punto sparisce la percezione di ogni estensione ma non quella
dell'organismo, dell'organico - quello che più spesso chiamo <<fisiologico>>.

Le tensioni assemblano le proprie manifestazioni in modalità che mi appaiono
grottesche.
La fame non è fame,
il riposo non è dovuto alla stanchezza,
la stanchezza indica il limite di una tensione non la necessità del riposo.
Il riposo indica la successione di tensioni diverse generate in luoghi diversi
dell'involucro-corpo.
Ho fame perchè avverto la mia separazione-individualità come
radicale, completa, assolutamente vera.
Per via della separazione non posso nè dare nè ricevere,
posso solo prendere per possedere.
Per via della separazione percepisco il mio possesso-potere di altri
esseri come origine della mia vita ed energia.
Ma non è il possesso che dà la vita, la vita è data dalla simbiosi
esistente tra la moltitudine di quegli esseri che sono capaci di
equilibrio.
L'attività onirica, il bisogno di immagini e di suoni, sono attività che si generano non nel
cervello ma in aree dell'involucro che è una struttura ipertesa.
Una caratteristica frequente delle strutture ipertese è quella di determinare
alcune manifestazioni della percezione ordinaria rimanendo loro stesse
completamente impercepibili o, caso anch'esso molto frequente,
l'agire delle strutture ipertese fa percepire come esseri distanti e del tutto diversi
dal proprio corpo aree che appartengono al proprio corpo.
L'involucro è l'insieme dei miei corpi e non solo non ne avverto l'esistenza nè POSSO
avvertirne l'esistenza, ma molte parti di esso le scambio per esseri molto distanti e
diversi da me.
Se potessi avere la percezione completa dell'involucro non riconoscerei più nei miei corpi
l'agire di funzioni automatiche quali la respirazione, la circolazione sanguigna,
la percezione del caldo, del freddo, della fame, non avrei più necessità di cibo,
di riposare e molto altro.
La percezione completa del mio involucro comincia ad apparirmi nella continuità
della percezione profonda e quando appare noto che il mio involucro non è mio,
ciò che sembrava mio diventa di tutti pur io stesso continuando ad esistere e ad avere
un corpo.

7AGOSTO
Mi ha sempre stupito nella cultura religiosa l'assenza di fisiologie del divino.
In altre parole nelle culture religiose non viene riconosciuto una corporeità
all' ASSOLUTO il chè, credo, deriva da una grave carenza e ignoranza percettiva
degli addetti ai lavori religiosi.


Io (per ora) sono convinto che  il corpo lo possieda qualsiasi essere appaia; molto
frequentemente è un corpo condiviso con molti altri esseri ma comunque il corpo esiste,
è manifesto. È  anche vero che le manifestazioni del corpo,della molteplicità, dell'unità,
di un insieme, di aree di manifestazioni , di canali, coesistono in modo non differenziante
nella percezione profonda.
Direi anche che se arrivo a percepire con una certa chiarezza
cosa fa parte del corpo posso far muovere il corpo con i benefici di un asana anche usando
la immaginazione visuale o sonora o tattile o altri tipi di immaginazione.
Qui parlo di corporeità normalmente non considerate umane nella percezione
ordinaria, ovvero fiori, alberi, paesaggi, vento, ecc. la scelta della corporeità
dipende dalla mia percezione momentanea, non sono io che scelgo ma la corporeità
presente (posso dire anche le corporeità presenti).


Una caratteristica molto notevole dello stato d'incoscienza peculiare della percezione ordinaria
è l'impossibilità di viversi in simbiosi completa con ciò che si percepisce.
Questa impossibilità è apparentemente strutturale, esistono esperienze
innegabili: la necessità del cibo e di uccidere e per ottenerlo,
 la nascita e la morte,
 le infinite sofferenze grandi e piccine di cui è piena l'esistenza.
Eppure nonostante tutto la mole di esperienze e realtà fisiologiche che negano
l'esistenza della simbiosi PACIFICA E AMOREVOLE con gli altri esseri quella simbiosi
è ciò che sono. Come singolarità non esisto e se riesco ad esistere nella realtà ordinaria
è solo per via di quella simbiosi che non percepisco.
Non solo, è per via della simbiosi che non percepisco che io sono così estremamente
influenzabile dalle circostanze fisiologiche (p.es. caldo/freddo) e psicologiche(emotività)
della esistenza ordinaria.
La mia intensità di percezione nella esistenza ordinaria è completamente ampliata o ridotta
dalle circostanze ambientali interne ed esterne a me.
Non posso pretendere di controllare sempre il mio livello di percezione e anzi,
devo accettarne le fluttuazioni. Io stesso sono parte di quelle fluttuazioni anche se
non ne ho coscienza, nè conoscenza.
La possibilità di concentrarmi non è sempre accessibile e tuttavia la realtà ordinaria
che mi appare mentre non sono concentrato non è da evitare nè la voglio evitare.

La percezione della simbiosi avviene già nella percezione-realtà ordinaria
a livello fisiologico diffuso e  ciò
presuppone una fisiologia (e quindi una qualità percettiva)
non del tutto condizionata dalle tensioni differenzianti
tipiche dello stato percettivo ordinario.
Lo stato percettivo profondo <<vede>> lo stato percettivo ordinario e manda
continuamente informazioni sullo stato ordinario mediante manifestazioni che possono
essere comprese e percepite solo fin quando il proprio stato tensionle
è inferiore al livello tensionale ordinario. Il livello tensionale ordinario cancella l'esperienza della
percezione profonda e le caratteristiche fisiologiche che ne permettono la visione.

Il fatto che esista una continuità percettiva e fisiologica tra la percezione
profonda e quella ordinaria non dice nulla circa la genesi di entrambi.
Per ciò che vivo io al momento, direi che esse appaiono contemporaneamente.
Lo stato fisiologico della percezione profonda è perennemente in equilibrio e quindi
gli esseri presenti in tale percezione non hanno nessun bisogno di
dissolversi fisiologicamente  all'aumento dell'intensità della propria concentrazione
(come invece succede agli esseri avvolti dalla percezione ordinaria).
Si direbbe che la simbiosi esistente sia così intensa da rendere assente la percezione
volontaria della propria individualità.

Quando dico <<IO>> non intendo aggiungere implicitamente <<MIO>>.
Questa frase vuol dire che l'io, come apparizione determinata da elementi
in parte coscienti e in gran parte automatici, non deve la sua
esistenza al mio volere e quindi non posso definirlo mio nè dal punto di vista
della volontà - di apparire o altro-  nè dal punto di vista del possesso.
Nel vivere mi accorgo che <<IO>> sono il luogo di unione passiva  di molti automatismi
e di una debole quantità di coscienze.
Dalla loro unione scaturisce l'accesso alla percezione profonda, ma quell'unione
produce quell'accesso solo se diventa attiva, consapevole della propria limitata
coscienza e del naturale impulso degli automatismi ad uscire
dalla propria ineluttabilità.
L'unione attiva tra coscienza ed automatismo modifica strati fisiologici, ovvero modificando strati fisiologici prima o poi si attiva l'unione tra
coscienza ed automatismi.

La profonda amorevole simbiosi che è sempre presente nella percezione
profonda appare  nella percezione ordinaria estremamente mutata.
Di fatto il mondo percepito nella realtà ordinaria sembra animato da una
simbiosi meccanica, descrivibile da leggi le quali sintetizzano in modo
potente gli automatismi con cui la simbiosi  unisce l'insieme delle
realtà ordinarie.
Purtroppo la percezione di una simbiosi automatica, meccanica e descrivibile in termini
di leggi è falsa.
Come avviene nella percezione profonda anche in quella ordinaria la
realtà è animata da molte entità che però al contrario di ciò che avviene
nella realtà profonda, si oppongono tra di loro in modo
continuo e debolmente cosciente.
Le loro opposizioni sono strutturate in impulsi dotati di una certa costanza
ed è quella limitata costanza che genera nella percezione ordinaria
l'illusione-credenza in stabili leggi e meccanismi naturali.
Gli impulsi non sono leggi ma strati di fisiologie in parte coscienti e in parte
incoscienti.
Quelle fisiologie sono presenti ovunque, in me stesso come in qualsiasi
altro essere e manifestazione.
La maggior parte delle entità esistenti nella percezione ordinaria
risultano reciprocamente invisibili proprio per via della debole coscienza presente
e da questa invisibilità deriva una molto limitata
consapevolezza della quantità di esseri effettivamente attivi nella realtà ordinaria.
Inoltre anche ciò che appare come inanimato ha la propria forma di coscienza
attiva.
Nella percezione ordinaria è molto difficile avere la percezione di cosa
implichi l'attività cosciente di esseri diversi da se stessi, per non dire
di cosa implichi l'attività cosciente di esseri inanimati e degli quasi infiniti esseri invisibili.
Tuttavia è enorme l'attività così generata e bisogna tener presente che
<<attività>> significa sempre modificazione fisiologhe, estinzioni, genesi.
Inoltre la corretta comprensione di ciò che appare come automatismo naturale,
meccanismo naturale, legge, avviene solamente quando si comprende appieno
la percezione che li attiva-genera.
Da quella comprensione non deriva alcuna legge o meccanicità naturale.
Non esistono  i percorsi ineluttabili, i cicli inevitabili, le genesi predefinite
e le fini del cosmo stabilite dalle religioni o dalle scienze o dalla logica.

L'intimità profonda della fisiologia con se stessa conduce alla simbiosi-amore
e conduce alla capacità di modificare la propria fisiologia sena perderne
le caratteristiche nella percezione profonda.
In una fisiologia possono apparire simultaneamente aspetti ordinari
e profondi, quindi risulta possibile vivere una dimensione ordinaria, percepire in modo
ordinario e mantenere l'equilibrio della percezione profonda, infine il tutto avviene senza
l'indebolimento della coscienza.
La possibilità di avere una fisiologia tesa-ordinaria e al tempo stesso
in equilibrio-profonda è dovuta al fatto che in realtà la materia non esiste.
L'amore e le tensioni non hanno materia, non hanno peso, non hanno energia.
È  l'agire dell'automatismo che induce l'illusoria ma attiva percezione
di una concretezza materica ed energetica.
La fisiologia che decide di assumere un aspetto ordinario oltre che
profondo effettua la decisione non da sola ma dal profondo della
propria immersione simbiotica-amorevole.

(Tecnica) La percezione profonda  non è nella parte dell'organismo in cui si trova
 l'ego, è fuori di essa. La percezione profonda si trova nella parte dell'organismo
 esistente al di là dell'involucro, eppure la percezione profonda è diffusa in tutta la fisiologia prodotta dalla percezione ordinaria.
La percezione del-qui-dove-mi-trovo- interno dell’ involucro- è debole.
 La percezione verso cui scorro più volentieri è l'esterno dell’involucro.
 All'interno dell'involucro l'attività simbiotica è debolissima. Qui l'unione che percepisco
 come caldo, freddo ecc., è in realtà una forma di disunione.
Prima o poi l'involucro, il suo centro di attività, se ve ne sia uno solo....,
viene visto, compreso, de-automatizzato e non può più agire. La percezione profonda dilaga.
Ciò di cui sto parlando è il normale funzionamento del macro-organismo composto da
manifestazioni quasi infinite,io stesso sono una di quelle manifestazioni.
..dall'interno degli automatismi tutto anela a uscire per attivarsi nella simbiosi
profonda. Questo anelito è un processo fisiologico che posso non ostacolare
ma non posso accelerare. Io sono , in parte, anche la volontà attiva degli automatismi.
Nell'involucro degli automatismi siamo simbiotici nel disunirci.
Non esiste una relazione di causa ed effetto tra l'apparire delle manifestazioni proprie
della percezione profonda e l'apparire delle manifestazioni proprie della percezione ordinaria.
Per entrambe ll focus è la particolare intensità in cui le manifestazioni si uniscono.
Per quanto riguarda la percezione ordinaria, non è accettabile ritenere che l'agire
dell'automatismo e la riduzione della percezione siano in relazione di causa ed effetto.
La percezione ordinaria sicuramente genera ulteriori automatismi ma essa stessa
è generata da una intensità per ora a me ignota.
In qualche modo la  tensione-disunione è una intensità accettabile d'esistenza anche
se essa appare limitata all'interno di un involucro.
L'involucro è una manifestazione il cui centro di attività, la sua intima
essenza fisiologica, non ha l'aspetto e la funzionalità isolante automatica dell'involucro stesso.
Il  centro di attività dell'Involucro è un complesso di intensità che vogliono generare manifestazioni
non in equilibrio e, quindi, stabili nel disequilibrio solo fino a un certo punto.
Le intensità in questione sono loro stesse non in equilibrio, le intensità non in equilibrio
....a un certo punto appaiono.
Quando le intensità non in equilibrio (tensioni) appaiono all'interno della percezione ordinaria
in tutta la loro evidenza, si è prossimi ad un drastico attenuarsi del loro agire automatico.
Tale attenuazione avviene nel singolo involucro.
Nell'involucro del macro-organismo normalmente chiamato natura l'attenuazione e
cessazione degli automatismi coincide con l'esistenza della percezione profonda.
Questa coincidenza è attiva in ogni istante e la sua esistenza non cancella
la natura ordinaria che continua la propria esistenza.
Le entità-manifestazioni in grado di percepire la coincidenza tra
percezione ordinaria e quella profonda dispongono di una fisiologia
estremamente particolare, una fisiologia in cui non esistono automatismi e tuttavia le intensità
che generano gli automatismi stessi sono comunque presenti non come attori-in-potenza,
ma attori mutati ma non estinti, sono ancora presenti percezioni ordinarie di immagini,
suoni, caldo-freddo, ecc. Ora queste percezioni ordinarie che nella realtà
ordinaria disuniscono, uniscono in modo volontario, non automatico.
Nella percezione profonda esistono anche moltissime entità la cui fisiologia non ospita
le intensità da cui scaturiscono gli automatismi.
In generale:
non esiste una sola fisiologia individuabile come isolata e indipendente dalle
altre. Quel che appare tanto nel visibile che nell'invisibile
non è che un aspetto fisiologico di un agire di una fisiologia condivisa di una complessità
non credibile e immaginabile nella realtà ordinaria in cui vivo.

2 Aprile 2018

Non posso identificarmi, per fortuna, nella manifestazione presente.
La mia fisiologia
appare là fuori, ondeggiante, simile a una pianta con movimenti
-si, c'è un debole vento- lenti ed acquatici.
A questo organismo fa riferimento il mio involucro.
Attorno a  quest'organismo è presente una meravigliosa distesa di alberi e florida
vegetazione. Inutile dire che la simbiosi amorosa è ciò
che unicamente sembra animare le creature della visione profonda.
Il processo di intensificazione - quello che secondo la tradizione
yogica porta al <<self cosmico>> o <<realtà assoluta>>- conduce alla fase
iniziale della intensificazione, fase in cui si attiva la comunicazione tra la percezione
ordinaria e quell'organismo simile a una pianta presente nella percezione profonda
di cui ho appena parlato. Questa intensificazione va rinnovata quasi quotidianamente,
alla fine diventa un fatto naturale che avvenga tale quotidiana
intensificazione. Lo scopo preciso di questa  intensificazione è distogliere e liberare
la percezione ordinaria dagli automatismi in cui è strettamente vincolata
per condurla al contatto completo con la propria dimensione profonda.
La liberazione dovrebbe portare alla comprensione-visione
di cosa realmente siano gli automatismi corporei-emozionali-mentali.
La percezione ordinaria, mai scordarmelo, ha una propria fisiologia - che muta
con l'agire dell'intensificazione.
Una volta conseguita una intensità abbastanza stabile ogni parte della fisiologia
ordinaria,  può diventare un luogo
di contatto , passaggio (immersione) con, nella,  totalità degli organismi
presenti nella percezione profonda, a questo punto si è in luoghi sui quali
la tradizione yogica non ha detto nulla.
Le numerose vegetazioni poi continuano a mutare e a tornare
ad apparire vegetazioni. Le mutazioni sono dovute alla mia fisiologia percettiva
ordinaria: come percezione ordinaria qualsiasi percezione profonda
viene rappresentata attraverso le rappresentazioni della realtà ordinarie anche se non sono
ordinarie ma profonde.
A un certo livello di intensità la percezione ordinaria non filtra le percezioni profonde
tramite le rappresentazioni ordinarie e un contatto sempre più diverso dall'ordinario
avviene. Qualcosa continua ad apparire poichè le fisiologie continuano a coesistere
anche in profondità.
Si tratta di fisiologie non descrivibili in termini  di energie
o di cellularità o di materialità (cristalli,liquidi, ecc.).
Le fisiologie del profondo le posso provare a descrivere così:
fisiologie costituite  dalla simbiosi amorosa, sono identiche e diverse allo stesso tempo,
sono nel proprio corpo come in quello altrui allo stesso tempo, sono fisiologie
intrinsecamente ramificate in modo attivo ovvero completamente cosciente
al contrario della mia fisiologia ordinaria completamente inconsapevole delle proprie ramificazioni.

Nella percezione simbiotica-amorosa compaiono forme non solo
tipiche del mondo terrestre ma anche  tipiche  di altri mondi.

In realtà la vecchiaia dà molta libertà di movimento,
gli automatismi tendono a placarsi con più facilità
basta accorgersene.....

Le due donne mi hanno parlato in una lingua
tutta loro e in qualche modo ho capito che non erano le solite
creature che volevano sfruttarmi.
Mi hanno offerto una veste luminosa e io, con qualche
esitazione la ho accettata e indossata.
Una luce immensa mi ha inondato, come già successo altre volte,
questa volta per la gentilezza delle due donne.

Concentrarsi sulla fisiologia dell'amore simbiotico vuol dire
distaccarsi dalle proprie sofferenze, speranze, paure,preoccupazioni,
percepire che il sè della percezione ordinaria è indipendente dagli automatismi
che lo rendono legato alla propria sofferenza ecc,
percepire come  nell'amore simbiotico la percezione unisce
in modo intenso e affettuoso e profondissimo tutto ciò che sempre si teme di perdere. 

La fisiologia dell'amore simbiotico non è umana  anche
se è ad essa tenacemente unita dalla continuità della natura.

Un punto di percezione che osserva gli automatismi diventare simbiotici-amorosi
Io non sono l'io che ha freddo, che ha caldo, che è accecato dalla luce,
che gioisce delle piante, sono un semplice punto di percezione che gli automatismi
 disperdono o intensificano a seconda del loro umore.
Osservo gli automatismi diventare amore. Quando gli automatismi
diventano amore simbiotico mi hanno raggiunto in profondità perchè finalmente
semplicemente percepiscono.
Gli automatismi devono trovare la loro via,
la loro continuità.
Io sono già lì, non devo più andare da nessuna parte. Io chi?

Si vive in una dimensione in cui la percezione è completamente oscurata,
 io so che l'oscuramento svanirà e che io non sono questa dimensione nè la ho in
 qualche modo propiziata, aiutata. Essa se ne andrà, questo lo so per certo,
 se non credo di essere io stesso parte di questa dimensione.
 Il processo di identificazione con la percezione ordinaria si oppone al processo
 simbiotico-amoroso. Non mi oppongo agli automatismi,
 li aiuto a dissolversi,come posso, non gli devo nessun tributo
 di sofferenza ulteriore.
 Ed è semplicemente la mia? complessa attività fisiologica di non-identificazione che li
 intensifica-dissolve.
 Il passaggio dalla percezione ordinaria in cui tutto il percepito viene riferito a un sè, a quella
 profonda, in cui si percepisce senza alcun riferimento a un sè,  è un processo
il cui svolgimento non può essere affrettato, forzato.
Anche il dissolvimento della percezione ordinaria non può essere forzato, se si
tenta di accelerarlo il sè addirittura si rafforza.
Una caratteristica notevole della natura ordinaria è che essa non è in equilibrio e
il suo processo è un processo distruttivo.
(Ciò che sorge nella natura ordinaria non arriva dall'interno della natura ordinaria.
Essa  esiste e si manifesta non per motivi ad essa intrinseci.)
La percezione e la natura ordinarie trovano il loro equilibrio nella continuità
con la percezione - e natura- profonda, questo fatto io lo apprendo solo
riuscendo  a percepire stabilmente la percezione-natura profonda.
L'equilibrio della percezione ordinaria comporta la comprensione e
la cessazione degli automatismi che la costruiscono incessantemente.
Quando la natura ordinaria riappare significa che essa ristagna in un processo
di auto-composizione,
quando non riappare significa che essa ha trovato la sua via nella continuità.

Contrariamente a quel che si crede, il cervello è la parte meno sensibile,
meno intelligente, e molto lenta a cambiare del mio involucro-corpo.
Gli asana di meditazione sono degli ottimi mezzi per aiutare a modificare il cervello,
sempre che si sia sensibili ad essi, sempre che li si possa eseguire, sempre che non li
si usi per meditare (!!!!!!!). Ovviamente gli asana di meditazione
funzionano molto meglio e in modo più appropriato quando le altre parti del corpo-
involucro sono in avanzato stato di risveglio e la percezione profonda è già una presenza
quotidiana.
In pratica dovrei eseguire un paio di ore di asana di med. al giorno solo per il cervello
e  poi tutto il resto.
In pratica che il cervello faccia quel che gli pare!, ma è importante che mi renda conto
di chi rallenti involontariamente il processo di continuità.
(Nota Bene che non sto dicendo che la percezione è limitata
per l'intervento esclusivo della mente-cervello).
La limitazione della percezione deriva dal modo stesso
in cui è strutturata e prodotta la natura ordinaria.
Chi produca la natura ordinaria non mi è chiaro.
Quel che mi pare evidente è che il cervello, come ho già
detto, è la parte dell'involucro più offuscata
dal punto di vista percettivo e quindi è
poco intelligente, poco sensibile, molto resistente al cambiamento.
Il funzionamento del cervello produce una strettoia funzionale
nella circolazione delle percezioni dell'involucro, le rallenta e le
rende spesso inutilizzabili e invisibili.
A peggiorare la situazione poi subentra la priorità
funzionale che nell'involucro, nella realtà ordinaria,spetta alla mente.
La percezione umana ordinaria è quasi solo la percezione della mente
e la mente si serve  solo del cervello.
In realtà moltissime altre parti dell'involucro e, per esempio,
dello stesso corpo, sono più sensibili, stabili e intelligenti
tanto della mente che del cervello pur non possedendo
la priorità funzionale della mente.
All'interno dell'involucro la mente e il cervello
sono i creatori della percezione della necessità del possesso
di una singola individualità da parte della persona.
Ovviamente la mente segue il suo automatismo naturale ordinario
quando crea la percezione della individualità.

Aspetto che le modificazioni facciano il loro corso e cessino.
L'attesa ha senso ora poichè il corso delle modificazioni
si è rivelato.

ESISTE UNA NATURA CHE PUÒ ESSERE MODIFICATA MA RESTA
IMMUTATA, QUELLA È LA NATURA DELLA PERCEZIONE PROFONDA.

La capacità percettiva del cervello-mente-ego va e viene a
seconda delle circostanze.
La caratteristica primaria della percezione ordinaria è di
essere aleatoria, ANCHE DAL PUNTO DI VISTA FISIOLOGICO.
Basta rammentarsene nei momenti peggiori.

Le percezioni ordinarie se non vengono sempre estremizzate tornano
in equilibrio, ovvero diventano (parte della) percezione profonda,
cambiano la loro fisiologia.
Il loro mutamento spesso passa attraverso fasi in cui
la percezione ordinaria si riduce e offusca ulteriormente.

Come mi sono detto altre volte non intendo distruggere la vita
dell'ego, cerco di non farla dilargare ovunque :<< il dilagare ovunque>>
è il suo automatismo. La richiesta di limitazione arriva dall'ego stesso
che finalmente vuole e desidera vivere con le altre nature senza
oscurarle percettivamente.

Io nasco poichè è stata operata una modificazione della percezione profonda
da parte di un insieme di automatismi, di uno o più ego o altro.
Questa modificazione non ha effetto sulla percezione profonda ma
sulla natura ordinaria in cui appaio.
Gli automatismi che mi hanno generato non hanno visto la fisiologia
della percezione profonda nè la conoscono.
Credono di essere loro stessi gli assoluti creatori della mia esistenza,
ma non è così. Senza la fisiologia della percezione profonda
non esisterebbe niente a cui applicare una qualche modificazione.
Quando non sono assorbito dalle modificazioni
della percezione ordinaria, la percezione profonda appare,
anche contemporaneamente a quella ordinaria.

Sono pochi gli animali che arrivano nella percezione profonda.
Abbondano le piante, e i cosiddetti <<inanimati>>, terra, acqua, vento, stelle.

La mente sembra costituita da vari livelli di automatismi molti dei quali resistono
attivamente a qualsiasi tentativo di modificazione.
Quei livelli sono interni ed esterni alla mente stessa, non hanno niente a che
fare con qualcosa di inconscio.
È interessante notare come attraverso l'attività della mente gli automatismi
dilaghino, rapidamente, si estendono creando una intera rete di percezioni, realtà,
fisiologie.
La mente è così impermeabile alla percezione profonda per via del continuo lavorio
dei propri automatismi che attivamente ostacolano i mutamenti fisiologici
in grado di percepire la presenza-espansione della percezione profonda.
Cosa determini la resistenza attiva contro la dissoluzione della
percezione degli automatismi mentali non mi è chiaro.
All'interno dell'involucro-mente è evidente che qualsiasi tensione
affatichi pesantemente la mente e determini un umore teso, nervoso, aggressivo,
depresso,  blocca del tutto ogni possibile mutamente fisiologico in direzione della per pro.
Ma le tensioni in questione sono tali per l'attività stessa della mente che in molte
occasioni della vita la mente non può fare a meno  di percepire dolore, sofferenza, tristezza,
disperazione.
Negare l'esistenza di quelle occasioni spesso frequenti e banalissime anche se dalle
conseguenze drammatiche è un esercizio mentale che rafforza la mente stessa.
La mente non ha luoghi dove <<ritirarsi>> se non nella propria autosuggestione,
di male in peggio.
Le modificazioni e i livelli mentali mentali che impediscono il rilassamento della mente
sono la mente stessa e spesso hanno origine nell'involucro allargato, nel cosmo-natura.
La mente, come il cosmo-natura della percezione ordinaria, è un sistema chiuso che si
auto-consuma, logora, dissolve. È per via del suo auto-dissolvimento che via via
diventa più facile avvertire la presenza della percezione profonda, della continuità
esistente tra la percezione profonda e quella ordinaria.
Appena la mente si indebolisce è possibile che altre parti del proprio involucro e di quello
allargato giungano ripetutamente a contatto con la percezione profonda.
Tale contatto provoca modificazioni fisiologiche avvertibili anche dalla mente, dal
cervello, entrambi alla lunga ne vengono influenzate a tal punto da essere modificata
la realtà fisiologica della mente stessa. Ma non è facile...  e comunque una parte importante
della qualità-fisiologia paranoide della percezione ordinaria non può fare altro che dissolversi
con la natura ordinaria stessa. La mente-natura ha i suoi ritmi non modificabili
che devono vivere-essere vissuti.
Mai scordarmi che esiste anche la continuità tra percezione ordinaria e profonda.

La percezione della  mia individualità,
è una percezione transitoria, prima o poi svanisce e con essa svanisce la mia fisiologia
umana ordinaria.
La percezione che non è legata a nessuna identità diventa rapidamente
percezione profonda, ovvero percezione slegata da qualsiasi identità, ego individuale.


Gli automatismi, ora mi riferisco a quelli noti, possono oscurare la percezione profonda.
Contro quegli automatismi posso un pò lottare ma poi devo aspettare che facciano il loro
corso, qualsiasi sia la lunghezza temporale e la sofferenza implicita del loro percorso.
D'altra parte io sono stato formato, come qualsiasi altro essere, da una tensione che ha
alterato un equilibrio della percezione profonda, quella tensione continua a generare
tensioni fino al proprio esaurimento o riassorbimento. Dipende dalle circostanze.
Non credo sia facile accettare serenamente le realtà del freddo, il caldo, la luminosità,
la sonorità, la liquidità, la necessità di cibarsi.

È difficile se non impossibile accettare col cervello e la mente il fatto che la realtà
ordinaria sia quasi priva di intensità, di materia, energia, che
nonostante tutto il dolore e l'affanno che la realtà ordinaria procura essa sia , appunto,
fatta solo di percezione e non di materia ( e infine che la materia sia solo una invenzione
della percezione ordinaria).
Osservo la mente. Per quanto sia debole l'intensità della realtà
ordinaria che crea la mente, la mente non è capace di dissolvere quella intensità nè di percepirla come debole.
E giustamente la mente si chiede come possa una intensità così debole creare
una difficoltà così grossa. OTTIMA DOMANDA. La risposta  si auto-rivelerà a tempo debito,
insieme al movimento delle nature.
Nel frattempo la mente può assistere alle manifestazioni continue della percezione profonda
(quando possono essere percepite nella realtà ordinaria senza che gli
automatismi mentali blocchino tutto),
Già questo <<assistere>> è un indispensabile nuovo stato fisiologico che lentamente
muta quello della mente-cervello.

Domanda per il mio futuro: << il perchè del ristagno nella percezione ordinaria,
in senso individuale e cosmico,
(nessuna traccia di ristagno nella percezione profonda) >>,
naturalmente mi
attendono risposte prive della solita circolarità sistemica.
(Non siamo intessuti nella percezione ordinaria da simbiosi amorosa, piuttosto
siamo costituiti da parti che si oppongono e ostacolano e infine,
molto lentamente integrano, uniscono. )

Alla formazione della percezione ordinaria contribuisce anche la percezione profonda.
Ritenere le due percezioni, quella profonda e quelle ordinarie, separate è erroneo,
ma nominarle in modo separato serve al dialogo.
È utile immaginare un unico organismo di cui gli infiniti esseri fanno parte, tutti, ciascuno
con il proprio rispettivo involucro. L'involucro non è un limite per l'essere,
esso è perfettamente connesso in modo simbiotico con gli altri organismi di cui è egli stesso
parte. L'involucro sembra essere più una funzione-contenitore.
Come la percezione profonda in parte crea la percezione ordinaria?, bene, altra buona.
domanda.
All'interno di questo organismo, quello <<unico>>, l'unico appunto che potrei dire
reale in senso ordinario, le interazioni avvengono dando la sensazione tanto di simbiosi che di ristagno e
addirittura di opposizione-contrasto. È QUI  che entra in gioco l'interazione tra
ciò che mi appare come simbiosi amorosa e automatismo dell'opposizione creatrice.
(Per << automatismo dell'opposizione creatrice>> intendo gli automatismi che vedo in me
e all'esterno di me mentre  consumano-creano me e creano l'esterno).


Qualcosa deve ineluttabilmente fare la propria strada e mi sembra impossibile mutare
il suo percorso. Eppure il suo percorso non è certo un percorso amoroso.
Altre domande e aspettare.
Domande: cosa impedisce la trasformazione? perchè non basta il dolore, la morte,
gli automatismi. Seguire la natura, non precederla (impossibile!).

 In senso evocativo bisogna trovare <<il seme del reale>> e neutralizzarlo,
 non essere solamente la conseguenza del <<seme del reale>>.
 È il <<seme del reale>> a comunicare il desiderio di essere neutralizzato.
 Circolarità : fin quando mi sento reale non posso fare altro che tornare ad essere reale.
 La trasformazione è possibile quando la <<vera fisicità>>,
 che è quella del quasi sogno, sarà sempre presente.

 La realtà ordinaria è il corpo ordinario e non viceversa.
 I miei sforzi e  gli asana si applicano su quel corpo.
 La mia intuizione (mia per modo di dire) è mettere in moto l'intera realtà
 ordinaria con la quale vengo in contatto e che costruisce la mia
 identità-circolarità. La realtà ordinaria è una realtà che si dipana in un lento percorso di
 ristagno di se stessa in se stessa. nello stesso atto del ristagno risiede sofferenza ecc.
 Se altero la pressione della realtà ordinaria in ogni suo possibile aspetto essa cessa
 naturalmente il ristagno. La natura stessa altera la rigidità della realtà ordinaria
 favorendo  la visione della continuità.
 La realtà ordinaria è prodotta dalla fusione tra la percezione ordinaria e quella profonda.
 La prima agisce  all'esterno, la seconda all'interno, questo è uno schema.
 Fluire liberamente tra le due è la vita della  fisiologia reale, per ora
 non sono che parole.
 Non c'è fretta. Intensità non prevedibile.

 Le emozioni,le  sensazioni, l'intelligenza, spesso mostrano una realtà inevitabile
 e tautologica, fatta di leggi o circolarità. E questo tipo di realtà umanizzata che io-noi
 ricreiamo nel mio-nostro habitat sociale e interiore.
 In realtà io posso essere anche un essere-manifestazione
 che non è controllato dal cervello e che comunica in modo molto profondo,non finalizzato-
 limitato verso di me (il se stesso), con le altre manifestazioni.
 Non esiste solo la fisiologia rilevata della scienza, la fisiologia scientifica si limita alla
 vita dell'essere umano inteso come essere esclusivamente reattivo.
 Il corpo umano è costituito dalla fisiologia dell'unione
 continua e intensa con l'esterno. Nella fisiologia dell'unione non trovo la mia unità
 operativa e esistenziale al mio interno ma al mio esterno.
 D'altra parte io, al mio interno,  se per corpo
 intendo quello reattivo ordinario,non sono neanche un corpo completo,sono
 solamente un membro disarticolato e dolorante di qualcosa di cui ignoro
 completamente l'esistenza.
 A un certo punto le terminazioni nervose, l'epidermide e tutto il resto
 si saldano con ciò che abitualmente chiamo esterno.
Prima di quella <<saldatura>> è inevitabile sopportare situazioni di sofferenze o
profondo fastidio poichè è la fisiologia umana ordinaria a decidere e a precedermi.
Io non ho una responsabilità creatrice rispetto alla mio inevitabile carico di sofferenze o
profondo fastidi.

La continuità è fortemente presente nella natura come intensità, concentrazione,
palpabile collegamento con il vento, le piante, gli altri esseri visibili e invisibili. 
Quella continuità è presente e percepibile ovunque.
Almeno per me quella intensa continuità-presenza e facilmente percepibile
fuori dall'ambiente urbano, anche in un semplice parco.
Seppellito nel cemento degli appartamenti, delle strade, ecc., la (mia) percezione
della continuità viene fortemente disturbata dalla mia stessa reattività
umana involontaria ai numerosi elementi deprivanti della percezione di cui
è costituito l’inevitabile habitat umano delle cose, della mente, del cuore.
Le trasformazioni naturali non intaccano l'intensità
della natura, ne fanno parte e questo <<far parte>> è possibile poichè
la materia delle trasformazioni è quella del sogno, esiste eppure non limita,
cancella senza eliminare. Quel che ho appena detto vale solo se lo percepisco
in profondità, altrimenti non è che un esercizio di vana fantasia.

Quel che eccita i miei automatismi, che contrae, che oppone, che
crea la paranoica visione della realtà ordinaria può provoca anche l' incontrario
se la mia fisiologia sia pronta per incontrarsi con la simbiosi amorosa.
Nella mia fisiologia scorre il mio corpo, la mia mente, la mia morte
come la mia nascita e infine percepisce  l'unione, a volte alla nascita, a volte dopo
la morte. Le fasi della mia fisiologia restano immutabili una volta che la mia
fisiologia sia stata evocata.
Ciò che evoca la mia fisiologia all'inizio  determina  anche la mia capacità
percettiva. Successivamente, le fasi che appaiono nella mia fisiologia mi
permettono di incontrare la percezione profonda e quest'incontro trasforma
la mia percezione, la mia fisiologia, senza comunque poter interferire
con il sorgere e il dissolversi delle fasi fisiologiche della nascita, morte , vari corpi, ecc.

Per allontanarsi dagli inconvenienti percettivi dell'identità-ego-cervello il mio
impegno è indispensabile ma non sufficiente,
è necessaria anche una vasta modificazione naturale che, tra l'altro,
comprende anche la morte e il dissolversi della percezione identitaria
e della fisiologia identitaria.

Sono estremamente influenzabile come individualità perchè gli automatismi che
costituiscono l'individualità creano letteralmente l'interno e l'esterno dell'individualità stessa.

È L'INDIVIDUALITÀ (QUEL CHE LA DETERMINA) CHE PRODUCE LA PERCEZIONE ORDINARIA,
NON VICEVERSA.

Esiste un flusso percettivo all'interno della individualità che resta sempre
all'interno dell'individualità: tutto il percepito viene riferito all'individualità.
Esiste un altro flusso percettivo che dall'interno dell'individualità esce dall'individualità stessa
e arriva in ciò che esiste oltre l'individualità. In quest'ultimo flusso ciò che percepisco
non ha niente a che fare con l'individualità, io stesso mentre percepisco perdo
la compattezza dell'individualità e vedo emergere altri centri percettivi non individuali.
Quei centri percettivi al momento mi appaiono privi dell'energia e della pesantezza tipiche
della fisiologia dell'individualità. Si tratta di centri percettivi
non scientificamente osservabili.
La caratteristica dell'individualità è di avere una percezione tutta sua distinta e illusoriamente
separata dalla percezione continua (della continuità).
Se si interrompe il flusso della  percezione individualizzante la stessa individualità cessa la propria esistenza, che è illusoria
in quanto ciò che esiste è solo l'esistenza non individuale. Una illusione si estingue,
non è un fatto irrilevante.

Calma,
la foresta conduce, i palmeti,
il gelo invernale che qui non trovo,
le pinete impossibili,
le acque in cui si raccoglie e piega e specchia la foresta, le foreste,
il sole sempre brillante, il cielo tra i cieli,
dune, deserti,
laghi immobili,
tutti loro conducono.
Nella foresta scorre quel che di me e da me si distacca.
Non è più visione, finalmente il vivente.

A un certo punto per poter ancora parlare di percezione profonda devo parlare di me poichè sono l'unica individualità di cui conosco l'intimità.

La percezione ordinaria esperimenta differenze, dolore, infiniti sentimenti, poi
cerca l'assoluto.
La percezione della continuità è auto-trasformatrice in tutti i sensi ed
incredibilmente inclusiva.
La percezione ordinaria vive tensioni che svaniscono al subentrare della
percezione della continuità. Le infinite manifestazioni della percezione
ordinaria devono fare ciascuna la propria strada verso la percezione
della continuità. Non ha alcun senso definire eventuali  gradi di illusorietà o realtà
della percezione ordinaria, essa va lasciata scorrere ed eventualmente se le circostanze
sono giuste, la percezione della continuità lentamente si manifesta.
La percezione ordinaria non è unica, ne esistono infinite.
La percezione della continuità è involontariamente la risposta a tutte le ansie e alle torture
vissute dalle percezioni ordinarie, ma ogni singola percezione ordinaria deve scoprire
da sola il suo accesso alla percezione della continuità per poterla incontrare, vivere,
esserne trasformata.
La vita ordinaria e la  morte fanno già parte della continuità anche se di solito vengono
percepite come momenti  opposti a quella.
Nella percezione della continuità non esiste un interesse specifico verso l'unità semplicemente
perchè la molteplicità presente non viene vissuta come apportatrice di divisione e diversità.
Allo stesso modo, nella percezione della continuità la natura, la materia e la  percezione
non operano alcuna differenziazione reciproca, non sono diverse l'una dall'altra e comunque
non coincidono tra di loro. Quanto ho appena detto acquista il suo senso solo se
vissuto in prima persona altrimenti non ha alcun senso.

17 marzo 2018
L'acqua scorre, a volte rallenta, occupa i dislivelli del terreno boscoso,
del bosco emergente.
Non sono il luogo creato dal dolore, dalla malattia, dalla salute, dallo star bene.
Semplicemente non sono qualcosa che possa essere indicato.
La continuità via via progredisce, mentre, indisturbati,
gli automatismi continuano a scorrere.
Gli automatismi scolpiscono la percezione come se fosse un loro possesso.
La percezione li guarda agire e riesce a non animare le sculture appena sorte.
La percezione è libera, gli automatismi continuano ad agire.
Gli automatismi non sono interessati al proprio successo a tutti  i costi.
Gli automatismi non amano il proprio ristagno.

Tra automatismo e percezione non esiste una insuperabile differenza.
La loro differenza è momentanea.
Via via che la continuità prende piede gli automatismi cessano.
Solo quando gli automatismi cessano quasi del tutto posso percepire chiaramente
il perchè della loro esistenza, ma al momento attuale la mia fisiologia  è
troppo grezza e limitata per poter giungere a tale chiarezza.
(Le parole, per essere evocative come io affermo che siano, devono essere vive,
organiche, continuamente intente a intrecciarsi tra di loro.
Il loro intrecciarsi è l'intrecciarsi dell'esistenza, le loro differenze segnalano
avvenimenti che mai sono ineluttabili. Le parole svolgono la loro esistenza
incuranti dei giudizi a cui mi aggrappo.
È la mia percezione che si adatta alle parole e non viceversa.)

Mi hanno preparato una camera per me e invitato a voce, con precisione,
e sono entrato perchè sono cari che avrò per sempre nel cuore.
Il cuore, ecco un altro luogo della continuità. L'altro cuore.

Gli alberi continuano a fluire da tutto il mio corpo.
La mia camera è una bellissima foresta pluviale.
Ciò che in modo automatico appare essere una sorta di inferno cosmico nella
continuità muta. A un certo momento si
è capaci di alcuni comportamenti non automatici che spingono lungo un
percorso estremamente complesso in cui si comincia a manifestare
anche una percezione non controllata dagli automatismi.
Ma non è così facile e probabile che ciò avvenga. Il primo importante conseguimento lo si ottiene quando
diventa auto-evidente che la materia della realtà è quella del sogno.

Nella continuità il riassorbimento non ha più il senso che avrebbe se vissuto attraverso la
concentrazione. Il riassorbimento vissuto nella continuità,
si scompone in un continuum privo di
temporalità ovvero, all'aumentare delle manifestazioni della continuità,
aumenta il dettaglio percettivo del riassorbimento, quando i dettagli percettivi sono molto accurati il tempo e lo spazio perdono senso, diventano illusioni.
Solo allora il riassorbimento  svanisce ed è sostituito da
quell'incredibile messe di vivacissimi dettagli percettivi.
La percezione
diventa estremamente vasta, profonda, intensa, amorevole.
In questa particolare dimensione il contatto-circolazione fra le presenze non ha nessuna
caratteristica automatica, nessuna presenza condiziona la manifestazione di un'altra,
piuttosto la ama, la vive tutte con gioia ma senza volerlo.
L'individualità non è presente perchè l'individualità è il risultato di
potenti condizionamenti automatici. Ed è dal mondo dell'individualità che io parlo.

Alberi, flora, luci, silenzio, continuano a fluire. Nel mio caso
il loro fluire non dipende da tecniche di pranajama.

La separazione tra percezione e automatismi è un artefatto funzionale
alla comunicazione, ma è una separazione inesistente.
La percezione e gli automatismi sono inseparabili, parlo di percezione
o di automatismo  per indicare quale qualità emerga con più
intensità in un certo momento o quante  e quali percezione si manifestino
in un certo momento.
Nella mia realtà non è rilevante la differenza tra reale, immaginario e
materiale: la realtà, che si tratti di quella che mi appare nello
stato di veglia o durante il sonno, mi appare molto, ma molto spesso fatta sempre
di un tessuto assolutamente simile a quello del sogno in cui tutto  può accadere
in ogni istante senza che niente cessi realmente di esistere.
Quel tessuto è appunto l'unione, ma la parola unione non dice tutto,
tra percezione e automatismo.
La percezione e l'automatismo non sono separabili esattamente come non è
separabile la percezione dell'individualità  da  quella della unione del tutto .
Quando dico <<inseparabili>> intendo anche dire che le percezioni di cui parlo
sono reali solamente
se vissute come inseparabili: l'individualità da sola è una percezione
assolutamente falsa della realtà, la percezione dell'unione-del-tutto da sola non è che
autosuggestione.
A questa inseparabilità non si arriva certo col pensiero, è qualcosa di difficilmente
indicabile con le parole, qualcosa che si incontra via via che la continuità appare
in modo più specifico.

È INDUBBIAMENTE DIFFICILE anche solo provare ad immaginare che ciò che è
effettivamente reale ha la caratteristica principale di non essere vivo e di non essere
morto allo stesso momento. Il reale è qualcosa che non ha a che fare con la vita
e la morte, l'esistenza e la non esistenza, eppure è proprio l'unica realtà manifesta.
Nella realtà l'esistenza e l'inesistenza di una manifestazione hanno egual valore
prese di per sè stesse, ovvero il valore dell'illusione.
Se invece,nella manifestazione, si connettono la vita e  morte, l'esistenza e l'inesistenza,
la mia individualità come l'assenza della mia individualità, il mio corpo ordinario
e quello non ordinario, ecco che la vita e la morte, l'esistenza e la non esistenza,
la  realtà e l'irrealtà scompaiono, si dissolvono dalla percezione eppure rimangono
nella manifestazione. In altre parole nella visione profonda le manifestazioni
non seguono la logica -che sembra inevitabile nella percezione ordinaria- della causalità.
Nella percezione profonda e in ciò che è reale, tutti gli accadimenti della vita ordinaria
sono fatti-manifestazioni privi di causalità e che assumono molteplici sensi, molto
sorprendenti, molto intensi. Nella realtà profonda non è la vita che provoca la morte.
Tanto la vita che la morte, una volta private dell'apparente relazione di causa-effetto,
mutano, diventano altro, pur rimanendo ancora lì, come vita e come morte.
Ugualmente la percezione della causalità, una volta svuotata del proprio automatismo
operativo, diventa altro pur continuando a mantenere il proprio, come dire, guscio.


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